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Title of test:
Filosofia Teoretica

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eCampus - Bonavoglia Massimilano

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ma
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Creation Date:
10/11/2022

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Number of questions: 127
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Content:
1.2 Il primo filosofo antico fu Anassimandro Talete Talete di Milèto Anassimene Andronico.
1.3 Per primo pose in questione il problema del rinvenimento dell'origine di tutte le cose archè del fine di tutte le cose archè della causa di tutte le cose archè della forma di tutte le cose archè.
1.4 Il concetto di Arché all'origine della filosofia significa principio, origine, governo astrazione, principio, governo causa, sapere, scienza ragione, logica, pensiero.
1.5 Il primum absolutum della filosofia è la concezione che ci sia un principio unico di tutte le cose la concezione che ci sia la causalità dietro ogni cosa la concezione di una finalità universale la concezione che vi sia uno spirito dietro la materia.
2.1 Il principio assoluto è per la filosofia delle origini razionale intuitivo percepibile immaginabile.
2.2 la filosofia nasce con due aspetti davvero originari: la ricerca del governo del mondo, e la sua caratterizzazione metodologica specificamente immaginaria la ricerca del governo del mondo, e la sua caratterizzazione metodologica specificamente analogica la ricerca del governo del mondo, e la sua caratterizzazione metodologica specificamente intuitiva la ricerca del governo del mondo, e la sua caratterizzazione metodologica specificamente razionale.
2.3 Il secondo principio della nascita della filosofia è che vi sia sempre una analogia rinvenibile alla base del mondo non vi sia sempre una razionalità rinvenibile alla base del mondo vi sia sempre una razionalità rinvenibile alla base del mondo vi sia sempre una finalità rinvenibile alla base del mondo.
4 per filosofia teoretica si intende l'indagine osservativa della vita dell'uomo del senso del mondo del principio primo, divino, assoluto del senso dell'essere.
7.1 In Platone l'"idea" è il risultato di una visione, sia pure intellettuale, del sentire interiore della percezione astratta del sapere scientifico del mondo dell'iperuranio.
7.2 La forma più antica della letteratura greca è la storia, dal greco "istor", che vuol dire esperienza diretta testimone oculare comprensione scientifica comprensione empirica.
7.3 Per il filosofo Calogero il senso primario per la filosofia greca è l'udito il tatto il gusto la vista.
7.4 Il termine" idea" deriva da una radice "id" del verbo greco "orao" che vuol dire sentire vedere comprendere sapere.
8.1 In effetti il termine misteri deriva da mùstoi (??????), a sua volta derivato dal verbo muo (???), che significa "coloro che serrano le braccia e strizzano gli occhi" come si fa appunto per chiudersi meglio coloro che serrano la mente e strizzano gli occhi come si fa appunto per immaginare meglio "coloro che serrano la bocca e strizzano gli occhi" come si fa appunto per vedere meglio "coloro che sentono e strizzano gli occhi" come si fa appunto per sentire meglio.
8.2 I mùstoi, cioè, sono quelli che vogliono comprendere l'incomprensibile vedere l'invisibile sentire l'inascoltabile dedurre l'indeducibile.
9 l compito primo, e tuttora ben lontano dall'esser portato a termine, della filosofia teoretica è definire lo scopo della Filosofia e il metodo della sua ricerca l'oggetto della Filosofia e il metodo della sua ricerca l'origine della Filosofia e il metodo della sua ricerca il senso della Filosofia e il metodo della sua ricerca.
10 Potremmo definire la filosofia teoretica una "filosofia della estetica" "filosofia della filosofia" "filosofia della storia" "filosofia della scienza".
11.1 Uno dei problemi fondamentali della filosofia teoretica è: Qual è la struttura ultima della realtà? Qual è la struttura evidente della realtà? Qual è la struttura causale della realtà? Qual è la struttura intellegibile della realtà?.
11.2 Un problema fondamentale della filosofia teoretica è: È possibile conoscere la forma a priori della realtà? È possibile conoscere la struttura ultima della realtà? È possibile conoscere la finalità della realtà? È possibile conoscere la struttura?.
11.3 Qualunque risposta alla domanda sulla struttura ultima della realtà sarà una antologia ontologia gnoseologia tautologia.
11.4 Qualunque risposta alla domanda sulla conoscibilità o meno della struttura ultima della realtà sarà una gnoseologia ontologia antologia tautologia.
12 Per Cartesio la struttura ultima della realtà è conoscibile partendo da un dato incerto conoscibile partendo da un dato certo inconoscibile partendo da un dato certo inconoscibile partendo da un dato incerto.
13.1 Per lo scetticismo la struttura ultima della realtà è possibile conoscibile inconoscibile impossibile.
13.2 La filosofia scettica e quella dogmatica partono dalla idea che la realtà sia ultimativamente inconoscibile o da una certezza iniziale dalla idea che la realtà sia ultimativamente conoscibile o da una certezza iniziale dalla idea che la realtà sia ultimativamente conoscibile e da una certezza iniziale dalla idea che la realtà sia ultimativamente inconoscibile o da una incertezza iniziale.
14.1 L'Eutifrone è un dialogo tipicamente aporetico scettico dogmatico sintomatico.
14.2 Nel dialogo Eutifrone si fa più volte riferimento al personaggio di Apollo Edipo Dedalo Zeus.
15.1 La caratteristica di Dedalo è quella di saper costruire statue così alte da essere visibili al difuori del dedalo statue così basse da essere invisibili statue così perfette che erano colorate statue così perfette che si muovevano come se fossero vive.
15.2 Al centro del labirinto del Dedalo era posto il Minotauro Zeus Apollo l'oracolo.
41.1 I due corni del dilemma di Eutifrone rappresentano due indirizzi di filosofia morale molto simili due indirizzi di filosofia teoretica distinti due indirizzi di filosofia morale distinti un indirizzo di filosofia morale preciso.
41.2 Il primo corno, che invita a scoprire ciò che è giusto indipendentemente dalle preferenze empiriche dei soggetti morali di riferimento, apre la strada a un'impostazione razionalista apre la strada a un'impostazione empirista apre la strada a un'impostazione teologica apre la strada a un'impostazione mistica.
42.1 La poesia per Aristotele a differenza di PLatone non va svaluta, anzi essa è superiore alla storia perché possiede un valore non conoscitivo né filosofico e semplicemente nozionistico anzi essa è superiore alla storia perché possiede un valore conoscitivo più filosofico e non semplicemente nozionistico anzi essa è inferiore alla storia perché non possiede un valore conoscitivo più filosofico e semplicemente nozionistico anzi essa è inferiore alla storia perché possiede un valore conoscitivo più filosofico e non semplicemente nozionistico.
42.2 Aristotele fa coincidere allora la produzione con la technè, che imita e porta a compimento ciò che la natura da sola non è in grado di fare che non imita e porta a compimento ciò che la natura da sola non è in grado di fare che non imita e porta a compimento ciò che la natura da sola apparentemente è in grado di fare che imita e porta a compimento ciò che la natura da sola è in grado di fare.
42.3 Per Aristotele la poiesis è la produzione che non ha il proprio fine fuori di sé, ossia nell'oggetto che essa produce la produzione che ha il proprio fine in sé, ossia nell'oggetto che essa produce la produzione che ha il proprio fine fuori di sé, ossia nell'oggetto che essa produce la produzione che ha il proprio fine vicino a sé, ossia nell'oggetto che essa produce.
42.4 Secondo Aristotele la filosofia prima studia l'essere e il suo oggetto l'essere e il non essere l'essere in quanto essere l'essere come si declina.
42.5 Secondo Aristotele le scienze pratiche hanno per oggetto ciò che appartiene allo spirito ciò che appartiene alla natura ciò che può avvenire in un modo o nell'altro ciò che è compiuto fisicamente.
42.6 Per Aristotele la praxis è l'azione che ha la propria causa in se stessa l'azione che ha il proprio fine fuori di sé l'azione che ha il proprio fine in se stessa l'azione che non ha il proprio fine in se stessa.
42.7 La scienza per Aristotele è sempre una ricerca delle logiche verità cause conseguenze.
42.8 Secondo Aristotele le scienze teoretiche hanno per oggetto il possibile il conoscibile il compatibile il necessario.
43.1 Per Aristotele Le scienze filosofiche si dividono in teoretica, pratica e poietica teoretica pratica e fisica teoretica pratica e logica teoretica logica e fisica.
43.2 Per Aristotele la filosofia teoretica è filosofia etica filosofia seconda filosofia prima filosofia politica.
43.3 Per Aristotele la matematica è filosofia teoretica filosofia logica filosofia etica filosofia politica.
43.4 Per Aristotele la fisica filosofia logica filosofia politica filosofia etica filosofia teoretica.
43.5 Per Aristotele l'etica è filosofia teoretica filosofia poietica filosofia politica filosofia pratica.
43.7 Per Aristotele la filosofia etica e quella politica non sono entrambe appartenenti alla filosofia pratica sono entrambe appartenenti alla filosofia teoretica sono entrambe appartenenti alla filosofia pratica sono entrambe appartenenti alla filosofia poietica.
43.8 Per Aristotele la filosofia teoretica è divisa in filosofia prima matematica e argomentazione filosofia prima matematica e fisica filosofia prima matematica e geometria filosofia prima logica e fisica.
44 A differenza di Platone, per Aristotele della realtà che ci circonda è possibile non soltanto una spiegazione verosimile, ma una vera e propria analogia ma una vera e propria argomentazione ma una vera e propria immagine ma una vera e propria scienza.
45 Per Aristotele la fisica è teoretica in quanto è scienza del necessario ossia di un oggetto che non può essere diverso da come è è scienza del accidente ossia di un oggetto che non può essere diverso da come è è scienza del non necessario ossia di un oggetto che può essere diverso da come è è scienza del contigente ossia di un oggetto che può essere diverso da come è.
46.1 L'opera dal titolo La Metafisica di Aristotele non è un testo unico originariamente e nemmeno un insieme di scritti di diverse età è un testo unico orignariamente ma anche un insieme di scritti di diverse età non è un testo unico originariamente bensì un insieme di scritti di diverse età è un testo unico originariamente e non un insieme di scritti di diverse età.
46.2 L'opera dal titolo La Metafisica di Aristotele è redatta per la pubblicazione ma anche per le lezioni che il maestro teneva agli allievi non è redatta per la pubblicazione bensì per le lezioni che il maestro teneva agli allievi non è redatta per la pubblicazione né per le lezioni che il maestro teneva agli allievi è redatta per la pubblicazione non per le lezioni che il maestro teneva agli allievi.
47.1 Il titolo La Metafisica pare che fosse dato da Andronico e significa i concetti dopo quelli della fisica da Andronico e significa le scienze dopo quelle della fisica da Andronico e significa i libri (le cose) dopo quelli della fisica da Aristotele e significa i libri (le cose) dopo quelli della fisica.
47.2 Ta meta in greco antico vuole anche dire prima e in origine scopo finale e trascendente essenza e forma al di sopra e oltre.
48.1 Metafisica significa anche non scienza che studia ciò che è al di sopra della fisica bensì dopo le cose fisiche scienza che studia ciò che è al di sopra della fisica ma non dopo le cose fisiche nè scienza che studia ciò che è al di sopra della fisica nè dopo le cose fisiche sia scienza che studia ciò che è al di sopra della fisica sia dopo le cose fisiche.
48.2 L'incipit famosissimo della Metafisica recita tutti gli uomini non tendono per natura alla conoscenza tutti gli uomini tendono per natura alla esperienza non tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza.
49 Aristotele trae dalla esistenza delle sensazioni e della memoria la prova che tutti gli uomini tendano a sentire e interpretare la prova che tutti gli uomini tendano a conoscere e apprendere la prova che tutti gli uomini tendano a sperimentare e vivere la prova che non tutti gli uomini tendano a conoscere e apprendere.
52 Per Aristotele la filosofia è tenuta non solo a spiegare il "che cosa" , ma anche il "perché" è tenuta solo a spiegare il "che cosa" , non il "perché" non è tenuta solo a spiegare il "che cosa" , ma anche il "come" è tenuta solo a spiegare il "che cosa".
54 Il Parmenide è un dialogo in cui Platone affronta il problema del rapporto tra l'uno ed i molti affronta il problema del rapporto tra l'uno ed il due affronta il problema del rapporto tra l'uno e la trinità affronta il problema del rapporto tra l'uno ed il nulla.
55 Nel dialogo platonico Parmenide Protagonisti sono Socrate Parmenide ed Eraclito sono Socrate Parmenide e Platone sono Socrate Parmenide e Zenone non sono Socrate Parmenide e Zenone.
56 Nel dialogo Parmenide Platone espone il concetto di compartecipazione tra le il mondo e l'universo compartecipazione tra le idee e le cose (enti) non compartecipazione tra le idee e le cose (enti) compartecipazione tra gli enti e le cose.
57 Nel dialogo Parmenide Platone espone il concetto di somiglianza tra le idee e i concetti somiglianza tra le idee e gli enti alterità tra le idee e gli enti identità tra le idee e gli enti.
58 Nel dialogo Parmenide Platone affronta più i temi di ontologia e giustizia piuttosto che quelli socratici di virtù e metafisica di ontologia e virtù piuttosto che quelli socratici di metafisica e giustizia di ontologia e metafisica piuttosto che quelli socratici di virtù e giustizia di giustizia e metafisica piuttosto che quelli socratici di virtù e ontologia.
60 Nel dialogo Parmenide Platone per spiegare il rapporto uno-molti espone tre ipotesi vere due differenti ipotesi tre identiche ipotesi tre differenti ipotesi.
61.1 Con l'argomento del terzo uomo la teoria delle idee si complica all'infinito invece di semplificare e spiegare la realtà si semplifica e spiega tutta la realtà si complica da una parte e semplifica dall'altra si identifica con la teoria parmenidea del tutto e delle sue parti.
63 Nel dialogo, Parmenide, ontologo per eccellenza, dice che se l'idea deve essere l'essenza di ogni cosa, anche l'idea di idea dovrà avere una sua idea se l'idea deve essere l'essenza di ogni cosa, anche il fango dovrà avere una sua idea se l'idea non deve essere l'essenza di ogni cosa , anche il fango dovrà avere una sua idea se l'idea deve essere l'essenza di ogni cosa, anche il fango dovrà avere una sua essenza.
64.2 Il problema nel dialogo Parmenide della separazione tra le idee e le cose sensibili tale che si pone il problema del loro rapporto con l'universale le idee e le cose sensibili tale che si pone il problema del loro rapporto da spiegare le idee e le cose ideali tale che si pone il problema del loro rapporto da spiegare le idee e le cose intellegibili tale che si pone il problema del loro rapporto da spiegare.
65.1 Il problema nel dialogo Parmenide della discontinuità tra idee e cose sensibili deriva dalla concezione delle idee che devono per forza rimanere in sè e per sè, radicalmente separate dal mondo sensibile, perchè la separazione ne preserva l'assoluta superiorità ontologica idee che devono per forza rimanere in sè e per sè, radicalmente separate dal mondo sensibile, perchè la separazione non ne preserva l'assoluta superiorità ontologica idee che non devono per forza rimanere in sè e per sè, radicalmente separate dal mondo sensibile, perchè la separazione ne preserva l'assoluta superiorità ontologica idee che devono per forza rimanere in sè e per sè, radicalmente separate dal mondo iperuranio perchè la separazione ne preserva l'assoluta superiorità ontologica.
65.2 Nel dialogo Parmenide Socrate privilegia l'aspetto assiologico delle idee, Parmenide quello logico privilegia l'aspetto assiologico delle idee, Parmenide quello teologico privilegia l'aspetto assiologico delle idee, Parmenide quello psicologico privilegia l'aspetto assiologico delle idee, Parmenide quello ontologico.
66 La dialettica nel dialogo Parmenide si sposta tra il piano oggettivo del confronto tra soggetti a quello soggettivo del confronto tra oggetti ossia le idee e gli enti si sposta tra il piano oggettivo del confronto tra soggetti a quello oggettivo del confronto tra oggetti ossia le idee e gli enti si sposta tra il piano soggettivo del confronto tra soggetti a quello soggettivo del confronto tra oggetti ossia le idee e gli enti si sposta tra il piano soggettivo del confronto tra soggetti a quello oggettivo del confronto tra oggetti ossia le idee e gli enti.
68.1 Nel Parmenide Platone mostra che sia le tesi eleatiche sia le tesi sofiste affermano l'errore perché negano la possibilità di discriminare il vero dal falso negano l'errore perché affermano la possibilità di discriminare il vero dal falso negano l'errore perché negano la possibilità di discriminare il vero dal falso negano l'errore perché negano la possibilità di discriminare il bene dal male.
68.2 Gorgia e Protagora vengono contrapposti da Platone Gorgia per l'assolutizzazione del vero e Protagora del vero Gorgia per l'assolutizzazione del vero e Protagora del falso Gorgia per l'assolutizzazione del falso e Protagora del vero Gorgia per l'assolutizzazione del falso e Protagora del falso.
68.3 Gorgia e Protagora vengono contrapposti da Platone a proposito del giusto e dell'ingiusto a proposito del sapere e del non sapere a proposito del essere e del non essere a proposito del Vero e del Falso.
70.1 Le due origini dei nomi degli enti nel Parmenide di Platone sono per attribuzione convenzionale oppure per natura che dall'essenza ricava il nome dell'oggetto per attribuzione convenzionale oppure per convenzione che dall'essenza ricava il nome dell'oggetto per non attribuzione convenzionale oppure per natura che dall'essenza ricava il nome dell'oggetto per attribuzione essenziale oppure per natura che dall'essenza ricava il nome dell'oggetto.
70.2 Nel Parmenide Platone a proposito della origine "katà fusin" e "katà nomon" dei nomi delle cose sceglie la seconda esclude entrambe sceglie di riconoscere entrambe le derivazioni sceglie la prima.
73 L'argomento del terzo uomo contro la teoria di Platone pare fosse condiviso anche da Socrate Eraclito Parmenide Aristotele.
74 .1 Gadamer sostiene che l'interpretante può accedere all'interpretato solo tramite una serie di «precomprensioni» o di «pre-giudizi» tramite una serie di «presentimenti» o di «pre-giudizi» tramite una serie di «presupposizioni» o di «pre-giudizi» tramite una serie di «previsioni» o di «pre-giudizi».
74.2 Per circolo ermeneutico si intende una situazione circolare, in base alla quale ciò che si deve definire è già in parte dato dalla percezione sensibile una situazione circolare, in base alla quale ciò che si deve comprendere è già in parte compreso una situazione circolare, in base alla quale ciò che si deve comprendere è già in parte analizzato teoreticamente una situazione circolare, in base alla quale ciò che si deve comprendere è già in parte percepito empiricamente.
74.4 Per Heidegger come per Gadamer il circolo ermeneutico è un circolo vizioso non è un circolo vizioso è un circolo virtuoso non è un circolo virtuoso.
75.1 Per Heidegger come per Gadamer il circolo ermeneutico non è da accogliere bensì da estromettere dalla coscienza per non farsi giocare dalla precomprensione predeterminante l'interpretazione è da evitare, così da ricomprendere nella coscienza per non farsi giocare dalla precomprensione predeterminante l'interpretazione non è da evitare, bensì da ricomprendere nella coscienza per non farsi giocare dalla presuccessiva comprensione determinante l'interpretazione non è da evitare, bensì da ricomprendere nella coscienza per non farsi giocare dalla precomprensione predeterminante l'interpretazione.
75.2 Con Gadamer l'interpretazione resasi consapevole delle proprie precomprensioni non rivede esse stesse alla luce dell'"urto" con ciò che va interpretato (l'opera da studiare) rivede esse stesse alla luce dell'"urto" con ciò che non va interpretato (l'opera da studiare) rivede esse stesse alla luce dell'"urto" con ciò che va interpretato (l'opera da studiare) non rivede esse stesse alla luce dell'"urto" con ciò che non va interpretato (l'opera da studiare).
76.1 Con Gadamer, invece di rimanere avviluppato nella ragnatela soggettiva delle sue pre-comprensioni, l'interpretante, in seguito all'impatto con l'interpretato, si vede costretto a "sottrare dalla prova" la legittimità delle proprie anticipazioni in seguito all'impatto con l'interpretato, si vede costretto a "mettere alla prova" la legittimità delle proprie anticipazioni in seguito all'impatto con l'interpretato, si vede costretto a rinunciare alla prova" la legittimità delle proprie anticipazioni in seguito all'impatto con l'interpretato, non si vede costretto a "mettere alla prova" la legittimità delle proprie anticipazioni.
76.2 Il circolo ermeneutico non comporta una chiusura dell'interpretante in se stesso, ma una sua programmatica consapevolezza e coscienza dell'«alterità del testo» ma una sua programmatica chiusura rispetto all'«alterità del testo» ma una sua programmatica apertura all'«alterità del testo» ma una sua programmatica estrapolazione della «alterità del testo».
77.1 Tuttavia in Gadamer è indispensabile la verifica della eventuale adeguatezza delle proprie presupposizioni con la coscienza del testo della eventuale adeguatezza delle proprie presupposizioni con l'alterità del testo della eventuale inadeguatezza delle proprie presupposizioni con la propria coscienza della eventuale adeguatezza delle proprie presupposizioni con la propria coscienza.
77.2 Invece di una mente che cerchi la neutralità con Gadamer si ha una coscienza ermeneuticamente educata cioè consapevole della alterità di se stessa una coscienza ermeneuticamente connotata cioè astratta dai propri pregiudizi una coscienza ermeneuticamente neutrale in quanto consapevole dei propri pregiudizi una coscienza ermeneuticamente educata cioè consapevole dei propri pregiudizi.
78 La teoria del circolo ermeneutico si configura come una significativa attestazione del carattere storico e infinito della razionalità umana una significativa attestazione del carattere storico-finito della razionalità umana una significativa attestazione del carattere storico-finito della precomprensione umana una significativa attestazione del carattere antistorico e infinito della razionalità umana.
79 Secondo Gadamer l'idea illuministica e baconiana secondo cui i pregiudizi siano sempre falsi è da ritenersi sempre invalida è a sua volta "un pregiudizio contro il pregiudizio" è da ritenersi sempre valida è da ritenersi non sempre valida.
81 Parallelamente all'opera di riabilitazione dei pregiudizi, Gadamer ha tentato una riabilitazione filosofica dell'idea di autorità una modalità psicologica e logica oltre che filosofica per prevenire l'idea di autorità una modalità razionale e filosofica per liberarsi dell'idea di autorità una eliminazione filosofica dell'idea di autorità.
82.1 Con Gadamer l'autorità si basa su una libera scelta della ragione dell'individuo, che, conscio dei suoi limiti, concede maggior fiducia al proprio giudizio e pregiudizio che, conscio dei suoi limiti ora superati, non concede fiducia al miglior giudizio altrui che, conscio dei suoi limiti, concede fiducia al miglior giudizio altrui che, conscio degli altrui limiti, non ha più bisogno di concedere fiducia al miglior giudizio altrui.
82.2 Per Gadamer la vera autorità non ha bisogno di affermarsi non ha bisogno di affermarsi in modo autoritario (autoritarismo) ha bisogno di affermarsi in modo autoritario (autoritarismo) ha bisogno di affermarsi.
83.1 Il chiamarsi fuori dalla tradizione per Gadamer è un'illusione in quanto la tradizione non fa smepre parte della sostanza storica dell'essere dell'uomo una certezza razionale in quanto la tradizione fa parte della sostanza storica dell'essere dell'uomo un'illusione in quanto la tradizione fa parte della sostanza storica dell'essere dell'uomo un'illusione in quanto la tradizione fa parte della sostanza razionale dell'uomo.
83.2 Per Gadamer sia la critica illuministica alla tradizione, sia la sua riabilitazione romantica non colgono la verità della sua essenza storica non colgono la verità della sua essenza storica ma solo razionale colgono la verità della sua essenza storica in modi differenti sono entrambe da riabilitare.
84.1 Secondo Gadamer, il lavoro ermeneutico implica una "tensione" tra essere e non essere implica una "tensione" tra storia e futuro implica una "tensione" tra razionalità e irrazionalità implica una "tensione" tra estraneità e familiarità.
84.2 Se l'interpretandum fosse completamente estraneo, l'impresa ermeneutica non sarebbe razionalmente inaccettabile, mentre se non fosse completamente familiare, non avrebbe senso lo sforzo pre-interpretativo l'impresa ermeneutica sarebbe sempre riuscita, mentre se fosse completamente familiare, avrebbe senso lo sforzo interpretativo l'impresa ermeneutica sarebbe condannata al successo mentre se fosse completamente familiare, non avrebbe senso lo sforzo interpretativo l'impresa ermeneutica sarebbe condannata allo scacco, mentre se fosse completamente familiare, non avrebbe senso lo sforzo interpretativo.
84.3 Di conseguenza, si deve ammettere che l'interpretandum, rispetto all'interpretans, risulta estraneo e non familiare rispetto all'interpretans, risulta non estraneo bensì familiare rispetto all'interpretans, risulta né estraneo né familiare alla coscienza rispetto all'interpretans, risulta estraneo e familiare nello stesso tempo.
85.1 in Gadamer la «lontananza temporale» tra interpretante e interpretato non è un abisso vuoto, ma uno spazio svuotato dalla tradizione è un abisso ma non vuoto, uno spazio parzialmente riempito dalla tradizione è un abisso vuoto, uno spazio incolmabile dalla sola tradizione non è un abisso vuoto, ma uno spazio riempito dalla tradizione.
85.2 Il concetto di «storia degli effetti» (Wirkungsgeschichte), allude al fatto che l'interprete può accingersi al compito interpretativo solo sulla base di una serie di interpretazioni già date l'interprete non può accingersi al compito interpretativo solo sulla base di una serie di interpretazioni ancora non date l'interprete può accingersi al compito interpretativo solo sulla base di una serie di interpretazioni mai date l'interprete non può accingersi al compito interpretativo solo sulla base di una serie di interpretazioni già date.
87 La coscienza storica deve prender consapevolezza del fatto che nella pretesa immediatezza con la quale essa si mette davanti all'opera o al dato storico, agisce anche sempre, sebbene pienamente consapevole e quindi controllata, questa struttura della storia degli effetti agisce anche sempre, sebbene inconsapevole e quindi non controllata, questa struttura razionale del sapere astratto dalle passioni agisce anche sempre, sebbene inconsapevole e quindi non controllata, questa struttura della storia degli effetti può agire secondo i casi anche, sebbene inconsapevole e quindi non controllata, questa struttura della storia degli effetti.
88.1 Il principio della «storia degli effetti» Wirkungsgeschichte trova corrispondenza nella «coscienza della determinazione storica», ossia non nella consapevolezza della nostra storicità costitutiva, bensì del nostro non essere esposti agli effetti della storia «coscienza della determinazione storica», ossia nella consapevolezza della nostra storicità costitutiva, o del nostro essere esposti agli effetti della storia «coscienza della determinazione storica», ossia nella inconsapevolezza della nostra storicità costitutiva, o del nostro essere esposti agli effetti della storia «coscienza della determinazione storica», ossia nella consapevolezza della nostra storicità costitutiva, o del nostro non essere esposti agli effetti della storia.
88.2 la coscienza della storicità, ci impedisce di studiare la storia (come in fondo voleva lo storicismo ottocentesco) da un preteso punto di vista prestorico e quindi, di fatto, metastorico da un preteso punto di vista "neutrale" e quindi, di fatto, storico da un preteso punto di vista storico e quindi, di fatto, non metastorico da un preteso punto di vista "neutrale" e quindi, di fatto, metastorico.
89. L'incontro ermeneutico per Gadamer non consiste dunque in un ingenuo tentativo di mettere tra parentesi se stessi e il proprio passato, ma in una «fusione dei presenti» in virtù della quale il proprio presente non è annullato, ma posto al servizio della comprensione del tempo altrui in un ingenuo tentativo di mettere tra parentesi se stessi e il proprio presente, ma in una «fusione della storicità» in virtù della quale il proprio tempo è annullato, e quindi posto al servizio della comprensione del tempo altrui in un ingenuo tentativo di mettere tra parentesi se stessi e il proprio presente, ma in una «fusione di orizzonti» in virtù della quale il proprio tempo non è annullato, ma posto al servizio della comprensione del tempo altrui in un ingenuo tentativo di mettere tra parentesi se stessi e il proprio presente, ma in una «fusione di orizzonti» in virtù della quale il proprio tempo è annullato, e posto al servizio della comprensione del tempo altrui.
90. Gadamer esemplifica il concetto di «fusione degli orizzonti» tramite la composizione tra Schleiermacher ed Hegel tramite la contrapposizione tra Aristotele ed Hegel tramite la contrapposizione tra Platone ed Hegel tramite la contrapposizione tra Schleiermacher ed Hegel.
91. L'attività ermeneutica assume per Gadamer la forma di un dialogo tra presente e passato quindi il testo, che nasce come risposta a una domanda, ci pone a sua volta determinate domande e noi, sollecitati dal suo interrogare, poniamo a esso nuovi interrogativi, nell'ambito di un processo infinito, nel corso del quale ogni risposta si configura come una nuova domanda quindi il testo, che nasce come risposta a una domanda, ci pone a sua volta determinate domande e noi, sollecitati dal suo interrogare, poniamo a esso nuovi interrogativi, nell'ambito di un processo finito, nel corso del quale ogni risposta si configura come una nuova domanda quindi il testo, che nasce come risposta a una domanda, ci pone a sua volta determinate domande e noi, sollecitati dal suo interrogare, poniamo a esso nuovi interrogativi, nell'ambito di un processo infinito, nel corso del quale ogni domanda si configura come una nuova domanda quindi il testo, che nasce come risposta a una domanda, ci pone a sua volta determinate domande e noi, sollecitati dal suo interrogare, poniamo a esso nuovi interrogativi, nell'ambito di un processo infinito, nel corso del quale ogni risposta si configura come una nuova risposta.
92.1 Gadamer dichiara che l'uomo può sempre trascendere i propri limiti e la propria storicità in direzione di un sapere totale e concluso non può quasi mai trascendere i propri limiti e la propria storicità in direzione di un sapere totale e concluso non può mai trascendere i propri limiti e la propria storicità in direzione di un sapere totale e concluso non può mai trascendere i propri limiti e la propria storicità in direzione di un sapere relativo e aperto.
92.2 Per Gadamer il nostro sapere storico-ermeneutico è (e rimane) strutturalmente parziale e costitutivamente chiuso cioè inevitabilmente finito è (e rimane) strutturalmente totale e costitutivamente aperto, cioè inevitabilmente infinito è (e rimane) strutturalmente parziale e costitutivamente aperto, cioè inevitabilmente finito è (e rimane) strutturalmente parziale e costitutivamente chiuso cioè inevitabilmente infinito.
92.3 Gadamer d'accordo con Hegel nel sottolineare la storicità del nostro essere, condivide la rivendicazione kantiana della finitudine del nostro sapere condivide la rivendicazione kantiana della finitudine del nostro non sapere condivide la rivendicazione kantiana della infinitudine del nostro non sapere condivide la rivendicazione kantiana della infinitudine del nostro sapere.
92.4 In Gadamer i concetti di «coscienza della determinazione storica» e di «fusione degli orizzonti» escludono programmaticamente la possibilità di un sapere assoluto escludono programmaticamente la possibilità di un sapere razionale escludono programmaticamente la possibilità di un sapere logico escludono programmaticamente la possibilità di un sapere relativo.
93.1 Gadamer mostra come tutti i caratteri dell'esperienza ermeneutica esistano solo in virtù del linguaggio ma non come linguaggio tutti i caratteri dell'esperienza ermeneutica esistano solo in virtù del linguaggio e come linguaggio tutti i caratteri dell'esperienza ermeneutica non esistano solo in virtù del linguaggio e come linguaggio tutti i caratteri dell'esperienza ermeneutica esistano solo in virtù del linguaggio e come metalinguaggio.
93.2 Il legame tra la cosa e la parola che la designa è per Gadamer accidentale o puramente convenzionale accidentale ma mai puramente convenzionale non accidentale o puramente convenzionale mai accidentale ma puramente convenzionale.
94 Per Gadamer l'essere è linguaggio, ossia tutte le forme di vita sono linguaggio e come tali non possono venir esperite e comprese ossia tutte le forme di vita sono linguaggio e come tali non solo possono venir esperite e comprese ossia tutte le forme di vita sono linguaggio e come tali possono venir esperite e comprese ossia tutte le forme di vita non sono solo linguaggio e come tali possono venir esperite e comprese.
95.1 Per Gadamer la identificazione dell'essere con il linguaggio rappresenta la condizione stessa dell'ermeneutica infatti dire che l'essere è linguaggio significa dire che l'essere in generale e l'essere umano in particolare è interpretazione infatti dire che l'essere è linguaggio significa dire che l'essere in generale e l'essere umano in particolare non è mai interpretazione infatti dire che l'essere è linguaggio significa dire che l'essere in generale e l'essere umano in particolare non è solo interpretazione infatti dire che l'essere è linguaggio non significa dire che l'essere in generale e l'essere umano in particolare è interpretazione.
95.2 In Gadamer l'equazione essere = linguaggio = interpretazione non giustifica l'idea di un autodisvelamento dell'essere nel linguaggio e nell'interpretazione suggerisce l'idea di un disvelamento dell'essere e del linguaggio nell'interpretazione non suggerisce l'idea di un autodisvelamento dell'essere nel linguaggio e nell'interpretazione suggerisce l'idea di un autodisvelamento dell'essere nel linguaggio e nell'interpretazione.
39 Nel dialogo Eutifrone il problema della circolarità tra ciò che è caro agli Dei e la ragione del perché sia caro si perdono ciò che è caro agli Dei e la ragione del perché sia caro non si spiegano ciò che è caro agli Dei e la ragione del perché sia caro si ritrovano circolarmente ciò che è caro agli Dei e la ragione del perché sia caro si spieagno circolarmente.
40 I corni del dilemma riguardano il perché l'hosion è l'origine del mondo il perché l'hosion è l'origine degli dei il perché l'hosion è l'origine del bene il perché l'hosion è caro agli dei.
43.6 Per Aristotele la filosofia poietica è una particolare filosofia pratica è una particolare filosofia politica non è filosofia pratica è una particolare filosofia teoretica.
43.9 Per Aristotele la poietica è distinta dalla pratica subordinata alla pratica parte della pratica sovraordinata alla pratica.
50.1 Dalla memorizzazione delle esperienze, a differenza degli animali, secondo Aristotele gli uomini sono in grado di produrre la manufatti, formando utensili per la vita quotidiana gli uomini sono in grado di produrre la scienza e la tecnica, formando giudizi specifici a partire da casi individuali gli uomini sono in grado di produrre la scienza e la fisica formando giudizi generali a partire da casi individuali gli uomini sono in grado di produrre la scienza e la tecnica, formando giudizi generali a partire da casi individuali.
50.2 Per Aristotele l'esperienza unitamente alla memoria non sono la base della conoscenza come connaturata all'uomo sono la base della conoscenza come connaturata alla sapienza universale sono la base della conoscenza come connaturata a Dio sono la base della conoscenza come connaturata all'uomo.
61.2 Nel dialogo Parmenide Platone per spiegare la teoria delle idee si imbatte nella argomentazione aporetica del terzo uomo si imbatte nella argomentazione logicamente efficace del terzo uomo si imbatte nella argomentazione aporetica del terzo uomo che spiega sillogisticamente la teoria delle idee si imbatte nella argomentazione aporetica del secondo uomo.
61.3 Nel dialogo Parmenide Platone esplora l'argomentazione del terzo uomo secondo la quale tra l'idea di uomo e tutti gli uomini esistenti fisicamente deve esserci un che di comune, ossia un terzo uomo che faccia da collante logico, e così tutti si spiega secondo la quale tra l'idea di uomo e tutti gli uomini esistenti fisicamente deve esserci un che di comune, ossia un terzo uomo che faccia da collante logico, rispetto al quale si moltiplica all'infinito questo processo secondo la quale tra l'idea di uomo e tutti gli uomini esistenti fisicamente deve esserci un che di comune, ossia un terzo uomo che faccia da collante logico, rispetto al quale si moltiplica una sola volta questo processo secondo la quale tra l'idea di uomo e tutti gli uomini esistenti fisicamente deve esserci un che di comune, ossia un terzo uomo che faccia da collante logico, rispetto al quale si moltiplica all'infinito questo processo e dunque tutti si spiega.
64.1 Nel Parmenide, Platone mostra il conflitto tra valenza assiologica e valenza ontologica nel caso della idea di fango o sporcizia di cui la sporcizia è composta valenza assiologica e valenza ontologica nel caso della idea di fango o sporcizia di cui la sporcizia è modello valenza assiologica e valenza ontologica nel caso della idea di fango o sporcizia di cui la sporcizia partecipa valenza assiologica e valenza ontologica nel caso della idea di fango o sporcizia di cui la sporcizia è immagine.
65.3 Secondo il piano assiologico nel Parmenide di Platone si dice che l'idea di sporcizia dovrebbe esistere essendo compatibile con la perfezione, ma su quello ontologico non deve esistere un'idea per ogni ente che l'idea di sporcizia non dovrebbe esistere essendo poco compatibile con la perfezione, ma su quello ontologico deve esistere un'idea per ogni ente che l'idea di sporcizia non dovrebbe esistere essendo poco compatibile con la perfezione, ma su quello ontologico non deve esistere un'idea per ogni ente che l'idea di sporcizia dovrebbe esistere essendo poco compatibile con la perfezione, ma su quello ontologico deve esistere un'idea per ogni ente.
65.4 Nel dialogo Parmenide si parla del problema del rapporto tra l'uno e i molti, e quindi tra l'idea e gli intellegibili che vi si approssimano l'uno e gli ideali, e quindi tra l'idea e gli enti che vi si approssimano l'uno e i sensi, e quindi tra l'idea e gli enti che vi si approssimano l'uno e i molti, e quindi tra l'idea e gli enti che vi si approssimano.
74.3 Gadamer riconosce ad Heidegger il merito d'aver riconosciuto la razionale eludibilità del circolo ermeneutico, valutandolo un plus e non un minus dell'interpretandum il merito d'aver riconosciuto l'ineludibilità del circolo ermeneutico, valutandolo un plus e non un minus dell'interpretandum il merito d'aver riconosciuto l'ineludibilità del circolo ermeneutico, valutandolo un minus e non un plus dell'interpretandum il merito d'aver riconosciuto la irrazionale eludibilità del circolo ermeneutico, valutandolo un plus e non un minus dell'interpretandum.
51.1 Per Aristotele la sofia è l'unica forma di sapere libero in quanto non subordinato ad altro è l'unica forma di sapere intellettuale in quanto non subordinato ad altro è l'unica forma di sapere libero in quanto subordinato ad altro è l'unica forma di sapere non libero in quanto non subordinato ad altro.
51.2 Per Aristotele la sofia è il sapere subordinato a fini interni ad essa è il sapere subordinato a fini esterni ad essa è il sapere non subordinato a fini interni ad essa è il sapere non subordinato a fini esterni ad essa.
51.3 In Aristotele la tecnica produce una conoscenza libera e interessata a fini esterni ad essa libera in quanto interessata a fini esterni ad essa non libera in quanto non interessata a fini esterni ad essa non libera in quanto interessata a fini esterni ad essa.
51.4 La conoscenza cui si giunge con la tecnica è per Aristotele interessata, ovvero sovraordinata ad una utilità interessata, ovvero subordinata ad una inutilità non interessata, ovvero subordinata ad una utilità interessata, ovvero subordinata ad una utilità.
51.5 Per Aristotele la tecnica è il conoscere per l'utile e in ciò risiede il suo miglior pregio il conoscere per l'utile e in ciò risiede il suo limite il conoscere per il conoscere e in ciò risiede il suo limite il conoscere per l'utile e in ciò non risiede il suo limite.
51.6 Il sapere della tecnica per Aristotele è superiore al sapere per esperienza è inferiore al sapere per esperienza è superiore al sapere non per esperienza non è superiore al sapere per esperienza.
51.7 Le tecniche non sono al vertice delle scienze in quanto hanno come scopo la non utilità non hanno come scopo l'utilità hanno come scopo l'inutilità hanno come scopo l'utilità.
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