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Title of test:
Didattica e Ped Sp

Description:
e campus

Author:
gabriella alois
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Creation Date:
07/11/2022

Category:
Others

Number of questions: 155
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Se si desidera rispondere ai bisogni educativi speciali è necessario attivarsi per sviluppare le risorse: della strumentazione disponibile dei docenti delle scuole degli studenti che ne sono portatori.
. Nei BES, l’interesse principale dei docenti va rivolto: alle difficoltà presenti alle difficoltà latenti alle potenzialità di ciascun studente alle criticità dell’ambiente.
La dislessia è un disturbo specifico: dell’ortografia della lettura del calcolo della scrittura.
La diagnosi dei DSA e' effettuata: da persone di fiducia della famiglia dell’allievo dagli specialisti di ambito sanitario dall’insegnante di sostegno dagli insegnanti curriculari.
I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) sono stati riconosciuti e definiti: dalla legge n. 170 dell’8 ottobre 2010 dalla legge n. 104 del 1992 dalla legge n. 517 del 1977 dalla legge n. 1859 del 1962.
Nella disortografia, è compromessa la correttezza: della lettura della scrittura del calcolo del ragionamento.
Gli allievi con dislessia hanno difficoltà: nella comprensione del testo nel calcolo rapido del ragionamento nella scrittura.
Nella scuola, gli allievi che presentano disturbi specifici dell’apprendimento: sono in continua crescita sono in diminuzione sono rimasti numericamente invariati negli anni sono la maggioranza.
Le strategie ritenute efficaci per la comprensione del testo degli allievi con DSA si distinguono in: strategie singole e strategie multiple strategie singole e strategie multidisciplinari strategie statiche e strategie dinamiche strategie semplici e strategie complesse.
Le misure dispensative sono interventi che consentono all’alunno con DSA di: non svolgere alcune prestazioni rimandare alcune prestazioni riflettere su alcune prestazioni svolgere alcune prestazioni.
Per l’alunno con DSA, gli strumenti compensativi: sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta sostituiscono ma non facilitano la prestazione richiesta consentono non svolgere la prestazione facilitano ma non sostituiscono la prestazione richiesta.
Gli strumenti compensativi e le misure dispensative, a favore degli studenti con DSA, trovano la loro ragion d’essere: nei principi di individualizzazione e personalizzazione didattica nella pratica della collegialità nel momento della verifica e della valutazione nel PEI (piano educativo individualizzato).
S. Pinnelli (2015) suddivide gli strumenti compensativi a seconda che siano: a tecnologia multimediale o ipertestuale a tecnologia analogica o digitale a tecnologia personale o sociale a bassa o alta tecnologia .
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è un disturbo: della sfera sensoriale della sfera motoria dell’autostima dell’autocontrollo.
Diversi autori sostengono che il deficit principale della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) sia rappresentato da difficoltà che si manifestano: nelle situazioni scolastiche ma non in quelle lavorative e sociali nelle situazioni lavorative e scolastiche ma non in quelle sociali nelle situazioni sociali ma non in quelle scolastiche e lavorative sia nelle situazioni scolastiche e lavorative che in quelle sociali.
Secondo alcuni autori, la caratteristica distintiva del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è: l’asocialità la metodicità la dinamicità l’impulsività.
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) insorge: in epoca perinatale in età evolutiva nell’età adulta in epoca prenatale.
L’ipermedialità, secondo Pinnelli, favorisce l’apprendimento degli allievi con sindrome di attenzione e iperattività (ADHD): no probabilmente si in parte.
Rispetto alla fruizione della televisione da parte dell’alunno con deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la differenza fondamentale è data: dalla comprensione di ciò che guarda dalla presenza di altri spettatori dalla dimensione dello schermo dalla tipologia del programma trasmesso.
Gli allevi con sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) hanno, tra gli altri aspetti, un deficit: dell’aggressività motivazionale sociale dell’autostima.
Un recente impiego della tecnologia nel campo del disturbo da ADHD viene dall'utilizzo dei sistemi di: Biofeedback (BF) e Neurofeedback (NF) simulazione didattica autoregolazione cognitiva intelligenza artificiale.
Le aree privilegiate di intervento attraverso le TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) sugli alunni con ADHD riguardano compiti: ) strategici, organizzativi, di memoria e di autoregolazione attentivi, organizzativi, di memoria e di autoregolazione attentivi, rievocativi, di memoria e di autobiografia attentivi, organizzativi, di memoria e di autodeterminazione.
È quel “complesso costrutto dell'attività cognitiva che si riferisce a delle abilità specifiche ben coordinate che, una volta apprese, permettono al soggetto di controllare il proprio comportamento senza la necessità di un supervisore esterno”. Stiamo parlando di: strategia cognitiva funzione cognitiva autoregolazione cognitiva autonomia cognitiva.
Una difficoltà di funzionamento della persona genera: una disabilità sensoriale un disturbo specifico dell’apprendimento un bisogno educativo speciale una disabilità intellettiva.
L’affermazione seguente “un bisogno educativo speciale può scaturire da moltissime combinazioni di fattori sfavorevoli per l’alunno”: corrisponde parzialmente a verità corrisponde a verità potrebbe corrispondere a verità non corrisponde a verità.
Nel modello di funzionamento della persona dell’OMS agli estremi superiori e inferiori si trovano: i fattori contestuali e le condizioni scolastiche le condizioni fisiche e i fattori contestuali le condizioni fisiche e i fattori mentali le condizioni familiari e i fattori ereditari.
Lo scopo generale della classificazione ICF è di fornire un linguaggio standard e unificato circa: la disabilità motoria il funzionamento della persona un bisogno educativo speciale i disturbi specifici dell’apprendimento .
La seguente definizione “insiemi pratici e significativi di funzioni fisiologiche, strutture anatomiche, azioni, compiti, o aree di vita correlate” nell’ICF si riferisce ai: fattori contestuali domini fattori ambientali funzioni cognitive .
I domini nell’ICF sono descritti in due elenchi principali: Funzioni e Strutture Comunicative; Attività e Partecipazione Funzioni e Strutture Corporee; Attività e Relazione Funzioni e Strutture Mentali; Attività e Socializzazione Funzioni e Strutture Corporee; Attività e Partecipazione.
La sigla PEI sta per: progettazione educativa incorporata piano riabilitativo individualizzato piano educativo individualizzato piano educativo istituzionalizzato.
Il PEI è elaborato è approvato: dal collegio dei docenti dal team degli insegnanti di sostegno dal GLO (Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione) dagli specialisti della patologia.
Le sezioni del PEI più significative per la valorizzazione della prospettiva bio-psico-sociale sono quelle dedicate: al contesto alle strutture mentali ai fattori personali alle strutture corporee.
Guardare al PEI in prospettiva bio-psico-sociale significa leggere i bisogni educativi speciali in ottica di : disabilità deficit malattia salute.
La sigla ICF-CY identifica la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) nella sua versione specifica per: l’età adulta i bisogni educativi speciali l’infanzia e l’adolescenza la disabilità intellettiva.
Pensare al PEI in prospettiva bio-psico-sociale significa considerare l’allievo secondo una prospettiva: globale settoriale sistematica critica.
Rispetto ad un’azione, compito o funzione, quello che l’alunno è in grado di fare senza alcuna influenza di fattori contestuali, ambientali o personali, si definisce: abilità prestazione performance capacità.
Nella componente delle “Funzioni mentali” di ICF troviamo due domini: funzioni mentali centrali e funzioni mentali periferiche funzioni mentali normali e funzioni mentali speciali funzioni mentali globali e funzioni mentali specifiche funzioni mentali semplici e funzioni mentali complesse.
Tra le quattro dimensioni fondamentali del nuovo PEI non è presente: la dimensione della relazione, dell’interazione e della socializzazione la dimensione della valutazione scolastica la dimensione dell’autonomia e dell’orientamento la dimensione della comunicazione e del linguaggio.
Il modello di PEI voluto dal dm 182/2020 invita a strutturarlo secondo il seguente numero di dimensioni fondamentali: quattro cinque due tre.
. La certificazione delle competenze dell’allievo portatore di disabilità è prevista al termine: della classe quinta della Scuola Primaria e della classe terza della Scuola Secondaria di primo grado della classe terza della Scuola Secondaria di primo grado ma non della classe quinta della Scuola Primaria non è prevista della classe quinta della Scuola Primaria ma non della classe terza della Scuola Secondaria di primo grado.
Le sezioni in cui è suddiviso il nuovo PEI sono in tutto: nove sette dodici quattro.
Circa gli interventi, per la scuola dell’infanzia bisogna precisare che i campi di esperienza si sviluppano ed intrecciano in: percorsi didattici e non in percorsi educativi percorsi propedeutici e non in percorsi didattici percorsi educativi e non in percorsi didattici percorsi educativi e non in percorsi ludici.
Il progetto individuale è redatto: dalla famiglia dalla scuola dalla ASL dall’ente locale.
La prospettiva bio-psico-sociale alla base di ICF identifica, nei fattori contestuali, due grandi ambiti, che interagiscono tra di loro: fattori personali e fattori sociali fattori intrinseci e fattori estrinseci fattori ambientali e fattori personali fattori statici e fattori dinamici.
In ambito scolastico possiamo osservare a volte fattori contestuali che hanno: soltanto la valenza di facilitatore nessuna valenza entrambe le valenze di facilitatore o di barriera soltanto la valenza di barriera .
Il ruolo dei fattori contestuali nell’influenzare il funzionamento e la partecipazione dello studente: non è stato ancora approfondito è irrilevante è ambiguo è innegabile.
Introdurre la dizione “piano educativo individualizzato-progetto di vita” significa aver compreso che occorre: ricordare che l’esistenza del soggetto portatore di disabilità non va oltre l’età della scolarizzazione pensare l’esistenza del soggetto portatore di disabilità oltre l’età della scolarizzazione tenere a mente che il soggetto portatore di disabilità non può fare a meno dell’aiuto degli altri pianificare rigorosamente l’esistenza del soggetto portatore di disabilità.
Il raggiungimento di una buona qualità della vita adulta si predispone a partire: dall’età della scuola secondaria di secondo grado dall’età della scuola secondaria di primo grado dall’età della scuola primaria dalla prime fasi dello sviluppo.
Lepri osserva che l’idea che le persone con disabilità (in particolare intellettiva) possano “diventare grandi” è : ancora ampiamente di minoranza ormai ampiamente di maggioranza tutta da verificare sbagliata.
Il bambino che appartiene al circuito della marginalità e del disagio sociale soffre, a scuola: di scarsa fiducia da parte del docente di sostegno di scarsa integrazione nella classe di nessuna situazione in particolare di scarsa accettazione da parte dei docenti.
Il soggetto marginale, rispetto alla sua sfera interiore, ha un dialogo: assiduo proficuo scarso quotidiano.
Il soggetto marginale è principalmente povero di: titoli di studio relazioni umani efficaci risorse economiche fisse una unità abitativa di proprietà.
Secondo Pines, il desiderio di un figlio, nelle situazioni di marginalità e di deprivazione, può rappresentare, in realtà, quello di prendersi cura: di un neonato delle proprie parti “bambine” dell’immagine di sé di una nuova famiglia.
La mancata accettazione dell’esperienza della gravidanza nelle giovani madri disagiate compromette: la frequenza scolastica la situazione economica il rapporto con la famiglia di origine il rapporto madre-figlio.
Uno dei maggiori problemi del ritrovarsi incinte in età adolescenziale riguarda probabilmente: la situazione economica legata a questo stato l’elaborazione del progetto di vita l’elaborazione emotiva di questo stato le tensioni di coppia.
La condizione di fondo del ritrovarsi incinte in età precoce, e in un contesto di disagio e marginalità sociale, è rappresentata da un sostanziale rifiuto: del momento del parto delle regole della gravidanza della presenza della famiglia di origine.
È stato osservato che più si è svantaggiati e più ci si allontana dalla disponibilità: al cambiamento al dialogo con gli altri a frequentare percorsi scolastici ad accettarsi.
Lo stereotipo, di per sé, NON: è un elemento negativo esiste è un elemento positivo è un elemento importante.
Occorre aiutare l’identità personale dell’adulto marginale a divenire disponibile ad accogliere: la realtà il passato la novità il presente.
A volte il formatore del soggetto marginale può essere inconsapevolmente vittima di: se stesso pregiudizio emarginazione sociale episodi di bullismo.
Nell’intervento formativo rivolto al soggetto marginale occorre ridurre la diffidenza verso la situazione: economica familiare di apprendimento personale.
La marginalità sociale è una forza che inibisce, tra gli altri aspetti, anche la: comunicazione stereotipia diagnosi scolarizzazione.
I messaggi comunicativi, rivolti al soggetto marginale, NON devono essere: ridondanti chiari complessi semplici.
Nei percorsi di formazione il soggetto in condizione di marginalità sociale spesso avverte uno scollamento tra gli argomenti proposti e: la loro utilità nella pratica quotidiana il loro significato la loro utilità a livello cognitivo la scuola.
Paradossalmente, più si è svantaggiati e più ci si allontana dalla disponibilità ad affrontare: nuovi cammini ed orizzonti i problemi personali nuovi cammini e persone nuovi percorsi familiari.
L’adulto in condizioni di disagio ha bisogno di progetti impegnativi, oltre: ogni sua previsione la sua volontà la scuola la soglia minima.
“Non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali”. Lo ha affermato Don Lorenzo Milani Nicola Paparella Jerome Bruner Bartolo Longo.
Il tentativo di “puntare in alto” nella formazione degli adulti marginali trova ulteriori ostacoli: nei loro parenti nei loro docenti in alcune loro rigidità in alcune loro prerogative.
Ha parlato di “pensiero narrativo”. Si tratta di: M. Montessori Bartolo Longo J. Bruner J. Piaget.
Per P. Ricoeur, si esiste nella misura in cui si è capaci di: ribellarsi raccontare parlare esprimersi.
Per favorire riscatto ed emancipazione del soggetto marginale, può essere utile offrirgli: incentivi economici racconti fantastici cui ispirarsi modelli speciali cui ispirarsi modelli identitari cui ispirarsi.
I soggetti (adulti e bambini) marginali sono in grado di manifestare, nonostante tutto, aree di competenza: inaspettate deficitarie incongruenti note.
“Speciale capacità di far fronte agli eventi traumatici, di opporsi alle avversità, di superarle ed a volte persino di uscirne rafforzati, manifestando adattamento, flessibilità e capacità di contrastare le avversità, piegandole a proprio vantaggio”. Stiamo parlando di: fortuna resilienza impegno progetto di vita.
Per ottenere resilienza, nel gruppo in formazione il soggetto marginale: va posto accanto al formatore va esentato dai compiti va posto al centro non deve rientrare.
La finalità dell’intervento formativo, destinato a soggetti adulti marginali è di: incrementare il loro bagaglio lessicale incrementare il loro bagaglio esperienziale renderli conformi alla convivenza civile renderli conformi alla normalità.
Un fronte sul quale lavorare, per assicurare empowerment al soggetto in condizione di marginalità, è il sostegno: alla motivazione al reddito al linguaggio al suo sistema familiare.
Il soggetto marginale, mediante le nuove conoscenze acquisite in un percorso formativo, va ad arricchire: il suo contesto di vita le pratiche formative l’istituzione che rappresenta il gruppo dei formatori.
Dal punto di vista educativo, lo stato di madre sola disagiata può penalizzare anche l’esercizio della funzione: genitoriale simbolica riproduttiva esecutiva.
2. Sulla categoria delle madri sole disagiate si concentrano una serie di: eventi fortuiti figli partner disagi.
Le giovani madri sole disagiate risultano povere soprattutto di: validi sussidi economici validi titoli di studio valide soluzioni abitative validi riferimenti affettivi.
Come osserva F. Bimbi, le madri sole nubili, in passato, erano soggette ad una forte: disapprovazione sociale depressione considerazione sociale empatia da parte dei familiari.
I legami sentimentali di una giovane madre sola disagiata sono in genere caratterizzati: dalla presenza di violenza dal supporto della propria madre dall’assenza di un partner stabile dalla presenza di un partner stabile .
Le giovani madri sole disagiate rappresentano un fenomeno sociale non ancora adeguatamente analizzato anche dal punto di vista: pedagogico psicologico sociale psichiatrico.
Una importante risorsa per la vita della madre sola disagiata è rappresentata: dalla parentela più prossima dai figli maggiorenni dalla rete amicale da alcuni sussidi economici.
La rete parentale della giovane madre sola disagiata può essere al tempo stesso: affidabile e inaffidabile utile e inutile risorsa e fonte di problematicità ampia e ristretta.
Come evidenzia Giullari, le condizioni per imbastire un processo di reciprocità nel sostegno, per la giovane madre sola disagiata, è alquanto: possibile immediato facile improbabile.
Occorre impedire che si formi, nella giovane madre sola disagiata, una cultura della dipendenza come parte integrante della loro: identità specificità famiglia professionalità.
Una ricerca internazionale ha messo il luce come le giovani madri sole siano esposte a periodi di dipendenza dall’assistenza pubblica: alternativi brevi più lunghi della media sporadici.
Le forme di aiuto per le madri sole disagiate possono generare: soddisfazione autonomia dipendenza indipendenza.
Le due principali forme di aiuto per le madri sole disagiate sono rappresentate da: assistenza sociale pubblica e assistenza sociale privata sostegno della famiglia d’origine e lavoro autonomo assistenza sociale pubblica e aiuti da parte di amici assistenza sociale pubblica e sostegno della famiglia d’origine.
4. Come avvertono E. Ruspini e F. Bimbi, la povertà femminile è sempre intrecciata ad un percorso di: incoerenza devianza attaccamento dipendenza.
Per favorire il destino di una giovane madre sola disagiata possono influire: condizioni soggettive e condizioni oggettive condizioni familiari e variabili contestuali condizioni etniche e variabili ambientali condizioni fisiche e variabili contestuali .
Bolton, Laner e Kane affermano che i bambini di una madre sola adolescente sono esposti al rischio di: malformazioni difficoltà comportamentali devianza maltrattamento.
La trasmissione di madre in figlia della condizione di giovane madre sola disagiata è: difendibile non dimostrata dal punto di vista scientifico- è vera non dimostrata dal punto di vista scientifico .
Il bambino in condizione di disagio sociale vive l’esperienza scolastica con forte: distacco emotivo entusiasmo coinvolgimento emotivo trasporto.
Crosnoe e Copper affermano che i bambini in stato di marginalità sociale, economicamente svantaggiati, a scuola ottengono: punteggi più bassi rispetto agli altri compagni più considerazione da parte dei compagni punteggi più alti rispetto agli altri compagni più considerazione da parte dei docenti.
. La scuola frequentata dal bambino in condizione di marginalità sociale può essere il luogo in cui intercettare i suoi primi segnali: di comunicazione di disagio di insofferenza di apprendimento.
Il focus del disagio infantile oggi può essere legato al concetto di povertà: educativa familiare sociale economica.
Il fenomeno della povertà educativa non può lasciare indifferente lo sguardo: dei genitori delle scienze sociologiche delle scienze economiche delle scienze pedagogiche.
Nei contesti del disagio sociale, avere un solo genitore rappresenta un: ulteriore fattore di criticità fattore ininfluente grande punto di forza ulteriore fattore di sostegno.
La finalità dell’intervento educativo, destinato ai portatori di disagio sociale, punta allo sviluppo in loro di: resilienza differenza resistenza emozione.
Bisogna aiutare il soggetto in condizione di disagio sociale a prendere consapevolezza dei propri bisogni e anche delle proprie: capacità criticità lacune debolezze.
La complessità che caratterizza il disagio sociale richiede una condivisione ampia della responsabilità: familiare personale educativa giuridica.
Il passaggio dagli istituti alla comunità si è reso necessario per rendere il modello assistenziale dei portatori di disagio sociale meno: spersonalizzante lungo personalizzato complesso.
Il progetto educativo individualizzato viene realizzato in comunità: soltanto per i bambini stranieri per ciascun ospite soltanto per coloro che presentano disabilità certificata soltanto per qualche ospite con particolari problematiche.
L’èquipe dei professionisti operanti in struttura predispone, per ciascun ospite un progetto educativo: individualizzato unico standardizzato globale.
Rispetto alle madri inserite nelle comunità di accoglienza, l’intervento educativo intende migliorare le loro capacità: genitoriali soggettive ambientali contestuali.
Il problema, da parte dell’utenza, della mancata accettazione del percorso comunitario, specie in fase iniziale, è piuttosto: raro saltuario normale frequente.
Come ha affermato M. Zappa, “chiudere davvero gli istituti” significa soprattutto lavorare sul territorio per costruire, a favore delle famiglie, una politica: di responsabilità condivisa di animazione sociale di partecipazione globale di negoziazione.
Il bambino si manifesta nel mondo e struttura una propria identità mediante: il corpo e il movimento il ruolo degli educatori il ruolo degli insegnanti il corpo e la sua vivacità.
Alle funzioni motorie (corpo e movimento) sono collegate quelle: ambientali fisiologiche psichiche organiche.
Quale dei seguenti NON è un obiettivo educativo contemplato nel progetto educativo individualizzato di un bambino ospite di una comunità educativa di accoglienza: Incremento delle capacità relazionali Miglioramento del carattere Raggiungimento del successo scolastico Acquisizione delle routine quotidiane.
Il modello di convivenza nella comunità di accoglienza ha come riferimento: l’ambiente familiare l’ambiente esterno il contesto assistenziale il contesto scolastico.
La maternità deve essere una condizione: assegnata critica fortemente ricercata fortemente voluta .
. L’intervento educativo, rispetto alla dimensione assistenziale: è successivo è ripetitivo è precedente deve andare oltre.
Il problema, da parte dell’utenza, della mancata accettazione del percorso comunitario, specie in fase iniziale, è piuttosto: normale saltuario frequente raro.
Il progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza serve per tenere attiva: la dimensione progettuale degli interventi da realizzare la dimensione simbolica degli interventi da realizzare la dimensione organizzativa degli interventi da realizzare la dimensione valutativa degli interventi da realizzare.
La costruzione di un progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza non può prescindere da un coinvolgimento: dell’assistente sociale del soggetto per il quale viene realizzato dell’ambiente comunitario ospitante del consulente legale dell’utente.
La struttura di un progetto educativo individualizzato realizzato in comunità educativa di accoglienza rimane: flessibile coesa conclusa articolata.
Da una comunità educativa di accoglienza occorre essere dimessi: nei primi due mesi immutati rispetto alla fase di ingresso mutati rispetto alla fase di ingresso nel più breve tempo possibile.
Il progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza è previsto: Soltanto per i maggiorenni Per tutti gli utenti accolti Soltanto per le madri Soltanto per i bambini.
Progettare, in ambito educativo, significa riuscire ad anticipare: la risposta dell’utenza un indicatore di valutazione un risultato atteso la domanda dell’utenza.
“Identifica la missione educativa della struttura e descrive la sua natura sistemica”. Ci stiamo riferendo al: progetto educativo individualizzato progetto educativo complessivo progetto educativo contingente progetto educativo di comunità.
Il verbo “progettare” deriva dal latino proiectum, traducibile con: “progettando” “mettersi alle spalle” “gettare indietro” “gettare in avanti”.
Attraverso una adeguata progettazione educativa, la struttura educativa di accoglienza definisce la sua speciale: personalità identità sostanza forma.
Per praticare davvero percorsi di deistituzionalizzazione delle risposte di accoglienza in comunità educativa sono fondamentali: relazione e corresponsabilità valutazione e azione relazione e comprensione corresponsabilità e azione.
Nella pratica professionale quotidiana dell’educatore, non è più ammissibile una assenza, seppur parziale, di: progettualità controllo imprenditorialità serenità.
La comunità educativa di accoglienza esprime e rivendica una forte identità: terapeutica pedagogica istituzionale riabilitativa.
I professionisti operanti nelle comunità educative di accoglienza devono primariamente essere disposti: alla valutazione a raccontare alla conversazione all’ascolto.
Nella comunità educativa di accoglienza, per gli assisti, il benessere diventa una prospettiva esistenziale: scontata già raggiunta in passato da raggiungere irrilevante.
La comunità educativa mamma-bambino nasce dall’esigenza di non privare il piccolo della presenza di una madre: valida molto adeguata sola seppur parzialmente adeguata.
La teoria dell’attaccamento ha sottolineato come il legame con la madre sia il contesto privilegiato per lo sviluppo: sociale infantile umano globale.
Le figure professionali presenti nell’organigramma di una comunità educativa mamma-bambino sono generalmente: psicologo, pedagogista, assistente sociale il team degli educatori professionali coordinatore, psicologo, assistente sociale, avvocato coordinatore, pedagogista, psicologo, assistente sociale, educatore.
La normativa vigente prevede che le comunità educative abbiano a disposizione un massimo di: 25 posti 7 posti 20 posti 10-12 posti.
La permanenza in struttura educativa mamma-bambino è strettamente connessa al tempo necessario al raggiungimenti degli obiettivi previsti: dal servizio sociale territoriale dal coordinatore dal comune di residenza dal progetto educativo individualizzato.
Anche per il piccolo ospite della comunità, come per la sua mamma, va predisposto e perseguito un: progetto educativo individualizzato piano di verifica progetto educativo di comunità piano di lavoro.
Si auspica che la permanenza del bambino in una comunità educativa sia il più possibile: affollata breve vivace sinergica.
I bambini che nascono in comunità rappresentano ad oggi un fenomeno sociale: sconosciuto dal punto di vista scientifico scarsamente indagato dal punto di vista scientifico ampiamente conosciuto dal punto di vista scientifico scarsamente accettato dal punto di vista scientifico.
Gli allievi di origine straniera, portatori di disabilità, sono caratterizzati da doppia: potenzialità difformità socialità differenza.
L’attenzione pedagogica sugli allievi di origine straniera, portatori di disabilità, finora è stata: misurata scarsa continua consistente.
La disabilità è una variabile anche di tipo: speciale linguistico eccezionale culturale.
Silva sostiene che una scuola in grado di accogliere le diversità degli alunni deve necessariamente essere attenta anche alle loro: famiglie razze leggende etnie.
Dainese sottolinea che, nel nostro Paese, le pratiche rivolte a garantire una funzionale collaborazione con le famiglie di origine immigrata, con figli portatori di disabilità: non risultano ancora del tutto consolidate risultano consistenti risultato attualmente bloccate risultano del tutto consolidate.
La famiglia dell’allievo di origine immigrata, portatore di disabilità, collabora attivamente con la scuola se si percepisce come: risorsa indipendente autonoma propria.
Il principale ostacolo, per un proficuo rapporto scuola-famiglia dell’allievo di origine immigrata, portatore di disabilità, è rappresentato dal gap: potenziale linguistico grammaticale sociale.
Recenti ricerche attestano che le famiglie di origine immigrata sono caratterizzate da una condizione di: deprivazione solitudine maleducazione arretratezza.
La presa in carico dell’allievo portatore di disabilità è di pertinenza: dell’intera comunità scolastica degli educatori socio sanitari esclusiva del docente di sostegno degli insegnanti curricolari.
La famiglia dell’allievo straniero portatore di disabilità collabora attivamente con la scuola se si percepisce come: propria autonoma risorsa indipendente.
Secondo Ianes, la figura dell’insegnante di sostegno oggi richiede una forte: esperienza sul campo retribuzione economica specializzazione universitaria dose di pazienza.
Nel caso dell’allievo di origine immigrata, portatore di disabilità, è consigliabile rivedere diagnosi, piano educativo individualizzato, profilo di funzionamento tenendo conto: del carattere dell’allievo delle indicazioni degli operatori socio sanitari della storia del percorso migratorio dell’allievo della capacità di risposta dell’allievo.
Nella pratica didattica e osservativa, l’insegnante può essere soggetto a: stereotipi nervosismo vari tipi di problematiche incomprensioni.
L’osservazione scolastica dell’alunno con disabilità, proveniente da altra cultura, è funzionale anche alla realizzazione di una buona: osservazione finale progettazione educativa individualizzata diagnosi funzionale valutazione finale.
In alcune situazioni, la modalità di lavoro individualizzata può escludere l’allievo di altra origine culturale, portatore di disabilità: dall’autovalutazione delle sue competenze dalla vita della classe dalla sua cultura di origine dalla considerazione dei docenti.
La presenza di differenze e di diversità nella scuola è problema a carico: della classe interessata dell’allievo che ne risulta portatore del docente di sostegno dell’intera comunità scolastica.
Il tratto che più caratterizza una comunità scolastica è la sua dimensione: valutativa inclusiva architettonica strumentale.
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