Didattica e Pedagogia Speciale (prof.ssa Simone)
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Title of test:![]() Didattica e Pedagogia Speciale (prof.ssa Simone) Description: Scienze dell'educazione e della formazione - Ecampus |




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La specificità del discorso didattico deriva dalla sua imprescindibile esigenza di assumere l’apprendimento in correlazione. all’indottrinamento. alla scienza. alla pedagogia. all’insegnamento. La didattica è una scienza che si colloca all’interno del più ampio settore delle scienze: antropologiche. pedagogiche. filosofiche. sociologiche. Interrogarsi sull’apprendimento significa ricercare il senso del processo per il quale l’uomo costruisce il suo: comportamento. ambiente. ciclo vitale. adattamento. Nella scuola, il compito dell’insegnamento è sempre: la valutazione. l’educazione. l’osservazione. la differenziazione. Istruzione e insegnamento: riguardano soltanto la scuola. riguardano soltanto gli altri ambienti educativi. non riguardano soltanto la scuola. sono la stessa cosa. L’educazione pone necessariamente le sue basi nella: filosofia. memoria. tradizione. scuola. “Azione che promuove lo sviluppo umano a più livelli”. La definizione si riferisce al termine: socializzazione. inculturazione. pedagogia. educazione. Circa il concetto di educazione, le definizioni possibili sono: due. poche. molte. tre. La pedagogia è un ragionare sui fatti che hanno a che fare con: l’educazione. il sociale. il quotidiano. l’ambiente scolastico. Il percorso formativo della persona è costantemente: in divenire. in sé definito. problematico. in crisi. Il processo formativo verte soprattutto su scelte: relazionali. interiori. sociali. economiche. Il processo formativo, al giorno d’oggi, segue linee evolutive sempre meno: sviluppate. sostenibili. lineari. specifiche. La formazione è sviluppo del soggetto nella sua: umanità. scuola. fratellanza. vita quotidiana. L’educazione può definirsi come una esperienza: circoscritta. diffusa. eccezionale. episodica. Educazione e formazione, nel linguaggio comune, vengono talvolta usati senza una chiara: titolazione. definizione. formulazione. differenziazione. Parlare di integralità significa porre l’accento sulla totalità delle esigenze: di sviluppo della persona. individualizzanti della persona. contingenti della persona. socializzanti della persona. Del passato bisogna: fare una commemorazione. fare una utilizzazione saggia. sbarazzarsi. lamentarsi. L’educazione costituisce l’insieme degli strumenti necessari per garantire la trasmissione della: scuola. cultura. formazione. società. E’ piuttosto riduttivo considerare l’intervento educativo soltanto come: formazione. elevazione. costruzione. socializzazione. Secondo Leang, i fenomeni di assimilazione alla propria o all’altrui cultura non sono, di per sé: reali. educativi. possibili. ammessi. L’educazione è per un verso volta alla conservazione e per un altro verso al: rinnovamento. esclusione. radicamento. avvicinamento. Tra i tratti essenziali dell’apprendimento, NON rientra: accrescimento della esperienza personale. acquisizione delle informazioni. valutazione delle proprie competenze funzionali. fruizione personale del dato conoscitivo. Le occasioni di interazione tra soggetto ed ambiente devono risultare sempre ricche: di persone. di guadagno economico. di fantasia. di stimolazioni. L’autonomia della scuola deve oggi farsi carico delle istanze pedagogiche della: differenza. uniformità. unità. specificità. Itard contribuì allo sviluppo di un primo approccio, alla persona con disabilità, di tipo: globale. critico. riabilitativo. terapeutico. Che appellativo venne riconosciuto a Victor?. “giovane indigeno”. “ragazzo plusdotato”. “ragazzo di Itard”. “ragazzo selvaggio”. La pedagogia speciale è parte della: formazione. pedagogia clinica. didattica. pedagogia generale. G. Bollea ha fondato: la neuropsichiatria infantile. la pedagogia speciale. la didattica speciale. la neuropsichiatria generale. G. Bollea sosteneva che, se si vuole aiutare un minore in difficoltà, bisogna prima di tutto aiutare: esperienza. la sua mente. la sua famiglia. la sua scuola. La pedagogia speciale, a livello accademico, nasce in Italia nel: 1977. 1964. 1864. 1971. Secondo la pedagogia emendativa, il soggetto considerato “anormale” va: corretto. ripreso. ignorato. compreso. Le scuole speciali in Italia: sono ancora attive. sono attive soltanto in alcuni contesti. sono state abolite. non sono mai esistite. Gli apprendimenti e le pratiche didattiche, ispirati dalla pedagogia speciale, possono generare nelle classi delle azioni di tipo: inclusivo. esclusivo. differenziale. selettivo. Quando disadattamento e devianza si manifestano all’interno della scuola, vanno trattati: affettivamente. psichiatricamente. pedagogicamente. energicamente. La pedagogia interculturale si sforza di riconoscere il valore delle: identità. somiglianze. disuguaglianze. differenze. Con la globalizzazione della comunicazione e delle conoscenze, non si può più far riferimento a parametri: monoculturali. generali. pluriculturali. indefiniti. La differenza ha sul piano sociale toni e forme molto: opposti. identici. simili. variegati. La disabilità può essere di tipo: medio o lieve. transitorio o permanente. definito o permanente. grave o gravissima. La parola deficit identifica una mancanza: oggettiva e soggettiva. soggettiva e congenita. oggettiva e non verificabile. oggettiva e verificabile. La pedagogia speciale in Italia ha una storia lunga circa: cento anni. sessanta anni. quaranta anni. trenta anni. La legge n. 517/1977 stabilisce la garanzia dell’apprendimento anche per gli alunni: indigenti. delle scuole speciali. stranieri. portatori di disabilità. L’educazione e l’istruzione divengono una chiave di accesso essenziale, per le persone con disabilità, nel raggiungere una cittadinanza: attiva. funzionale. parziale. speciale. L’inclusione, per potersi realizzare, richiede azioni: sovversive. cicliche. di sistema. settoriali. Affrontare il tema dell’inclusione richiede sempre uno sguardo: ampio. selettivo. comprensivo. settoriale. Secondo R. Caldin, se oggi dovessimo indicare che cosa è manchevole nell’integrazione/ inclusione in Italia, essa sarebbe relativa all’area: dell’inclusione. della socializzazione. della medicalizzazione. della garanzia dell’apprendimento. La legge n. 517 è stata emanata nel: 1877. 1957. 1927. 1977. Nel sistema educativo italiano, la possibilità per gli studenti portatori di disabilità di usufruire di tirocini e stage è: ampia. limitata. ricca. illimitata. La legislazione italiana circa la disabilità è tra le più avanzate: in Italia. nel mondo. in Europa. in Occidente. La disuguaglianza è conseguenza tragica della incapacità di accogliere la diversità come: valore. principio. opzione. criterio. La diversità è dovuta ad una molteplicità di: variabili. persone. problemi. risorse. Il più delle volte la diversità viene vista come: una risorsa. un ostacolo. un fattore di contesto. un bene comune. La logica della identificazione tende alla: originalità. conclusione. stereotipia. omologazione. In educazione è improduttivo: armonizzare. interpretare. polarizzare. costruire. I problemi del vantaggio e dello svantaggio socio economico: sono soltanto in parte di pertinenza della pedagogia speciale. potrebbero divenire in futuro di pertinenza della pedagogia speciale. non sono di pertinenza della pedagogia speciale. sono di pertinenza della pedagogia speciale. Il problema della diversità in pedagogia si affronta: valorizzando le potenzialità presenti. mettendo in dubbio le potenzialità presenti. ignorando il deficit. definendo il deficit. L’approccio pedagogico alla diversità ha portato alla considerazione di ciò che v’è nell’altro-diverso di: critico. negativo. positivo. incompiuto. I bisogni educativi presenti in classe oggi sono tra di loro: eterogenei. indefiniti. simili. contraddittori. Il concetto di “speciale normalità” si può attribuire a: D. Ianes. L. De Anna. L. d’Alonzo. L. Cottini. Per garantire, ai soggetti portatori di disabilità, una vantaggiosa vita scolastica: si deve ignorare la loro diversità. è possibile ignorare la loro diversità. è obbligatorio ignorare la loro diversità. non si deve ignorare la loro diversità. I desideri appaiono collegati: alle identità. ai vissuti. alle necessità. ai bisogni. In tutte le interazioni comunicative in primo piano vi è: l’identità di chi parla e di chi ascolta. le ragioni di chi parla e di chi ascolta. il ruolo di chi parla e di chi ascolta. la figura di chi parla e di chi ascolta. Nei contesti didattici è importante capire: quando si comunica. dove si comunica. perché si comunica. quanto si comunica. La comunicazione si motiva e si struttura nel rapporto: Io-noi. Io-altro. Io-voi. Io-me stesso. Ogni nostra visione delle cose ha bisogno, da parte degli altri, di: conferma. smentita. dibattito. chiarimento. La competenza comunicativa si sviluppa: sin da neonati. nell’età adulta. nella giovinezza. nella fanciullezza. Il clima organizzativo: è di ostacolo alla vita di una organizzazione. non influenza nessun aspetto della vita di una organizzazione. influenza tutti gli aspetti della vita di un’organizzazione. influenza soltanto alcuni aspetti della vita di una organizzazione. Secondo Rivoltella, la fruizione delle tecnologie multimediali all’interno del setting didattico viene scandita dalle attività di: rappresentazione, ideazione, condivisione e costruzione. rappresentazione, implementazione, condivisione e costruzione. rielaborazione, comunicazione, condivisione e costruzione. rappresentazione, comunicazione, condivisione e costruzione. I nuovi media suggeriscono all’agire didattico nuovi compiti che sono in tutto: 2. 3. 4. 6. La lettura ipertestuale rende l’apprendimento: attivo e dinamico. sequenziale e lineare. sociale e di gruppo. divertente e ludico. Il più importante prerequisito per intraprendere un intervento di CAA è la effettiva presenza di: remote opportunità di comunicazione. concrete opportunità di comunicazione. vicinanza empatica del pattern comunicativo. disturbi della sfera comunicativa. La comunicazione aumentativa alternativa NON è costituita da: parole. gesti. immagini. link. “E’ una misura di sostegno alla relazione, alla comprensione e al pensiero”. Si tratta: della comunicazione didattica. della figura dell’insegnante di sostegno. della comunicazione aumentativa alternativa. della comunicazione multimediale. L’insegnamento del programma PECS prevede un percorso articolato in: 6 fasi. 3 fasi. 4 fasi. 2 fasi. Fino alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, la convinzione generale era che l'allievo in situazione di disabilità dovesse essere inserito in gruppi di coetanei: normodotati. con deficit intellettivi. con deficit sensoriali. con deficit simili. La costituzione delle classi differenziali, parallele a quelle comuni, fu giustificata da un intervento, sul deficit, di tipo prettamente: tecnico-sanitario. pedagogico. educativo. differenziale. La legge n. 118 del 30 marzo 1971, all’art.28, riconobbe agli allievi in situazione di disabilità il diritto all’educazione: in classe comune. negli istituti per portatori di disabilità. in ambito familiare. in classe differenziale. La necessità di individualizzare gli interventi sottende, al suo interno, una logica: individualistica. comune. personalistica. efficientistica. Favorirono la creazione di un ambiente scolastico inclusivo. Si sta parlando delle classi: aperte. scoperte. speciali. differenziali. La legge che introduce la figura dell’insegnante di sostegno è la legge: n. 1859 del 1962. n. 104 del 1992. n. 118 del 1971. n. 517 del 1977. La legge n. 517 del 1977 parla dello svantaggio socioculturale: soltanto all’inizio. in nessuna sua parte. in molte sue parti. in alcune sue parti. Si insiste sulla parola “integrazione” a partire dalla legge: n. 1859 del 1962. n. 118 del 1971. n. 517 del 1977. n. 104 del 1992. Per quanto riguarda l'integrazione scolastica, la legge n. 194/1992 ha fissato le basi, per l’allievo portatore di disabilità, di un progetto al tempo stesso: contestualizzati e individualizzato. globale e individualizzato. individualizzato e circoscritto. comprensivo e contestualizzato. La dichiarazione di Salamanca venne stilata nell’anno: 1962. 1971. 1994. 1992. La legge n. 104/1992 si è occupata dei bisogni educativi speciali: si. soltanto nelle sue conclusioni. no. solo in parte. A partire dalla legge n. 104/1992 un ruolo sempre più attivo viene attribuito: alla scuola. agli specialisti di area medica. alla famiglia. al gruppo dei pari. La legge che sancisce l’ingresso della parola integrazione all’interno del lessico, non soltanto scolastico, è la: n. 104 del 1992. n. 1859 del 1962. n. 517 del 1977. n. 118 del 1971. A seguito dell’abolizione delle classi differenziali, l’inserimento dei portatori di disabilità nelle classi normali venne da alcuni definito come: selvaggio. comune. speciale. integrato. La legge n. 118 del 1971 sancì che l'istruzione dell'obbligo per i soggetti portatori di disabilità doveva avvenire nelle classi normali: della scuola paritaria. della scuola pubblica. della scuola speciale. della scuola privata. “A questa legge si riconosce l’aver introdotto la parola “inserimento”, per sancire il processo di accoglienza, all’interno delle mura scolastiche, degli allievi con disabilità”. Si tratta della legge: n. 517 del 1977. n. 104 del 1992. n. 118 del 1971. n. 1859 del 1962. La prospettiva inclusiva scaturisce da un cammino iniziato: negli anni Sessanta del secolo scorso. negli anni Quaranta del secolo scorso. negli anni Cinquanta del secolo scorso. negli anni Settanta del secolo scorso. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità introduce il concetto di: accoglienza. integrazione. inclusione. inserimento. Per favorire il diritto allo studio occorre che la scuola elabori risposte: esaustive e autosufficienti. semplici e complesse. individualizzate e personalizzate. articolate e plurime. D’Alonzo (2017) sottolinea come la scuola italiana non riesca a dare risposta di valore: ad alcuni suoi alunni. a tutti i suoi alunni. alle famiglie degli alunni. a molti suoi alunni. Attualmente, i gruppi classe appaiono sempre meno disposti: dei presidi socio-sanitari. soltanto degli allievi portatori di disabilità. all’ascolto. soltanto degli allievi senza problematiche. Una scuola inclusiva pianifica avendo presente la necessità di dare risposte in primo luogo: a tutti i suoi allievi. al corpo docenti. al dirigente scolastico. ai portatori di BES. Le strategie di gestione della classe risultano ormai: difficili da definire. assodate e validate dalla ricerca. affidate all’estro di ciascun docente. desuete. In una scuola inclusiva il soggetto in difficoltà non deve avere la percezione di essere: un corpo estraneo. integrato. uguale agli altri. incluso. La didattica speciale per una scuola inclusiva inizia necessariamente dal concetto di gestione: del corpo docenti. della classe. dei metodi. degli allievi portatori di disabilità. Nella disabilità intellettiva, la compressione delle abilità psichiche si manifesta durante il periodo: diagnostico. scolastico. clinico. evolutivo. I domini interessati dalla disabilità intellettiva sono in tutto: tre. quattro. cinque. due. Le aree di deficit delle funzioni intellettive sono in tutto: quattro. tre. sei. due. I disturbi dello spettro autistico rientrano nell’ambito dei: disturbi pervasivi dello sviluppo. disturbi invalidanti dello sviluppo. disturbi clinici dello sviluppo. disturbi sistemici dello sviluppo. La compromissione, sempre presente nei disturbi dello spettro autistico, è quella relativa: alla competenza motoria. all’interazione sociale. alla competenza logico-matematica. all’intelligenza spaziale. La classe dell’allievo con disturbi dello spettro autistico può divenire un contesto inclusivo se si adatta facilmente: alle sue peculiari modalità di funzionamento. alle sue peculiari crisi comportamentali. alle sue difficoltà di apprendimento. alle sue peculiari modalità aggressive. La presenza ed il ruolo dei compagni, per l’allievo con disturbi dello spettro autistico, rappresentano: una risorsa. un elemento ininfluente. un fattore di criticità. un elemento di disturbo. La sfera cognitiva, nella disabilità sensoriale, in genere: è sempre parzialmente compromessa. è irrilevante. è compromessa. non è compromessa. I vari livelli di ipoacusia e le loro differenze comportano, per chi ne è affetto, diverse esperienze: della scuola. del mondo. di se stesso. degli altri. La pluridisabilità sensoriale prevede la presenza simultanea di: disabilità visiva e uditiva. disabilità motoria e cognitiva. disabilità tattile e visiva. disabilità sensoriale e intellettiva. Le disabilità sensoriali implicano una serie di difficoltà nella sfera: cognitiva e sociale. motoria e linguistica. intellettiva e dell’autonomia personale. sociale e dell’autonomia personale. Il soggetto sordo percepisce la propria differenza come una propria: peculiarità. prerogativa. carenza. originalità. L'esposizione ad una lingua dei segni, per il soggetto sordo, produce vantaggi: improbabili. probabili. irrilevanti. indubbi. Il soggetto sordo presenta una carenza di dati informativi: sulla scuola. sul mondo. sulla sua disabilità. su se stesso. Il soggetto sordo, in ambito didattico, presenta difficoltà nella lingua: parlata ma non scritta. scritta e parlata. scritta ma non parlata. dei segni. La distanza ottimale nella conversazione con l'allievo sordo non deve mai essere oltre: due metri. un metro e mezzo. 30 centimetri. un metro. Per utilizzare la lingua italiana dei segni (LIS) occorre ricorrere: alla sensibilità dei compagni. ad un mediatore linguistico. all’insegnante curriculare. all’insegnante di sostegno. In assenza della vista, gli altri sensi cooperano tra di loro per sopperire a tale mancanza mediante un processo note come: corrispondenza. vicarianza. assonanza. dissonanza. Nell’ambito della stessa disabilità visiva, molto differente può essere la percezione della realtà a seconda se si sia: non vedente o ipovedente. non vedente o disabile intellettivo. ipovedente o disabile intellettivo. vedente o ipovedente. Il disabile visivo, circa l’apprendimento, necessita di: stimoli visivi. tempi più lunghi. stimoli uditivi. tempi più brevi. Le strategie didattiche più favorevoli ad un alunno con disabilità visiva fanno riferimento a una prospettiva di tipo: visivo. cognitivo. esperienziale. concettuale. Nell’intervento didattico a favore dello studente con disabilità visiva, occorre anche ponderare il ruolo dei meccanismi: di vicarianza. espliciti. impliciti. di difesa. Tra gli obiettivi dell’intervento didattico a favore dello studente con disabilità visiva, vi è anche l’acquisizione di una buona competenza: psicologica. relazionale. linguistica. personale. La sfida della pedagogia speciale, in materia di progettazione didattica, è di riuscire a coniugare la didattica curricolare alle esigenze dettate: dall’apprendimento. dall’inclusione. dall’istruzione. dall’insegnamento. La progettazione dell'insegnamento è l'analisi della situazione da cui prende avvio l’azione: didattica. scolastica. di sostegno. valutativa. In ottica inclusiva, il curricolo comune va adattato per accogliere le esigenze: della dirigenza scolastica. degli allievi portatori di disabilità. degli insegnanti curricolari. di ciascuno studente. L’adattamento degli obiettivi didattici e dei materiali di apprendimento è parte integrante: soltanto del PEI. del PDP ma non del PEI. del PEI ma non del PDP. del PEI (piano educativo individualizzato) e del PDP (Piano didattico personalizzato). Quale, tra le seguenti, NON è una strategia di adattamento didattico: relazione. facilitazione. sostituzione. semplificazione. Nella classe inclusiva le strategie di adattamento: sono utili soprattutto ai docenti. sono destinate soltanto agli allievi con bisogni educativi speciali. tornano utili a tutti gli allievi. tornano utili soprattutto alla dirigenza scolastica. Una delle seguenti NON è una strategia di adattamento didattico: partecipazione alla cultura del compito. sostituzione. inversione. facilitazione. La strategia didattica della facilitazione prevede: l’offerta di attività libere. la riduzione del contenuto dell’attività. una aggiunta di informazioni per svolgere l’attività. un esonero dallo svolgimento dell’attività. Nella strategia didattica della sostituzione, si vanno a sostituire: i metodi. i materiali. le consegne. gli obiettivi. Nel caso di ipoacusia, il banco va posto di fronte: alla finestra. alla foresta. alla cattedra. ai compagni. In presenza di deficit uditivo, la compromissione dell’udito si può compensare con: appositi strumenti. la voce. la vista. il tatto. In presenza di deficit visivo si possono utilizzare: mappe. schemi. audiolibri. riassunti. Per quanto riguarda la comprensione del testo per un allievo ipovedente, si può utilizzare del materiale di lettura: in Braille. LIS. alternativo. speciale. In caso di disabilità sensoriale, a carico della vista e dell’udito, il PEI suggerisce: scomposizione dei nuclei fondanti della disciplina. sostituzioni o semplificazioni. partecipazione alla cultura del compito. semplificazioni o facilitazioni. Nell’ambito dei disturbi generalizzati dello sviluppo, la strategia didattica della facilitazione prevede il ricorso al mediatore: globale. verbale. testuale. iconico. In caso di disturbi di attenzione, concentrazione e iperattività, i materiali didattici vanno presentati con: rapidità e tempestività. appositi strumenti. semplicità e ordine. complessità e disposizione. Le strategie di facilitazione nei disturbi oppostivi provocatori e comorbilità con ADHD si possono strutturare mediante la modalità: di e-learning. scritta. di visual learning. on line. Un esempio di sostituzione, nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico, è: la scomposizione dei nuclei fondanti della disciplina. la partecipazione alla cultura del compito. la facilitazione. la comunicazione aumentativa alternativa. La LIM può essere parte del generale processo di semplificazione delle attività didattiche, specialmente per quanto riguarda la semplificazione: dell’espressione grafico-pittorica. dell’espressione corporea. della sostituzione. della complessità concettuale. Lo schermo della LIM diviene per gli alunni spazio condiviso: di calcolo e concettualizzazione autonoma. di concettualizzazione e azione indiretta. di elaborazione e azione pregressa. di elaborazione e azione diretta. La LIM scardina la centralità: della voce umana. dell’insegnante. del testo scritto. dell’allievo. Secondo l’approccio dell’Universal Design for Learning, “quello che è necessario per qualcuno, finisce per diventare utile: “per alcuni”. “per la maggioranza”. “per nessuno””. “per tutti”. L’approccio dell’Universal Design for Learning si fonda sulla consapevolezza che gli allievi hanno: abilità uguali e stili di apprendimento differenti. abilità e stili di apprendimento differenti. disabilità differenti. livelli di giudizio differenti. Secondo l’Universal Design for Learning, includere significa promuovere: tutti i portatori di disabilità. tutti gli allievi. la creatività. tutte le intelligenze. Secondo il criterio della tolleranza dell’errore, la proposta didattica è tanto più efficace quanto più è pensata per: facilitare l’espressione corporea. limitare l’insuccesso. contenere gli errori. favorire la semplificazione. I principi dell’Universal Design for Learning sono in tutto: quattro. tre. sei. due. Le linee Guida elaborare dal CAST circa l’Universal Design for Learning risalgono al: 2011. 2016. 1999. 2021. La possibilità di attività coinvolgenti e motivanti per lo studente si può attuare mediante: lavori individuali. verifiche individuali. lavori di gruppo. verifiche di gruppo. Secondo il principio “fornire molteplici mezzi per manifestare impegno”, l’apprendimento in classe è un processo di: costruzione di significato. costruzione di gruppi di lavoro. implementazione. valutazione. La direttiva del 27 dicembre 2012 pone alla scuola, per la prima volta, il problema: dei bisogni educativi speciali dei suoi allievi anche senza certificazione o diagnosi. delle criticità comportamentali dei propri allievi. della collegialità. delle scarse competenze dei suoi allievi. La persona con svantaggio socio-economico linguistico culturale, senza alcuna diagnosi: potrebbe rientrare nei BES. rientra nei BES. non rientra nei BES. è esclusa categoricamente dai BES. Come sostiene d’Alonzo, la scuola italiana possiede risorse e una notevole tradizione, sul piano inclusivo: che nessun paese al mondo possiede. inferiore quantitativamente rispetto agli altri paesi. ambigue rispetto agli altri paesi. antiquate rispetto agli altri paesi. La direttiva del 27 dicembre 2012 ha evidenziato che l'area dello svantaggio scolastico: è molto più ampia di quella riferibile soltanto alla presenza di deficit certificato. si circoscrive alla presenza di deficit certificato. è molto più ristretta di quella riferibile soltanto alla presenza di deficit certificato. è molto più specifica di quella riferibile soltanto alla presenza di deficit certificato. Se si desidera rispondere ai bisogni educativi speciali è necessario attivarsi per sviluppare le risorse: della strumentazione disponibile. dei docenti. delle scuole. degli studenti che ne sono portatori. Nei BES, l’interesse principale dei docenti va rivolto: alle difficoltà presenti. alle difficoltà latenti. alle potenzialità di ciascun studente. alle criticità dell’ambiente. La dislessia è un disturbo specifico: dell’ortografia. della lettura. del calcolo. della scrittura. La diagnosi dei DSA e' effettuata: da persone di fiducia della famiglia dell’allievo. dagli specialisti di ambito sanitario. dall’insegnante di sostegno. dagli insegnanti curriculari. I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) sono stati riconosciuti e definiti: dalla legge n. 170 dell’8 ottobre 2010. dalla legge n. 104 del 1992. dalla legge n. 517 del 1977. dalla legge n. 1859 del 1962. Nella disortografia, è compromessa la correttezza: della lettura. della scrittura. del calcolo. del ragionamento. Gli allievi con dislessia hanno difficoltà: nella comprensione del testo. nel calcolo rapido. del ragionamento. nella scrittura. Nella scuola, gli allievi che presentano disturbi specifici dell’apprendimento: sono in continua crescita. sono in diminuzione. sono rimasti numericamente invariati negli anni. sono la maggioranza. Le strategie ritenute efficaci per la comprensione del testo degli allievi con DSA si distinguono in: strategie singole e strategie multiple. strategie singole e strategie multidisciplinari. strategie statiche e strategie dinamiche. strategie semplici e strategie complesse. Le misure dispensative sono interventi che consentono all’alunno con DSA di: non svolgere alcune prestazioni. rimandare alcune prestazioni. riflettere su alcune prestazioni. svolgere alcune prestazioni. Per l’alunno con DSA, gli strumenti compensativi: sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta. sostituiscono ma non facilitano la prestazione richiesta. consentono non svolgere la prestazione. facilitano ma non sostituiscono la prestazione richiesta. Gli strumenti compensativi e le misure dispensative, a favore degli studenti con DSA, trovano la loro ragion d’essere: nei principi di individualizzazione e personalizzazione didattica. nella pratica della collegialità. nel momento della verifica e della valutazione. nel PEI (piano educativo individualizzato). S. Pinnelli (2015) suddivide gli strumenti compensativi a seconda che siano: a tecnologia multimediale o ipertestuale. a tecnologia analogica o digitale. a tecnologia personale o sociale. a bassa o alta tecnologia. Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è un disturbo: della sfera sensoriale. della sfera motoria. dell’autostima. dell’autocontrollo. Diversi autori sostengono che il deficit principale della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) sia rappresentato da difficoltà che si manifestano: nelle situazioni scolastiche ma non in quelle lavorative e sociali. nelle situazioni lavorative e scolastiche ma non in quelle sociali. nelle situazioni sociali ma non in quelle scolastiche e lavorative. sia nelle situazioni scolastiche e lavorative che in quelle sociali. Secondo alcuni autori, la caratteristica distintiva del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è: l’asocialità. la metodicità. la dinamicità. l’impulsività. Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) insorge: in epoca perinatale. in età evolutiva. nell’età adulta. in epoca prenatale. L’ipermedialità, secondo Pinnelli, favorisce l’apprendimento degli allievi con sindrome di attenzione e iperattività (ADHD): no. probabilmente. si. in parte. Rispetto alla fruizione della televisione da parte dell’alunno con deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la differenza fondamentale è data: dalla comprensione di ciò che guarda. dalla presenza di altri spettatori. dalla dimensione dello schermo. dalla tipologia del programma trasmesso. Gli allevi con sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) hanno, tra gli altri aspetti, un deficit: dell’aggressività. motivazionale. sociale. dell’autostima. Un recente impiego della tecnologia nel campo del disturbo da ADHD viene dall'utilizzo dei sistemi di: Biofeedback (BF) e Neurofeedback (NF). simulazione didattica. autoregolazione cognitiva. intelligenza artificiale. Le aree privilegiate di intervento attraverso le TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) sugli alunni con ADHD riguardano compiti: strategici, organizzativi, di memoria e di autoregolazione. attentivi, organizzativi, di memoria e di autoregolazione. attentivi, rievocativi, di memoria e di autobiografia. attentivi, organizzativi, di memoria e di autodeterminazione. È quel “complesso costrutto dell'attività cognitiva che si riferisce a delle abilità specifiche ben coordinate che, una volta apprese, permettono al soggetto di controllare il proprio comportamento senza la necessità di un supervisore esterno”. Stiamo parlando di: strategia cognitiva. funzione cognitiva. autoregolazione cognitiva. autonomia cognitiva. Una difficoltà di funzionamento della persona genera: una disabilità sensoriale. un disturbo specifico dell’apprendimento. un bisogno educativo speciale. una disabilità intellettiva. L’affermazione seguente “un bisogno educativo speciale può scaturire da moltissime combinazioni di fattori sfavorevoli per l’alunno”: corrisponde parzialmente a verità. corrisponde a verità. potrebbe corrispondere a verità. non corrisponde a verità. Nel modello di funzionamento della persona dell’OMS agli estremi superiori e inferiori si trovano: i fattori contestuali e le condizioni scolastiche. le condizioni fisiche e i fattori contestuali. le condizioni fisiche e i fattori mentali. le condizioni familiari e i fattori ereditari. Lo scopo generale della classificazione ICF è di fornire un linguaggio standard e unificato circa: la disabilità motoria. il funzionamento della persona. un bisogno educativo speciale. i disturbi specifici dell’apprendimento. La seguente definizione “insiemi pratici e significativi di funzioni fisiologiche, strutture anatomiche, azioni, compiti, o aree di vita correlate” nell’ICF si riferisce ai: fattori contestuali. domini. fattori ambientali. funzioni cognitive. I domini nell’ICF sono descritti in due elenchi principali: Funzioni e Strutture Comunicative; Attività e Partecipazione. Funzioni e Strutture Corporee; Attività e Relazione. Funzioni e Strutture Mentali; Attività e Socializzazione. Funzioni e Strutture Corporee; Attività e Partecipazione. La sigla PEI sta per: progettazione educativa incorporata. piano riabilitativo individualizzato. piano educativo individualizzato. piano educativo istituzionalizzato. Il PEI è elaborato è approvato: dal collegio dei docenti. dal team degli insegnanti di sostegno. dal GLO (Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione). dagli specialisti della patologia. Le sezioni del PEI più significative per la valorizzazione della prospettiva bio-psico-sociale sono quelle dedicate: al contesto. alle strutture mentali. ai fattori personali. alle strutture corporee. Guardare al PEI in prospettiva bio-psico-sociale significa leggere i bisogni educativi speciali in ottica di: disabilità. deficit. malattia. salute. La sigla ICF-CY identifica la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) nella sua versione specifica per: l’età adulta. i bisogni educativi speciali. l’infanzia e l’adolescenza. la disabilità intellettiva. Pensare al PEI in prospettiva bio-psico-sociale significa considerare l’allievo secondo una prospettiva: globale. settoriale. sistematica. critica. Rispetto ad un’azione, compito o funzione, quello che l’alunno è in grado di fare senza alcuna influenza di fattori contestuali, ambientali o personali, si definisce: abilità. prestazione. performance. capacità. Nella componente delle “Funzioni mentali” di ICF troviamo due domini: funzioni mentali centrali e funzioni mentali periferiche. funzioni mentali normali e funzioni mentali speciali. funzioni mentali globali e funzioni mentali specifiche. funzioni mentali semplici e funzioni mentali complesse. Tra le quattro dimensioni fondamentali del nuovo PEI non è presente: la dimensione della relazione, dell’interazione e della socializzazione. la dimensione della valutazione scolastica. la dimensione dell’autonomia e dell’orientamento. la dimensione della comunicazione e del linguaggio. Il modello di PEI voluto dal dm 182/2020 invita a strutturarlo secondo il seguente numero di dimensioni fondamentali: quattro. cinque. due. tre. La certificazione delle competenze dell’allievo portatore di disabilità è prevista al termine: della classe quinta della Scuola Primaria e della classe terza della Scuola Secondaria di primo grado. della classe terza della Scuola Secondaria di primo grado ma non della classe quinta della Scuola Primaria. non è prevista. della classe quinta della Scuola Primaria ma non della classe terza della Scuola Secondaria di primo grado. Le sezioni in cui è suddiviso il nuovo PEI sono in tutto: nove. sette. dodici. quattro. Circa gli interventi, per la scuola dell’infanzia bisogna precisare che i campi di esperienza si sviluppano ed intrecciano in: percorsi didattici e non in percorsi educativi. percorsi propedeutici e non in percorsi didattici. percorsi educativi e non in percorsi didattici. percorsi educativi e non in percorsi ludici. Il progetto individuale è redatto: dalla famiglia. dalla scuola. dalla ASL. dall’ente locale. La prospettiva bio-psico-sociale alla base di ICF identifica, nei fattori contestuali, due grandi ambiti, che interagiscono tra di loro: fattori personali e fattori sociali. fattori intrinseci e fattori estrinseci. fattori ambientali e fattori personali. fattori statici e fattori dinamici. In ambito scolastico possiamo osservare a volte fattori contestuali che hanno: soltanto la valenza di facilitatore. nessuna valenza. entrambe le valenze di facilitatore o di barriera. soltanto la valenza di barriera. Il ruolo dei fattori contestuali nell’influenzare il funzionamento e la partecipazione dello studente: non è stato ancora approfondito. è irrilevante. è ambiguo. è innegabile. Introdurre la dizione “piano educativo individualizzato-progetto di vita” significa aver compreso che occorre: ricordare che l’esistenza del soggetto portatore di disabilità non va oltre l’età della scolarizzazione. pensare l’esistenza del soggetto portatore di disabilità oltre l’età della scolarizzazione. tenere a mente che il soggetto portatore di disabilità non può fare a meno dell’aiuto degli altri. pianificare rigorosamente l’esistenza del soggetto portatore di disabilità. Il raggiungimento di una buona qualità della vita adulta si predispone a partire: dall’età della scuola secondaria di secondo grado. dall’età della scuola secondaria di primo grado. dall’età della scuola primaria. dalla prime fasi dello sviluppo. Lepri osserva che l’idea che le persone con disabilità (in particolare intellettiva) possano “diventare grandi” è : ancora ampiamente di minoranza. ormai ampiamente di maggioranza. tutta da verificare. sbagliata. Il bambino che appartiene al circuito della marginalità e del disagio sociale soffre, a scuola: di scarsa fiducia da parte del docente di sostegno. di scarsa integrazione nella classe. di nessuna situazione in particolare. di scarsa accettazione da parte dei docenti. Il soggetto marginale, rispetto alla sua sfera interiore, ha un dialogo: assiduo. proficuo. scarso. quotidiano. Il soggetto marginale è principalmente povero di: titoli di studio. relazioni umani efficaci. risorse economiche fisse. una unità abitativa di proprietà. Secondo Pines, il desiderio di un figlio, nelle situazioni di marginalità e di deprivazione, può rappresentare, in realtà, quello di prendersi cura: di un neonato. delle proprie parti “bambine”. dell’immagine di sé. di una nuova famiglia. La mancata accettazione dell’esperienza della gravidanza nelle giovani madri disagiate compromette: la frequenza scolastica. la situazione economica. il rapporto con la famiglia di origine. il rapporto madre-figlio. Uno dei maggiori problemi del ritrovarsi incinte in età adolescenziale riguarda probabilmente: la situazione economica legata a questo stato. l’elaborazione del progetto di vita. l’elaborazione emotiva di questo stato. le tensioni di coppia. La condizione di fondo del ritrovarsi incinte in età precoce, e in un contesto di disagio e marginalità sociale, è rappresentata da un sostanziale rifiuto: del momento del parto. delle regole. della gravidanza. della presenza della famiglia di origine. È stato osservato che più si è svantaggiati e più ci si allontana dalla disponibilità: al cambiamento. al dialogo con gli altri. a frequentare percorsi scolastici. ad accettarsi. Lo stereotipo, di per sé, NON: è un elemento negativo. esiste. è un elemento positivo. è un elemento importante. Occorre aiutare l’identità personale dell’adulto marginale a divenire disponibile ad accogliere: la realtà. il passato. la novità. il presente. A volte il formatore del soggetto marginale può essere inconsapevolmente vittima di: se stesso. pregiudizio. emarginazione sociale. episodi di bullismo. Nell’intervento formativo rivolto al soggetto marginale occorre ridurre la diffidenza verso la situazione: economica. familiare. di apprendimento. personale. La marginalità sociale è una forza che inibisce, tra gli altri aspetti, anche la: comunicazione. stereotipia. diagnosi. scolarizzazione. I messaggi comunicativi, rivolti al soggetto marginale, NON devono essere: ridondanti. chiari. complessi. semplici. Nei percorsi di formazione il soggetto in condizione di marginalità sociale spesso avverte uno scollamento tra gli argomenti proposti e: la loro utilità nella pratica quotidiana. il loro significato. la loro utilità a livello cognitivo. la scuola. Paradossalmente, più si è svantaggiati e più ci si allontana dalla disponibilità ad affrontare: nuovi cammini ed orizzonti. i problemi personali. nuovi cammini e persone. nuovi percorsi familiari. L’adulto in condizioni di disagio ha bisogno di progetti impegnativi, oltre: ogni sua previsione. la sua volontà. la scuola. la soglia minima. “Non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali”. Lo ha affermato. Don Lorenzo Milani. Nicola Paparella. Jerome Bruner. Bartolo Longo. Il tentativo di “puntare in alto” nella formazione degli adulti marginali trova ulteriori ostacoli: nei loro parenti. nei loro docenti. in alcune loro rigidità. in alcune loro prerogative. Ha parlato di “pensiero narrativo”. Si tratta di: M. Montessori. Bartolo Longo. J. Bruner. J. Piaget. Per P. Ricoeur, si esiste nella misura in cui si è capaci di: ribellarsi. raccontare. parlare. esprimersi. Per favorire riscatto ed emancipazione del soggetto marginale, può essere utile offrirgli: incentivi economici. racconti fantastici cui ispirarsi. modelli speciali cui ispirarsi. modelli identitari cui ispirarsi. I soggetti (adulti e bambini) marginali sono in grado di manifestare, nonostante tutto, aree di competenza: inaspettate. deficitarie. incongruenti. note. “Speciale capacità di far fronte agli eventi traumatici, di opporsi alle avversità, di superarle ed a volte persino di uscirne rafforzati, manifestando adattamento, flessibilità e capacità di contrastare le avversità, piegandole a proprio vantaggio”. Stiamo parlando di: fortuna. resilienza. impegno. progetto di vita. Per ottenere resilienza, nel gruppo in formazione il soggetto marginale: va posto accanto al formatore. va esentato dai compiti. va posto al centro. non deve rientrare. La finalità dell’intervento formativo, destinato a soggetti adulti marginali è di: incrementare il loro bagaglio lessicale. incrementare il loro bagaglio esperienziale. renderli conformi alla convivenza civile. renderli conformi alla normalità. Un fronte sul quale lavorare, per assicurare empowerment al soggetto in condizione di marginalità, è il sostegno: alla motivazione. al reddito. al linguaggio. al suo sistema familiare. Il soggetto marginale, mediante le nuove conoscenze acquisite in un percorso formativo, va ad arricchire: il suo contesto di vita. le pratiche formative. l’istituzione che rappresenta. il gruppo dei formatori. Dal punto di vista educativo, lo stato di madre sola disagiata può penalizzare anche l’esercizio della funzione: genitoriale. simbolica. riproduttiva. esecutiva. Sulla categoria delle madri sole disagiate si concentrano una serie di: eventi fortuiti. figli. partner. disagi. Le giovani madri sole disagiate risultano povere soprattutto di: validi sussidi economici. validi titoli di studio. valide soluzioni abitative. validi riferimenti affettivi. Come osserva F. Bimbi, le madri sole nubili, in passato, erano soggette ad una forte: disapprovazione sociale. depressione. considerazione sociale. empatia da parte dei familiari. I legami sentimentali di una giovane madre sola disagiata sono in genere caratterizzati: dalla presenza di violenza. dal supporto della propria madre. dall’assenza di un partner stabile. dalla presenza di un partner stabile. Le giovani madri sole disagiate rappresentano un fenomeno sociale non ancora adeguatamente analizzato anche dal punto di vista: pedagogico. psicologico. sociale. psichiatrico. Una importante risorsa per la vita della madre sola disagiata è rappresentata: dalla parentela più prossima. dai figli maggiorenni. dalla rete amicale. da alcuni sussidi economici. La rete parentale della giovane madre sola disagiata può essere al tempo stesso: affidabile e inaffidabile. utile e inutile. risorsa e fonte di problematicità. ampia e ristretta. Come evidenzia Giullari, le condizioni per imbastire un processo di reciprocità nel sostegno, per la giovane madre sola disagiata, è alquanto: possibile. immediato. facile. improbabile. Occorre impedire che si formi, nella giovane madre sola disagiata, una cultura della dipendenza come parte integrante della loro: identità. specificità. famiglia. professionalità. Una ricerca internazionale ha messo il luce come le giovani madri sole siano esposte a periodi di dipendenza dall’assistenza pubblica: alternativi. brevi. più lunghi della media. sporadici. Le forme di aiuto per le madri sole disagiate possono generare: soddisfazione. autonomia. dipendenza. indipendenza. Le due principali forme di aiuto per le madri sole disagiate sono rappresentate da: assistenza sociale pubblica e assistenza sociale privata. assistenza sociale pubblica e assistenza sociale privata. assistenza sociale pubblica e aiuti da parte di amici. assistenza sociale pubblica e sostegno della famiglia d’origine. Come avvertono E. Ruspini e F. Bimbi, la povertà femminile è sempre intrecciata ad un percorso di: incoerenza. devianza. attaccamento. dipendenza. Per favorire il destino di una giovane madre sola disagiata possono influire: condizioni soggettive e condizioni oggettive. condizioni familiari e variabili contestuali. condizioni etniche e variabili ambientali. condizioni fisiche e variabili contestuali. Bolton, Laner e Kane affermano che i bambini di una madre sola adolescente sono esposti al rischio di: malformazioni. difficoltà comportamentali. devianza. maltrattamento. La trasmissione di madre in figlia della condizione di giovane madre sola disagiata è: difendibile. non dimostrata dal punto di vista scientifico. è vera. dimostrata dal punto di vista scientifico. Il bambino in condizione di disagio sociale vive l’esperienza scolastica con forte: distacco emotivo. entusiasmo. coinvolgimento emotivo. trasporto. Crosnoe e Copper affermano che i bambini in stato di marginalità sociale, economicamente svantaggiati, a scuola ottengono: punteggi più bassi rispetto agli altri compagni. più considerazione da parte dei compagni. punteggi più alti rispetto agli altri compagni. più considerazione da parte dei docenti. La scuola frequentata dal bambino in condizione di marginalità sociale può essere il luogo in cui intercettare i suoi primi segnali: di comunicazione. di disagio. di insofferenza. di apprendimento. Il focus del disagio infantile oggi può essere legato al concetto di povertà: educativa. economica. familiare. sociale. Il fenomeno della povertà educativa non può lasciare indifferente lo sguardo: dei genitori. delle scienze sociologiche. delle scienze economiche. delle scienze pedagogiche. Nei contesti del disagio sociale, avere un solo genitore rappresenta un: ulteriore fattore di criticità. fattore ininfluente. grande punto di forza. ulteriore fattore di sostegno. La finalità dell’intervento educativo, destinato ai portatori di disagio sociale, punta allo sviluppo in loro di: resilienza. differenza. resistenza. emozione. Bisogna aiutare il soggetto in condizione di disagio sociale a prendere consapevolezza dei propri bisogni e anche delle proprie: capacità. criticità. lacune. debolezze. La complessità che caratterizza il disagio sociale richiede una condivisione ampia della responsabilità: familiare. personale. educativa. giuridica. Il passaggio dagli istituti alla comunità si è reso necessario per rendere il modello assistenziale dei portatori di disagio sociale meno: spersonalizzante. lungo. personalizzato. complesso. Il progetto educativo individualizzato viene realizzato in comunità: soltanto per i bambini stranieri. per ciascun ospite. soltanto per coloro che presentano disabilità certificata. soltanto per qualche ospite con particolari problematiche. L’èquipe dei professionisti operanti in struttura predispone, per ciascun ospite un progetto educativo: individualizzato. unico. standardizzato. globale. Rispetto alle madri inserite nelle comunità di accoglienza, l’intervento educativo intende migliorare le loro capacità: genitoriali. soggettive. ambientali. contestuali. Il problema, da parte dell’utenza, della mancata accettazione del percorso comunitario, specie in fase iniziale, è piuttosto: raro. saltuario. normale. frequente. Come ha affermato M. Zappa, “chiudere davvero gli istituti” significa soprattutto lavorare sul territorio per costruire, a favore delle famiglie, una politica: di responsabilità condivisa. di animazione sociale. di partecipazione globale. di negoziazione. Il bambino si manifesta nel mondo e struttura una propria identità mediante: il corpo e il movimento. il ruolo degli educatori. il ruolo degli insegnanti. il corpo e la sua vivacità. Alle funzioni motorie (corpo e movimento) sono collegate quelle: ambientali. fisiologiche. psichiche. organiche. Quale dei seguenti NON è un obiettivo educativo contemplato nel progetto educativo individualizzato di un bambino ospite di una comunità educativa di accoglienza: Incremento delle capacità relazionali. Miglioramento del carattere. Raggiungimento del successo scolastico. Acquisizione delle routine quotidiane. Il modello di convivenza nella comunità di accoglienza ha come riferimento: l’ambiente familiare. l’ambiente esterno. il contesto assistenziale. il contesto scolastico. La maternità deve essere una condizione: assegnata. critica. fortemente ricercata. fortemente voluta. L’intervento educativo, rispetto alla dimensione assistenziale: è successivo. è ripetitivo. è precedente. deve andare oltre. Il problema, da parte dell’utenza, della mancata accettazione del percorso comunitario, specie in fase iniziale, è piuttosto: normale. saltuario. frequente. raro. Il progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza serve per tenere attiva: la dimensione progettuale degli interventi da realizzare. la dimensione simbolica degli interventi da realizzare. la dimensione organizzativa degli interventi da realizzare. la dimensione valutativa degli interventi da realizzare. La costruzione di un progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza non può prescindere da un coinvolgimento: dell’assistente sociale. del soggetto per il quale viene realizzato. dell’ambiente comunitario ospitante. del consulente legale dell’utente. La struttura di un progetto educativo individualizzato realizzato in comunità educativa di accoglienza rimane: flessibile. coesa. conclusa. articolata. Da una comunità educativa di accoglienza occorre essere dimessi: nei primi due mesi. immutati rispetto alla fase di ingresso. mutati rispetto alla fase di ingresso. nel più breve tempo possibile. Il progetto educativo individualizzato in comunità educativa di accoglienza è previsto: Soltanto per i maggiorenni. Per tutti gli utenti accolti. Soltanto per le madri. Soltanto per i bambini. Progettare, in ambito educativo, significa riuscire ad anticipare: la risposta dell’utenza. un indicatore di valutazione. un risultato atteso. la domanda dell’utenza. “Identifica la missione educativa della struttura e descrive la sua natura sistemica”. Ci stiamo riferendo al: progetto educativo individualizzato. progetto educativo complessivo. progetto educativo contingente. progetto educativo di comunità. Il verbo “progettare” deriva dal latino proiectum, traducibile con: “progettando”. “mettersi alle spalle”. “gettare indietro”. “gettare in avanti”. Attraverso una adeguata progettazione educativa, la struttura educativa di accoglienza definisce la sua speciale: personalità. identità. sostanza. forma. Per praticare davvero percorsi di deistituzionalizzazione delle risposte di accoglienza in comunità educativa sono fondamentali: relazione e corresponsabilità. valutazione e azione. relazione e comprensione. corresponsabilità e azione. Nella pratica professionale quotidiana dell’educatore, non è più ammissibile una assenza, seppur parziale, di: progettualità. controllo. imprenditorialità. serenità. La comunità educativa di accoglienza esprime e rivendica una forte identità: terapeutica. pedagogica. istituzionale. riabilitativa. I professionisti operanti nelle comunità educative di accoglienza devono primariamente essere disposti: alla valutazione. a raccontare. alla conversazione. all’ascolto. Nella comunità educativa di accoglienza, per gli assisti, il benessere diventa una prospettiva esistenziale: scontata. già raggiunta in passato. da raggiungere. irrilevante. La comunità educativa mamma-bambino nasce dall’esigenza di non privare il piccolo della presenza di una madre: valida. molto adeguata. sola. seppur parzialmente adeguata. La teoria dell’attaccamento ha sottolineato come il legame con la madre sia il contesto privilegiato per lo sviluppo: sociale. infantile. umano. globale. Le figure professionali presenti nell’organigramma di una comunità educativa mamma-bambino sono generalmente: psicologo, pedagogista, assistente sociale. il team degli educatori professionali. coordinatore, psicologo, assistente sociale, avvocato. coordinatore, pedagogista, psicologo, assistente sociale, educatore. La normativa vigente prevede che le comunità educative abbiano a disposizione un massimo di: 25 posti. 7 posti. 20 posti. 10-12 posti. La permanenza in struttura educativa mamma-bambino è strettamente connessa al tempo necessario al raggiungimenti degli obiettivi previsti: dal servizio sociale territoriale. dal coordinatore. dal comune di residenza. dal progetto educativo individualizzato. Anche per il piccolo ospite della comunità, come per la sua mamma, va predisposto e perseguito un: progetto educativo individualizzato. piano di verifica. progetto educativo di comunità. piano di lavoro. Si auspica che la permanenza del bambino in una comunità educativa sia il più possibile: affollata. breve. vivace. sinergica. I bambini che nascono in comunità rappresentano ad oggi un fenomeno sociale: sconosciuto dal punto di vista scientifico. scarsamente indagato dal punto di vista scientifico. ampiamente conosciuto dal punto di vista scientifico. scarsamente accettato dal punto di vista scientifico. Gli allievi di origine straniera, portatori di disabilità, sono caratterizzati da doppia: potenzialità. difformità. socialità. differenza. L’attenzione pedagogica sugli allievi di origine straniera, portatori di disabilità, finora è stata: misurata. scarsa. continua. consistente. La disabilità è una variabile anche di tipo: speciale. linguistico. eccezionale. culturale. Silva sostiene che una scuola in grado di accogliere le diversità degli alunni deve necessariamente essere attenta anche alle loro: famiglie. razze. leggende. etnie. Dainese sottolinea che, nel nostro Paese, le pratiche rivolte a garantire una funzionale collaborazione con le famiglie di origine immigrata, con figli portatori di disabilità: non risultano ancora del tutto consolidate. risultano consistenti. risultato attualmente bloccate. risultano del tutto consolidate. La famiglia dell’allievo di origine immigrata, portatore di disabilità, collabora attivamente con la scuola se si percepisce come: risorsa. indipendente. autonoma. propria. Il principale ostacolo, per un proficuo rapporto scuola-famiglia dell’allievo di origine immigrata, portatore di disabilità, è rappresentato dal gap: potenziale. linguistico. grammaticale. sociale. Recenti ricerche attestano che le famiglie di origine immigrata sono caratterizzate da una condizione di: deprivazione. solitudine. maleducazione. arretratezza. La presa in carico dell’allievo portatore di disabilità è di pertinenza: dell’intera comunità scolastica. degli educatori socio sanitari. esclusiva del docente di sostegno. degli insegnanti curricolari. La famiglia dell’allievo straniero portatore di disabilità collabora attivamente con la scuola se si percepisce come: propria. autonoma. risorsa. indipendente. Secondo Ianes, la figura dell’insegnante di sostegno oggi richiede una forte: esperienza sul campo. retribuzione economica. specializzazione universitaria. dose di pazienza. Nel caso dell’allievo di origine immigrata, portatore di disabilità, è consigliabile rivedere diagnosi, piano educativo individualizzato, profilo di funzionamento tenendo conto: del carattere dell’allievo. delle indicazioni degli operatori socio sanitari. della storia del percorso migratorio dell’allievo. della capacità di risposta dell’allievo. Nella pratica didattica e osservativa, l’insegnante può essere soggetto a: stereotipi. nervosismo. vari tipi di problematiche. incomprensioni. L’osservazione scolastica dell’alunno con disabilità, proveniente da altra cultura, è funzionale anche alla realizzazione di una buona: osservazione finale. progettazione educativa individualizzata. diagnosi funzionale. valutazione finale. In alcune situazioni, la modalità di lavoro individualizzata può escludere l’allievo di altra origine culturale, portatore di disabilità: dall’autovalutazione delle sue competenze. dalla considerazione dei docenti. dalla vita della classe. dalla sua cultura di origine. La presenza di differenze e di diversità nella scuola è problema a carico: della classe interessata. dell’allievo che ne risulta portatore. del docente di sostegno. dell’intera comunità scolastica. Il tratto che più caratterizza una comunità scolastica è la sua dimensione: valutativa. inclusiva. architettonica. strumentale. |