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legisl. e cert.

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legisl. e cert.

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E.c. scienze n.u.

Creation Date: 2025/03/13

Category: Others

Number of questions: 150

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La legislazione alimentare è. Le leggi, i regolamenti, le disposizioni amministrative che riguardano gli alimenti e la loro sicurezza. Corrisponde alla nozione di diritto al cibo. E’ la food security. Riguarda solo le norme penali e le relative sanzioni per chi viola le norme in materia di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti.

L’alimento. Anche i mangimi in quanto alimenti destinati alla nutrizione degli animali. E' un prodotto trasformato (totalmente o parzialmente) o non trasformato destinato ad essere ingerito dagli esseri umani. Non può mai essere considerato alimento un animale vivo. E' un prodotto vegetale anche prima della raccolta.

Nella nozione di alimento non sono ricompresi. Le gomme da masticare. L’acqua. Le sostanze utilizzate nel corso della preparazione dell’alimento. I vegetali prima della raccolta.

Food safety significa. Solo sicurezza informativa. Solo sicurezza igienico-sanitaria. Sicurezza degli alimenti sia dal punto di vista igienico-sanitario che da quello informativo. Sicurezza di avere cibo a sufficienza.

Il diritto alimentare. Non è una materia interdisciplinare. E’ lo stadio precedente alla legislazione alimentare e si riferisce alla materia prima della sua sistematizzazione. Coincide con la nozione di legislazione alimentare disciplinata dall’art 3 del General food law. Stabilisce le regole di produzione e commercializzazione degli alimenti.

Il diritto al cibo è stato sancito a livello normativo per la prima volta. Dal Patto sui diritti economici, sociali e culturali del 1966. Dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Nel corso della Conferenza FAO – OMS del 2014. Dalle Costituzioni di alcuni Stati sud-americani ed africani.

04. Food security significa. Solo sicurezza igienico-sanitaria. Sicurezza informativa. Sicurezza alimentare, ossia sicurezza di avere cibo a sufficienza. Sicurezza degli alimenti.

L’impresa alimentare. Va individuata in base alle caratteristiche soggettive dell’imprenditore. E’ solo l’impresa che si occupa di trasformare e distribuire alimenti. E’ un soggetto, pubblico o privato, anche senza scopo di lucro, che si occupa di produrre, trasformare, distribuire alimenti. E’ una specie della nozione più ampia di impresa prevista dal Codice Civile italiano.

La nozione di impresa alimentare. Coincide con la definizione economica di impresa. Ricomprende anche la preparazione di alimenti per uso privato domestico. Coincide con la nozione giuridica di impresa prevista nel Codice Civile italiano. E’ più ampia rispetto alla definizione giuridica di impresa presente nel Codice Civile italiano.

Nella nozione di impresa alimentare. Non rientrano le feste paesane. E’ coinvolta anche l’impresa mangimistica. E’ coinvolta anche l’attività agricola in quanto si occupa di produzione primaria. E’ coinvolta solamente l’impresa che produce o distribuisce alimenti per scopo di lucro.

Chi è considerato operatore del settore alimentare?. La persona, fisica o giuridica, che deve garantire il rispetto delle disposizioni sulla legislazione alimentare dell’impresa posta sotto il suo controllo. Solo l’imprenditore del settore alimentare. Solo il dipendente di un’impresa alimentare che sia posto a capo di un reparto dell’impresa stessa. Esclusivamente la persona fisica che controlla un’impresa alimentare.

Nella grande distribuzione organizzata, operatore del settore alimentare può essere. Solo il titolare dell’impresa. Il dipendente o il capo reparto solo per il fatto di lavorare all’interno di un’impresa della grande distribuzione organizzata. Solo il capo reparto. Il dipendente a cui è stata assegnata una specifica mansione attraverso la delega di funzioni.

Il consumatore “medio” è. Il consumatore anche disinformato perchè gli alimenti devono trasmettere tutte le informazioni attraverso l’etichettatura. Il consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento e accorto. Anche un altro operatore del settore alimentare che utilizzerà il prodotto alimentare per trasformarlo. Il consumatore che si è accuratamente informato e che sta particolarmente attento a ciò che acquista.

La nozione di consumatore. E’ stata prevista dal Trattato sul Funzionamento dell’UE. E’ stata prevista dal Codice del Consumo italiano. Può riguardare anche i rapporti tra due professionisti (B2B). Non è prevista da nessuna atto normativo nè interno nè unionale.

La nozione di consumatore di un prodotto alimentare. Corrisponde alla nozione di consumatore prevista dal Codice del Consumo. Non può essere considerato il consumatore finale. Non può essere considerato il consumatore medio. E’ una nozione parzialmente diversa da quella di consumatore prevista dal Codice del Consumo.

La comunicazione del rischio. Consiste nello scambio interattivo di informazioni e pareri riguardanti gli elementi di rischio tra i consumatori e le imprese interessate. Consiste nell’informazione ai consumatori fornita dalla Commissione europea e dallo Stato membro interessato. Consiste nell’informazione ai consumatori fornita da EFSA. Consiste nello scambio interattivo di informazioni e pareri riguardanti gli elementi di rischio tra i responsabili della valutazione del rischio, i responsabili della gestione del rischio, i consumatori e le imprese interessate.

La valutazione sul fatto che un alimento sia a rischio. Spetta all’EFSA e alla Commissione europea. Spetta esclusivamente alla Commissione europea. Spetta all’EFSA, alla Commissione europea e allo Stato membro interessato. Spetta esclusivamente all’EFSA.

La nozione di alimento non conforme. Riguarda solo la sicurezza igienico-sanitaria. Può riguardare sia la sicurezza igienico-sanitaria, sia la sicurezza informativa, sia la sicurezza nutrizionale. Riguarda solo la sicurezza informativa e nutrizionale. E’ una nozione espressamente sancita dai paragrafi 7 e 9 dell’art. 14 del regolamento 178/2002.

L’analisi del rischio nella legislazione alimentare. E’ un processo costituto da: valutazione, gestione, comunicazione del rischio. E’ un processo gestito solo dalla Commissione europea. Non è fondata su basi scientifiche ma su supposizioni. E’ un processo gestito solo dalle autorità sanitarie nazionali.

La gestione del rischio. Spetta alla Commissione europea e anche agli Stati membri. Spetta all’EFSA. Spetta esclusivamente alla Commissione europea. Spetta all’EFSA, alla Commissione europea e allo Stato membro interessato.

Gli alimenti a rischio non possono essere immessi nel mercato. Solo se risultano dannosi per la salute dell’uomo. Perché possono essere inadatti al consumo umano pur non essendo dannosi per la salute. Solo se sia stato provato che la partita/lotto di cui fanno parte è risultata essere dannosa. Solo se sia scientificamente provato che siano dannosi per la salute dell’uomo.

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Ha sede a Roma. E’ stata istituita a con il Regolamento n. 178/202. Ha poche funzioni circoscritte e ben definite in ambito alimentare. E’ un’Autorità politica collegata alla Commissione europea.

L’EFSA. E’ un’autorità controllata dalla Commissione europea. E’ un’autorità internazionale che non fa parte del sistema unionale. E’ un’autorità chiamata ad emettere pareri di tanto in tanto e non ha un ruolo particolarmente importante nel sistema della sicurezza alimentare europeo. E’ un’autorità indipendente.

Il principio di precauzione. E’ sancito esclusivamente dall’Unione Europea. E’ sancito solo dal diritto internazionale nell’ambito del WTO; l’Unione Europea l’ha solamente recepito. E’ sancito solo dal diritto internazionale nell’ambito del WTO; l’Unione Europea l’ha solamente recepito E’ un principio di origine giurisprudenziale individuato dai Panel e dall’Appellate Body del WTO. E’ sancito sia dal diritto internazionale che dal diritto dell’Unione Europea.

Il principio di precauzione è sancito espressamente nell’ambito del WTO?. Si, è sancito espressamente dall’art. 5, par. 7 dell’Accordo SPS. Si, è sancito espressamente dall’art. 5, par. 7 dell’Accordo SPS. Si ma non nell’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (c.d. SPS). No, però nel caso in cui le prove scientifiche non siano sufficienti, uno Stato membro può adottare misure temporanee sulla base delle informazioni disponibili.

Il principio di precauzione. E’ un principio sancito solo dalla giurisprudenza. Trae la propria origine dal diritto ambientale inglese. E’ stato enucleato e sancito per la prima volta dall’art. 7 del regolamento 178/2002. Prevede l’adozione di misure provvisorie per garantire la salute del consumatore in mancanza di certezza scientifica sulla dannosità o meno di un alimento.

Il principio di precauzione nel Regolamento (CE) n. 178/2002. E’ un principio che era già stato codificato prima dell’entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 178/2002. Fu previsto a seguito del caso della “mucca pazza”. Era già stato codificato quando si verificò il caso della “mucca pazza”. E’ un principio che non ha alcuna attinenza col caso della “mucca pazza”.

01. La rintracciabilità degli alimenti. E’ stata stabilita dall’Organizzazione Mondiale del Commercio. Riguarda tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di un prodotto alimentare. Non è espressamente indicata nel regolamento 178/2022. E’ stabilita dalla legislazione alimentare nazionale.

Il sistema di allarme rapido (RASFF). Vi partecipano solo Stati membri dell’Unione Europea. E’ un sistema avente carattere esclusivamente scientifico. E’ stato istituito per la prima volta dal regolamento 178/2002. E’ una rete per lo scambio repentino di informazioni in caso di rischio derivante dal consumo di alimenti.

Perchè è necessario regolamentare la produzione alimentare?. Perchè gli alimenti sono merci che possono circolare liberamente nel mercato dell’UE e il mercato deve garantire dei diritti. Perchè così si possono controllare meglio i consumatori. Perchè in tutti gli Stati del mondo la produzione alimentare è regolamentata. Perchè è vantaggioso per le imprese del settore alimentare.

La legislazione sugli alimenti. E’ molto frastagliata e disciplinata sia da fonti normative pubblicistiche che privatistiche. E’ un corpus organico. E’ fondata soprattutto sulla consuetudine. E’ soggetta quasi esclusivamente alle norme giuridiche dell’UE.

La giurisprudenza. Non ha alcuna rilevanza all’interno del sistema delle fonti del diritto. Finora non ha avuto alcun ruolo importante all’interno del sistema delle fonti del diritto alimentare. Riveste un ruolo fondamentale nel sistema delle fonti del diritto perchè ha individuato principi fondamentali nell’ambito del diritto alimentare. E’ rilevante nel sistema delle fonti del diritto ma non ha alcun rilievo nell’ambito del diritto alimentare.

Il sistema delle fonti di produzione del diritto alimentare. E’ un sistema multilivello. E’ un sistema normativo principalmente italiano. E’ un sistema normativo europeo e italiano. E’ un sistema normativo europeo.

Il Regolamento CE n. 178/2002. E’ composto solo da 65 articoli divisi in due parti: la prima dedicata alle definizioni del diritto alimentare e la seconda dedicata all’EFSA. E’ composto da 66 Considerando (che spiegano le ragioni dell’emanazione del Regolamento) e da 65 articoli. E’ composto da 66 Considerando (che spiegano le ragioni dell’emanazione del Regolamento) e da 150 articoli. E’ composto da 65 Considerando (che spiegano le ragioni dell’emanazione del Regolamento) e da 65 articoli.

Il Regolamento CE n. AGCM625/2017. Regola la circolazione degli alimenti ma non degli integratori (perché sono considerati medicinali). Regola la circolazione degli alimenti ma non dell’acqua (perché l’acqua non è considerata un alimento). Regola la circolazione degli alimenti e dei mangimi. Regola la circolazione degli alimenti ma non dei mangimi.

Il Regolamento CE n. 178/2002. E’ un Regolamento che prevede una procedura rafforzata per modificarlo. Non è il primo Regolamento che racchiude in un unico testo normativo i diritti e i doveri degli operatori del settore alimentare. Dà attuazione ai principi generali del diritto alimentare. Si colloca “sostanzialmente” al vertice della scala gerarchica delle fonti del diritto alimentare.

Il Regolamento CE n. 178/2002. Stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare. Non è attualmente più in vigore. E’ stato sostituito dal Regolamento UE n. 1169/2011. E’ chiamato anche “Pacchetto igiene”.

Il Regolamento CE n. 178/2002. Non è un atto normativo particolarmente importante per la costruzione del diritto alimentare europeo. E’ denominato anche General Food Law. Non contiene disposizioni normative di portata generale. E’ un regolamento che ha la stessa valenza di tutti i regolamenti eruprei e non prevede principi aventi valenza generale.

Relativamente agli OGM. La disciplina che li regola è stata completamente rivista dopo l’introduzione delle NGT (nuove tecniche genomiche). La coltivazione di prodotti geneticamente modificati è disciplinata nella direttiva 2001/18/CE, la loro immissione in commercio dal regolamento (CE) n. 1829/20023, la loro etichettatura dal regolamento (CE) n. 1830/2003. Sono disciplinati solamente dai regolamenti (UE) n. 1829 e n. 1830 del 2003. Sono disciplinati dall’Accordo sull’agricoltura sottoscritto in ambito WTO in quanto era necessario regolare anche l’importazione di prodotti geneticamente modificati provenienti da Paesi extra UE.

Il regolamento (UE) n. 1169/2011. Si applica a tutti gli alimenti, preimballati e sfusi. Non riguarda a la fornitura di informazioni ai consumatori. Non riguarda l’etichettatura dei prodotti alimentari. E’ denominato anche regolamento FIAC (Fornitura di Informazioni sugli Alimenti ai Consumatori).

Il regolamento FIAC. Disciplina solo le informazioni obbligatorie. Riguarda tutti i prodotti alimentari, preimballati e non preimballati. Ha la finalità di consentire al consumatore di adottare scelte consapevoli di carattere sanitario, ambientale, etico, sociale sugli alimenti. Riguarda solo i prodotti alimentari venduti sfusi.

Il regolamento FIAC. Impone pratiche leali d’informazione. Non fornisce informazioni precise sull’etichettatura delle confezioni dei prodotti alimentari. Non prevede l’obbligo della dichiarazione nutrizionale. Riguarda anche i claims nutrizionali e salutistici.

I claims. Sono disciplinati dal regolamento (UE) n. 1924 del 2006. Sono disciplinati dal regolamento (UE) n. 1169 del 2011. Sono disciplinati dal punto di vista normativo dalla Commissione europea. Non sono disciplinati da alcun regolamento in ambito alimentare in quanto riguardano una materia che rientra nell’ambito dei farmaci.

Gli alimenti senza glutine. Sono disciplinati da un regolamento di esecuzione della Commissione europea. Sono disciplinati dal regolamento (UE) n. 1924 del 2006. Sono disciplinati in un regolamento generale sugli ADAP (alimenti destinati ad alimentazioni particolari). Sono disciplinati dal regolamento (UE) n. 609 del 2013.

I Novel Foods. Sono disciplinati dal regolamento (UE) n. 2283 del 2015. Non c’è una normativa generale ma sono disciplinati caso per caso ogni volta che si richiede l’immissione in commercio nel territorio degli Stati membri di un nuovo alimento. Non c’è una normativa generale ma sono regolamentati volta per volta dalla Commissione europea. Sono disciplinati dal regolamento (CE) n. 258 del 1997.

Gli alimenti arricchiti con vitamine e minerali. Hanno una disciplina specifica rispetto agli integratori alimentari. Sono disciplinati dal Regolamento (CE) n. 178/2002. Sono disciplinati dal Regolamento (UE) n. 1169/2011. Sono disciplinati dalle medesime disposizioni normative sugli integratori alimentari.

Il marchio collettivo geografico. E’ un segno distintivo che consente di individuare nel mercato un determinato prodotto distinguendolo dagli altri. Indica la provenienza del prodotto da una determinata impresa. Non riguarda i prodotti agroalimentari. Consiste nei segni o nelle indicazioni che possono servire per designare nel commercio la provenienza geografica di un prodotto.

I marchi di qualità nazionali e regionali. Non è possibile combinarli con altri marchi individuali e/o collettivi. Non sono previsti nell’ordinamento giuridico italiano. Sono marchi di diritto nazionale che si riferiscono al nome dello Stato/Regione per esprimere la qualità di questi prodotti agroalimentari legata all’origine nazionale/regionale. Non sono possibili per i prodotti agroalimentari in quanto sono ammissibili solo i marchi di qualità dell’UE.

La valorizzazione dei prodotti agroalimentari. Non è possibile in quanto i prodotti agricoli sono molto simili e difficilmente distinguibili. E’ necessaria per i produttori che vogliano far riconoscere e distinguere la provenienza dei propri prodotti alimentari rispetto agli altri. Serve solo ai produttori e non al consumatore. Non è possibile perchè non sono prodotti industriali brevettati da un’impresa.

Il marchio collettivo. E’ disciplinato nel regolamento (UE) n. 1151 del 2012. E’ un segno distintivo la cui titolarità spetta ad un’organizzazione e garantisce l’origine, la qualità, la natura di un prodotto perché esso rispetta determinate caratteristiche qualitative. E’ un segno distintivo la cui titolarità può essere o di una singola impresa o di un gruppo di imprese e garantisce l’origine, la qualità, la natura di un prodotto perché esso rispetta determinate caratteristiche. Può riguardare esclusivamente prodotti del comparto agro-alimentare.

Per denominazioni o indicazioni di origine dei prodotti alimentari si intende. Solo DOP e IGP. Solo DOC e DOCG. DOP, IGP, STG. Solo DOP.

Il regolamento (UE) n. 1143 del 2024. Riguarda solo i vini. Riguarda i prodotti agricoli e i vini ma non le bevande spiritose. Ha rafforzato ed ampliato la protezione delle indicazioni geografiche. Riguarda solo i prodotti agricoli.

L’Accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale relativi al commercio (TRIPs). Non tutela le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche degli alimenti. Tutela le denominazioni di origine degli alimenti anche se la protezione prevista è debole. E’ un Accordo che tutela i prodotti alimentari in ambito internazionale molto efficace e per questo gli Stati non hanno necessità di concludere accordi bilaterali per la protezione dei rispettivi prodotti. Tutela le denominazioni di origine degli alimenti in ambito internazionale alla pari della protezione che esiste nell’UE.

L’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) prevede che uno Stato possa adottare tutte le misure sanitarie e fitosanitarie necessarie per la tutela della vita e della salute dell’uomo, degli animali e delle piante se. Sia rispettato esclusivamente il principio di minimizzazione degli effetti negativi per il commercio internazionale. Sia rispettato il principio di necessità, di minimizzazione degli effetti negativi per il commercio, di non discriminazione e vi sia un fondamento scientifico. Sia rispettato il principio di necessità e di minimizzazione degli effetti negativi per il commercio; non vi sono ulteriori limiti. Sia rispettato esclusivamente il principio di necessità.

L’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) prevede che uno Stato possa vietare l’importazione di alimenti che sono trattati con pesticidi o medicinali se: Sia necessario per tutelare le produzioni alimentari nazionali rispetto alle importazioni. Sia necessario per proteggere la vita o la salute umana, degli animali e dei vegetali e siano fornite prove inequivocabili di questa necessità. Sia necessario per proteggere la vita o la salute umana ma non anche quella degli animali e dei vegetali. Sia necessario per proteggere la vita o la salute umana, degli animali e dei vegetali anche in assenza di prove.

Perchè la maggior parte degli accordi relativi ai prodotti alimentari sono stati conclusi nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio?. Perchè le Nazioni Unite non si occupano di alimentazione. Perchè si considerano gli alimenti come merci. Perchè non ci sono altre organizzazioni internazionali che si occupino di prodotti alimentari. Perchè gli Stati non riescono a regolamentare autonomamente tra di loro lo scambio di prodotti alimentari.

Il Regolamento (UE) n. 625 del 2017. Ha il limite di non prevedere l’interoperatività tra sistemi informatici per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri. Prevede delle norme orizzontali applicabili a tutti i controlli ufficiali. Ha eliminato il Documento sanitario comune di entrata, che dunque non è più necessario. Prevede delle norme orizzontali applicabili a tutti i controlli ufficiali ad esclusione dei prodotti alimentari animali.

Il sistema dei controlli sugli alimenti si articola. Sull’autocontrollo e sui controlli ufficiali. E’ fondato, per motivi di semplificazione, solo sull’autocontrollo. Solo sul sistema HACCP. Esclusivamente sui controlli ufficiali in quanto posti in essere da enti pubblici.

La Costituzione italiana attualmente vigente. Non menziona l’alimentazione. Menziona l’alimentazione ma non ne dà una definizione. Precisa che la competenza sulla regolamentazione della materia “alimentazione” spetti in via esclusiva allo Stato perchè dev’essere normata in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Non lo indica espressamente ma fa intuire che alimentazione coincida con diritto alimentare.

L’art. 5, lett. B della legge n. 283 del 1962. E’ una fattispecie penale che punisce chi commette frode nell’esercizio del commercio di prodotti alimentari. E’ una fattispecie penale che punisce chi vende alimenti in cattivo stato di conservazione. E’ una fattispecie penale che punisce chi introduce nel territorio italiano alimenti senza i requisiti di legge. E’ una fattispecie penale che punisce chi avveleni acque o sostanze destinate all’alimentazione.

La certificazione serve a. Consentire la commercializzazione di un prodotto che, se non fosse certificato, non potrebbe essere immesso nel mercato. Verificare che i prodotti commercializzati seguano degli standard qualitativi predefiniti. Assegnare al prodotto un logo o un marchio per commercializzarlo in modo più efficace. Determinare la qualità di un prodotto.

Un alimento legittimamente prodotto in uno Stato membro e avente una propria denominazione. E’ soggetto all’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dello Stato membro a cui è destinato. Può circolare liberamente in tutta l’UE senza limiti. Può circolare liberamente in tutta l’UE anche se vi sono dei limiti. Deve sempre adeguare la propria denominazione a quella prevista nello Stato membro in cui verrà commercializzato per non indurre in errore il consumatore.

La denominazione dell’alimento. E’ solo la denominazione normalmente utilizzata per quel prodotto. E’ la sua denominazione legale o, in mancanza, quella usuale, o in mancanza anche di quest’ultima, quella descrittiva. E’ solo la denominazione prescritta dalla disposizioni dell’Unione Europea. Il regolamento FIAC all’art. 17, par. 1 prevede che sia solo quella legale.

Il lotto di produzione di un alimento. E’ sempre obbligatorio indicarlo. E’ obbligatorio anche per i prodotti alimentari preincartati venduti nei luoghi di produzione. Può essere omesso qualora il termine minimo di conservazione possa servire ad individuare il momento della produzione. E’ obbligatorio indicarlo anche per i prodotti agricoli in uscita dall’azienda agricola qualora siano venduti a centri di deposito o di imballaggio.

L’elenco degli ingredienti. E’ obbligatorio anche per le acque gassificate. Non comprende gli ingredienti costituiti da nanomateriali ingegnerizzati. E’ obbligatorio anche per gli alimenti costituiti da un solo ingrediente. Rientra tra le indicazioni obbligatorie sugli alimenti e comprende tutti gli ingredienti in ordine ponderale.

L’indicazione della quantità netta dell’alimento. E’ obbligatoria anche per i prodotti in quantità inferiore a 5 grammi. E’ obbligatoria per tutti i prodotti alimentari. Non è obbligatoria per i prodotti venduti “a pezzo”. E’ obbligatoria per i prodotti soggetti a notevoli perdite di peso o di volume.

01. La data di scadenza. E’ la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche. Va indicata con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…”. E’ la data entro la quale il prodotto alimentare va consumato. Va indicata con la dicitura “entro fine…”.

Il “responsabile commerciale” è identificabile con. Sempre con l’operatore del settore alimentare. Il soggetto sotto il cui nome o ragione sociale è commercializzato un prodotto o l’importatore nel caso in cui detto operatore non abbia sede nel territorio dell’U.E. Sempre con l’imprenditore del settore alimentare. Sempre con il distributore del prodotto alimentare.

La legge italiana n. 166 del 2016 contro lo spreco alimentare precisa che. Gli alimenti che hanno superato il termine minimo di conservazione o la data di scadenza non possono mai essere ceduti anche se siano garantiti l’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione. Gli alimenti che hanno superato il termine minimo di conservazione possono comunque essere ceduti se siano garantiti l’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione. Gli alimenti che hanno superato il termine minimo di conservazione o la data di scadenza possono comunque essere ceduti se siano garantiti l’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione. Gli alimenti che hanno superato la data di scadenza possono comunque essere ceduti se siano garantiti l’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione.

Secondo la giurisprudenza italiana, la vendita di alimenti oltre il termine minimo di conservazione o la data di scadenza integra il reato di divieto di vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione (ai sensi dell’art. 5, lett. B, legge 283/1962)?. Si, lo integra perché vi è una presunzione giustificata che lo spirare della data comporti la cattiva conservazione dell’alimento. Adesso non più perché è un errore logico assimilare una condizione estrinseca (la scadenza del termine minimo di conservazione o della data di scadenza) con una condizione intrinseca (il cattivo stato di conservazione). No, la giurisprudenza italiana sul punto non ha mai manifestato orientamenti contrastanti. No, perché la giurisprudenza italiana non ha mai affrontato né trattato casi relativi a questa ipotesi.

05. Il termine minimo di conservazione. Trascorso il termine l’alimento è considerato a rischio e non può rimanere in commercio. Va indicato con la dicitura “da consumarsi entro…”. E’ la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche. Corrisponde alla data di scadenza.

La vendita di alimenti non preimballati o non destinati ai consumatori. E’ disciplinata dal decreto legislativo italiano n. 231 del 2017 che prevede che le informazioni che sarebbero presenti nell’etichetta debbano comunque essere riportate in un sistema di cartellonistica (o equivalente). Non è disciplinata dal legislatore né eurounitario né italiano. E’ soggetta alle medesime disposizioni normative previste dal FIAC per la vendita di un prodotto alimentare al consumatore finale. Prevede un sistema di etichettatura semplificato (nel senso che non sono indicate tutte le informazioni obbligatorie normalmente presenti in un’etichetta di un prodotto destinato al consumatore finale).

01. La dichiarazione nutrizionale. E’ obbligatorio che abbia sempre la forma di una tabella. Rientra tra i claims nutrizionali. Non è necessario che sia facilmente visibile e chiaramente leggibile. E’ uno strumento che rientra nella strategia europea sugli aspetti sanitari connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità.

La dichiarazione nutrizionale. Deve indicare obbligatoriamente il valore energetico e la quantità di nutrienti tra cui: grassi, acidi grassi saturi, carboidrati zuccheri, proteine, sale. Deve indicare obbligatoriamente solo il valore energetico. Deve indicare obbligatoriamente il valore energetico e la quantità di nutrienti tra cui: grassi, acidi grassi saturi – monoinsaturi - polinsaturi, carboidrati zuccheri, proteine, sale, amido, fibre. Deve indicare obbligatoriamente solo la quantità di nutrienti tra cui: grassi, acidi grassi saturi, carboidrati zuccheri, proteine, sale.

Il Paese di origine dell’ingrediente primario di un alimento. Coincide con il luogo di origine dell’alimento. Va indicato quando il Paese di origine o il luogo di provenienza di un alimento non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario. E’ un’indicazione non prevista nel Regolamento FIAC ma nel Codice Doganale dell’U.E. Coincide con il luogo di provenienza dell’alimento.

Il Nutriscore (o etichetta a semaforo). E’ un’indicazione obbligatoria in etichetta ai sensi dell’art. 35 del regolamento (UE) n. 1169 del 2011. E’ una forma di etichettatura nutrizionale supplementare che ha lo scopo di evidenziare al consumatore gli ingredienti meno salutari di un alimento. E’ una forma di etichettatura nutrizionale supplementare introdotta in Italia con un decreto interministeriale. In Italia è obbligatorio inserire il NutrInform Battery al posto del.

La dichiarazione nutrizionale dei vini. E’ prevista dal regolamento FIAC come per tutti i prodotti alimentari. Non è prevista dal regolamento FIAC ma è stata introdotta dal regolamento (UE) n. 2117 del 2017. Doveva entrare in vigore l’8 dicembre 2023 ma è stata rinviata. I vini sono sempre stati esentati (e lo sono ancora oggi) dall’obbligo di indicare in etichetta la dichiarazione nutrizionale.

Il Regolamento (UE) n. 1169/2011. Lascia ampia libertà al produttore di decidere la dimensione dei caratteri e la spaziatura tra le righe dell’etichetta dei prodotti alimentari. Fornisce delle prescrizioni specifiche sulle dimensioni dei caratteri delle indicazioni obbligatorie dell’etichettatura dei prodotti alimentari. Prevede quali siano i font utilizzabili nell’etichetta dei prodotti alimentari. Consente l’utilizzo di una sola dimensione di interlinea nell’etichettatura dei prodotti alimentari.

In attesa che la Commissione europea adottasse i regolamenti di esecuzione sull’indicazione obbligatoria dell’origine dell’ingrediente primario. L’Italia ha colmato il vuoto emanando dei decreti ministeriali per specifici prodotti alimentari prescrivendo l’obbligo di indicazione del Paese di origine. La Commissione europea ha subito bloccato l’Italia non appena conosciuta l’intenzione di approvare degli atti normativi nazionali per colmare la lacuna nella legislazione eurounitaria. L’Italia aveva ipotizzato di introdurre dei decreti ministeriali per colmare il vuoto lasciato dal legislatore eurounitario ma poi ha desistito a seguito della contrarietà paventata dalla Commissione europea. L’Italia aveva introdotto dei decreti ministeriali per colmare il vuoto lasciato dal legislatore eurounitario ma sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

I claims nutrizionali. Sono vietati perché possono indurre in errore il consumatore il quale potrebbe essere portato a pensare che un alimento abbia particolari caratteristiche. Sono indicazioni che affermano, suggeriscono o sottendono che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche. Sono consentiti anche se l’alimento non abbia particolari proprietà nutritive rispetto alla media. Non possono essere inseriti nell’etichetta ma in altra parte della confezione.

I claims nutrizionali o salutistici. Sono vietati nell’etichettatura alimentare. Sono consentiti senza limiti. Sono vietati perché possono indurre in errore il consumatore il quale potrebbe essere portato a pensare che un alimento abbia particolari caratteristiche. Non sono vietati.

I claims nutrizionali e salutistici. Devono essere autorizzati dall’EFSA. Il loro uso illegittimo prevede delle sanzioni che sono indicate nel decreto legislativo n. 27 del 2017. Possono essere utilizzati in etichetta solo dal soggetto che ha presentato richiesta di autorizzazione. Il loro uso illegittimo è vietato ma non sanzionato.

I claims salutistici. Sono distinti in tre tipologie: indicazioni funzionali generiche, indicazioni funzionali nuove, indicazioni relative alla riduzione dei rischi di malattia. Possono incoraggiare il consumo, anche in misura eccessiva, di un alimento in quanto avente proprietà salutistiche superiori alla media. Coincidono con i claims nutrizionali in quanto sono regolati dalla medesima disciplina. Sono vietati perché possono indurre in errore il consumatore il quale potrebbe essere portato a pensare che un alimento abbia particolari caratteristiche.

Gli alimenti “gluten free”. Devono avere un contenuto di glutine molto basso ossia non superiore a 50 milligrammi per chilogrammo di prodotto. Devono essere assolutamente senza alcuna traccia di glutine. Sono immessi nel mercato con un claim particolare costituito dall’espressione “senza glutine”. Devono avere un contenuto di glutine molto basso ossia non superiore a 100 milligrammi per chilogrammo di prodotto.

Gli OGM. Non è necessario indicare in etichetta che si tratta di alimenti geneticamente modificati. Possono essere importati da Stati extra UE senza limitazioni. Hanno una disciplina normativa comune alle TEA (Tecnologie di Evoluzione Assistita). Possono essere immessi nel mercato a seguito di una specifica procedura di immissione in commercio.

Gli organismi di controllo e di certificazione. Svolgono controlli sul rispetto dei disciplinari di produzione e sono indispensabili per mantenere la protezione accordata ai segni distintivi DOP e IGP. Svolgono controlli volontari sul rispetto dei disciplinari di produzione previsti per i prodotti DOP e IGP. Sono organismi privati e pertanto non necessitano di alcuna autorizzazione pubblica per poter svolgere le loro attività. La loro attività non è codificata da alcun regolamento europeo ma è importante per il produttore chiedere un loro controllo per certificare che il prodotto ha seguito il metodo previsto nel disciplinare di produzione.

I Novel Foods. Sono solo quelle sostanze che non venivano utilizzate come alimenti prima dell’autorizzazione. Una volta autorizzati, nessuno Stato membro dell’U.E. può limitarne o sospenderne la circolazione nel proprio territorio. Prima del 15 maggio 1997 potevano essere immessi nel mercato senza alcuna autorizzazione. Sono solo quegli alimenti provenienti da Paesi extra U.E. che non venivano utilizzati per scopi alimentari dagli Stati membri.

La Corte di giustizia dell’UE con la sentenza Cassis de Dijon. Sancì il principio del mutuo riconoscimento e che questo non potesse essere mai limitato dalle legislazioni nazionali. Sancì il principio del mutuo riconoscimento delle legislazioni nazionali. Stabilì che l’UE dovesse armonizzare in modo “verticale”, ossia prodotto per prodotto, le norme sulla circolazione dei prodotti alimentari. Stabilì che le misure ad effetto equivalente ad una restrizione quantitativa degli scambi commerciali fossero sempre possibili all’interno dell’UE per garantire il rispetto delle norme nazionali.

Origine e provenienza di un prodotto. Coincidono. Origine indica il luogo in cui la materia prima è stata prodotta; provenienza indica l’ultimo stabilimento in cui il prodotto è stato trasformato. Origine indica l’ultimo stabilimento in cui il prodotto è stato trasformato; provenienza indica il luogo in cui la materia prima è stata prodotta. Indicano entrambe l’origine doganale.

La denominazione geografica semplice. E’ regolata dal diritto dell’UE come le denominazioni DOP e IGP. Indica che un prodotto proviene da una determinata area geografica pur senza che vi sia un particolare legame fra le caratteristiche del prodotto e la sua provenienza geografica. E’ vietata. E’ incompatibile con il diritto dell’UE in quanto mette in pericolo le disposizioni previste per DOP e IGP.

Nel “caso Warsteiner”. La Corte di Giustizia dell’U.E. ha osservato che se la birra veniva prodotta in una città diversa da quella di Warsteiner questo poteva configurare un atto di concorrenza sleale vietato dai Trattati istitutivi. La Corte di Giustizia dell’U.E. ha osservato che se la birra veniva prodotta in una città diversa da quella di Warsteiner questo non poteva essere sanzionato da norme nazionali essedo materia di competenza esclusiva dell’U.E. La Corte di Giustizia dell’U.E. ha osservato che se la birra veniva prodotta in una città diversa da quella di Warsteiner questo poteva configurare una lesione delle norme nazionali ma non delle disposizioni eurounitarie su DOP e IGP. La Corte di Giustizia dell’U.E. ha osservato che se la birra veniva prodotta in una città diversa da quella di Warsteiner questo poteva configurare una lesione delle norme eurounitarie su DOP e IGP.

Le discriminazioni a rovescio. Sono vietate dalla legislazione eurounitaria in quanto misure ad effetto equivalente di un dazio. Sono misure nazionali i cui effetti possono essere estesi a tutti gli Stati membri. Sono state individuate dalla Corte di Giustizia dell’UE. Indicano una legislazione nazionale più restrittiva per i produttori di quello specifico Stato membro rispetto alle legislazioni nazionali sullo stesso prodotto di altri Stati membri.

Il disciplinare di produzione. E’ un documento che comprende una serie di informazioni dettagliate relative al prodotto e al metodo di produzione. E’ un documento redatto da un’associazione o da un consorzio di produttori che disciplina il metodo di produzione ma che non ha valore legale. E’ un documento che comprende una serie di informazioni dettagliate sul prodotto agro-alimentare. E’ un documento che comprende una serie di informazioni dettagliate relative al metodo di produzione e commercializzazione di un determinato prodotto agroalimentare.

Nel “caso Parmesan”. “Parmesan” e “Parmigiano reggiano” sono due termini diversi tali da non indurre in errore il consumatore. A seguito della sentenza, la Germania ha ritirato subito dal mercato tutti i formaggi etichettati con la denominazione “Parmesan”. Il consumatore non può confondere il “Parmesan” col “Parmigiano Reggiano” perché quest’ultimo ha l’apposito marchio stabilito dall’U.E. per i prodotti DOP. La Corte di Giustizia dell’U.E. ha dichiarato che il nome costituisse la traduzione dell’aggettivo geografico “parmigiano” e che questo poteva indurre in errore il consumatore.

La STG. E’ strettamente collegata al territorio di produzione come la DOP e la IGP. Non prevedono un disciplinare di produzione. Tutela le ricette, ossia i prodotti alimentari ottenuti con un metodo di produzione tradizionale. E’ una forma di tutela forte come la DOP e la IGP.

Nel “caso Feta”. La Corte di Giustizia dell’U.E. nel 2005 ha dichiarato che non si tratti di una denominazione generica. La Corte di Giustizia dell’U.E. nel 1999 ha dichiarato che non si tratti di una denominazione generica. La denominazione “Feta” è generica perché molti altri Stati oltre alla Grecia la producono e pertanto non può essere inserita, oggi, nel registro delle DOP. Non essendo previsto l’aggettivo “greca”, si deve considerarla un formaggio generico non registrabile come DOP.

La distinzione tra DOP e IGP consiste nel fatto che. Nelle DOP tutte le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente ad un particolare ambiente, devono essere intrinseche al prodotto stesso e tutte le fasi di produzione devono avvenire in un’area geografica limitata. Nelle DOP quasi tutte le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente ad un particolare ambiente, devono essere intrinseche al prodotto stesso e tutte le fasi di produzione devono avvenire in un’area geografica limitata. Nelle DOP tutte le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente ad un particolare ambiente, devono essere intrinseche e tutte le fasi di produzione devono avvenire in un’area geografica limitata ad eccezione del confezionamento. Nelle DOP tutte le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente ad un particolare ambiente e tutte le fasi di produzione devono avvenire in un’area geografica limitata.

La IGP. Può essere registrata come marchio solo da un ente pubblico. Può essere registrata come marchio individuale. Identifica un prodotto originario di un determinato luogo, le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente a quel particolare ambiente e a intrinseci fattori naturali o umani e le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata. Identifica un prodotto originario di un determinato luogo alla cui origine geografica sono attribuibili una data qualità o caratteristica e di cui almeno una fase di produzione si svolge nella zona geografica delimitata.

La DOP. Non garantisce al consumatore che quel prodotto proviene da un’area geografica specifica e che l’intero processo produttivo viene eseguito secondo modalità legate a una tipicità territoriale. Identifica un prodotto originario di un determinato luogo, le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente a quel particolare ambiente e a intrinseci fattori naturali o umani e le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata. Non è un marchio. Identifica un prodotto originario di un determinato luogo, alla cui origine geografica sono attribuibili una data qualità o caratteristica e di cui almeno una fase di produzione si svolge nella zona geografica delimitata.

Con la sentenza “Rioja II” del 2000, la Corte di giustizia dell’UE ha stabilito che. L’imbottigliamento in loco non può incidere nella qualità del vino. L’imbottigliamento in loco incide sulle qualità del prodotto in quanto le condizioni di tutela della qualità e della reputazione sono soddisfatte meglio se l’imbottigliamento avviene nella regione di produzione in forza dell'esperienza e della conoscenza specifica della qualità del vino in questione. Le caratteristiche e la qualità del prodotto sono conservate anche se il vino sfuso viene trasportato al di fuori della zona di produzione e pertanto può essere imbottigliato ovunque per mantenere la denominazione di origine. Non è necessario imbottigliare il vino nella zona di produzione.

Le indicazioni geografiche dei vini. Hanno una disciplina specifica rispetto agli altri prodotti alimentari DOP o IGP. Sono frutto di una disciplina armonizzata tra tutti gli Stati membri dell’UE e non sono più possibili denominazioni nazionali (come DOCG, DOC o IGT). Sono disciplinate a livello europeo dall’art. 93 del regolamento (UE) m. 1308 del 2013 che ha creato notevoli problemi di compatibilità con il Testo Unico del vino italiano. Non sono disciplinate in ambito europeo e pertanto possono essere regolate dai singoli Stati membri (l’Italia ha previsto le DOCG, le DOC e le IGT dei vini).

Secondo la normativa italiana, la DOP di un vino è: L’indicazione riferita a una regione o luogo determinato o a un Paese, che designa un prodotto avente qualità, notorietà o altre caratteristiche specifiche attribuibili a tale origine geografica, ottenuto da uve appartenenti a specie Vitis vinifera o da un incrocio tra specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis, provenienti per almeno l’85% da tale zona geografica e vinificato in detta zona geografica. Il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva e che possiede qualità, notorietà e caratteristiche specifiche attribuibili alla zona. Il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all’ambiente naturale e ai fattori umani. Il nome di una regione, di un luogo o Paese che designa un prodotto la cui qualità e le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani, ottenuto nella zona geografica indicata da uve appartenenti alla specie Vitis vinifera provenienti esclusivamente da tale zona geografica.

I disciplinari di produzione di un prodotto DOP. Non indicano perchè il prodotto oggetto della tutela è legato al particolare ambiente di produzione perchè questo è sottointeso. Indicano solamente la delimitazione geografica della zona di produzione e il metodo di ottenimento. Presentano tutti un’impostazione pressochè simile; importante è indicare la zona geografica delimitata, gli elementi che dimostrano che il prodotto è originario della zona, la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto, gli elementi che stabiliscono il legame fra il prodotto e l’ambiente geografico. Hanno un’impostazione molto diversa gli uni dagli altri perchè dipende dal prodotto.

Il biologico. Non prevede controlli da parte degli organismi di certificazione e di controllo come per le produzioni DOP o IGP. Consente l’uso di OGM in quanto è un metodo che riguarda la produzione e non il prodot. E’ un metodo di produzione che valorizza e tutela la qualità dei prodotti agro-alimentari. E’ un sistema che disciplina la produzione agro-alimentare ma che non riguarda la gestione globale dell’azienda agricola.

Il metodo di produzione biologico. Riguarda anche la produzione animale “senza terra” e la produzione vegetale “non legata al suolo”. Non consente ad un’azienda agricola di produrre sia prodotti biologici che non biologici in quanto le unità produttive devono essere nettamente separate. Consente ad un’azienda agricola di produrre sia prodotti biologici che non biologici. Prevede che i prodotti alimentari trasformati debbano contenere ingredienti di origine biologica al 100%.

L’indicazione facoltativa di qualità “prodotto di montagna”. Identifica i prodotti per i quali sia le materie prime che gli alimenti degli animali provengono da zone montane, ossia aree individuate ai sensi dell’art. 32, par. 1 del Reg. 1305/2013. Identifica prodotti alimentari in cui l’intero ciclo produttivo (dalla coltivazione/allevamento, trasformazione al confezionamento) deve avvenire in montagna. Identifica prodotti alimentari in cui l’intero ciclo produttivo (dalla coltivazione/allevamento, trasformazione al confezionamento) deve avvenire in Comuni che si trovino sopra i 1000 metri. Identifica i prodotti per i quali sia le materie prime che gli alimenti degli animali provengono da zone montane; non c’è tuttavia una definizione precisa di aree montane.

Le De.Co. Attestano l’origine locale del prodotto, ne fissano la sua composizione e ne garantiscono gli ingredienti ai produttori del territorio e ai consumatori. Sono istituite con Decreto del Presidente della Repubblica. Non possono essere considerate uno strumento di marketing territoriale. Rappresentano un segno di qualità molto forte, al pari dei prodotti DOP o IGP.

La responsabilità del produttore per prodotto difettoso. E’ esclusa per alcuni prodotti alimentari come quelli che derivano dalla caccia, dalla pesca e quelli raccolti non coltivati. E’ una nuova forma di responsabilità diversa sia da quella contrattuale (perché non è necessaria l’esistenza di un contratto tra produttore e consumatore) sia da quella extracontrattuale (perché prescinde dalla colpa del produttore). Non ha nessuna correlazione con il sistema di rintracciabilità del prodotto alimentare a rischio. Riguarda solo il fabbricante del prodotto finito e mai il produttore della materia prima non trasformata.

Le sanzioni nel settore alimentare. Possono essere civili, penali o amministrative. Oramai sono solo di carattere amministrativo. Sono solo di carattere penale. Possono essere penali nei casi più gravi o amministrative nei casi di minore gravità.

Le certificazioni cogenti. Sono: IFS Food, BRCGS, Global GAP. Non sono indispensabili nel settore agroalimentare. Tra queste non rientra la certificazione biologica. Rappresentano un requisito necessario per l’impresa che operi in un determinato settore e sono imposte da disposizioni normative interne o europee.

La certificazione è. Un’attività di prevenzione che viene svolta per escludere qualsiasi ipotesi di responsabilità del produttore per prodotto difettoso. L’attestazione che un determinato prodotto, servizio o processo è conforme a una data norma o regola tecnica. Un’attività di verifica eseguita esclusivamente da una pubblica autorità volta ad attestare che un prodotto è conforme a standard di sicurezza predeterminati dalla legge. L’attività di controllo che i produttori eseguono sui loro prodotti attraverso degli specialisti interni all’impresa.

La natura giuridica dell’attività di certificazione. Potrebbe essere sia privatistica che pubblicistica e il dubbio interpretativo non è ancora stato risolto. è privatistica. E’ pubblicistica perché gli organismi di controllo possono operare solo se autorizzati dal Ministero. E’ pubblicistica.

Le certificazioni volontarie. Sono attestazioni richieste spontaneamente dall’impresa e non sono necessarie per poter operare in un determinato settore. Sono molteplici e la principale è quella biologica. Sono molteplici e la principale è l’HACCP. Sono un requisito necessario per l’impresa che operi in un determinato settore.

Le certificazioni volontarie non regolamentate. Sono necessarie per l’impresa alimentare che voglia vendere i suoi prodotti nella GDO. Sono rilasciate da organismi di certificazione di terza parte che definiscono appositi schemi di certificazione. Sono rilasciate da organismi di certificazione di terza parte che definiscono appositi schemi di certificazione Sono rilasciate esclusivamente da Accredia. Sono disciplinate da enti pubblici che definiscono le disposizioni normative di riferimento dei procedimenti di certificazione.

Possono essere considerate certificazioni di prodotto non regolamentate. Le certificazioni: “gluten free”, “no OGM”, SQNPI. Le certificazioni: VeganOK, kosher, halal. La certificazione biologica. Le certificazioni DOP e IGP.

Possono essere considerate certificazioni di prodotto regolamentate. Solo la certificazione biologica. Solo le certificazioni rilasciate per i prodotti DOP, IGP, STG. Le certificazioni: “gluten free”, “no OGM”, SQNPI. Le certificazioni: VeganOK, kosher, halal.

Le principali certificazioni di sistema delineate da fonti di natura privatistica sono: No OGM, gluten free, SQNPI. IFS Food, BRCGS, Global GAP, FSSC 22000, SQF. VeganOK, kosher, halal. ISO 9001, ISO 22000, ISO 22005.

Le certificazioni di sistema nel settore agro-alimentare. Attestano il buon funzionamento della catena produttiva in quanto ciò va ad influire nel prodotto finale. L’unica certificazione di sistema riconosciuta nel settore alimentare è la ISO 22000. Sono definite da fonti di natura privatistica o da norme tecniche. L’unica certificazione di sistema di fatto riconosciuta è la Global GAP.

Gli audit possono essere. Svolti solo da autorità pubbliche (ASL, NAS, Guardia di Finanza). Di prima parte (o interni), di seconda parte (o di qualifica/mantenimento), di terza parte (di certificazione). Solo interni all’impresa. Solo di certificazione in quanto dev’essere necessariamente un soggetto terzo a svolgere la verifica.

L’audit. E’ pressoché identico ad un’attività di verifica sulla qualità di un sistema o di un prodotto. Consiste, di fatto, in un’ispezione su un sistema produttivo o sul prodotto finale. Consiste in un’attività di controllo su un sistema o su un prodotto. E’ necessario per garantire la qualità di un sistema o di un prodotto.

Lo svolgimento di un audit. E’ disciplinato dai regolamenti tecnici (RT) o circolari tecniche del Dipartimento Certificazione e Ispezione (DC) di Accredia. E’ definito dal Regolamento (CE) n. 178 del 2002. É definito nella norma UNI EN ISO 19011:2018 (integrata dalla norma UNI EN ISO/IEC 17021-1:2015 per gli audit di terza parte). E’ definito dalla norma UNI ISO 9001.

Di quante fasi si compone un audit?. 5. 3. 4+1 (eventuale). 5+1 (eventuale).

Le non conformità maggiori. Non pregiudicano gravemente l’efficacia del sistema di gestione della qualità. Riguardano il rispetto parziale dei requisiti della norma tale da non pregiudicare l’efficacia del sistema di gestione della qualità. Sono relative al mancato rispetto dei requisiti della norma tecnica a differenza delle non confomità minori che invece riguardano il mancato rispetto dei requisiti di legge applicabili al prodotto. Non consentono la certificazione o il mantenimento della stessa, con la conseguenza della sospensione / ritiro della certificazione.

Gli audit a distanza. Riguardano l’utilizzo di tecnologia (in particolare di strumenti ICT) per raccogliere informazioni, svolgere interviste qualora in modalità presenziale non sia possibile. Sono detti anche audit virtuali. Sono condotti su organizzazioni che svolgono un’attività utilizzando un ambiente online, consentendo alle persone di eseguire processi indipendentemente dai siti fisici. Sono detti anche audit da remoto.

Elementi favorevoli all’audit a distanza possono essere. Certificazione iniziale di un’azienda o estensioni significative delle certificazioni di siti o processi produttivi. Precedenti non conformità rilevate nel sistema di gestione dell’organizzazione auditata per un periodo di tempo significativo. Necessità di assistere a processi realizzativi, soprattutto quando si tratta di applicazione di schemi di certificazione ad alto rischio. Una molteplicità di siti produttivi da auditare con processi simili di lavorazione e comprovata esperienza da parte dell’organizzazione auditata.

I problemi degli audit a distanza possono essere. 1) privacy; 2) cybersecurity. 1) privacy; 2) conservazione dei dati. Esclusivamemente di natura legale. 1) privacy e conservazione dei dati; 2) cybersecurity; 3) di natura legale.

Gli obblighi degli OSA sono. 1) comunicazione ai cittadini in materia di sicurezza e di rischio degli alimenti e dei mangimi; 2) sorveglianza sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi; 3) altre attività di controllo. Gli stessi che hanno gli Stati membri nel garantire il rispetto delle norme sulla sicurezza alimentare. La creazione di un sistema ufficiale di controllo. 1) immettere in commercio unicamente prodotti sicuri; 2) assicurarne la rintracciabilità; 3) tenere determinate condotte in caso di non conformità.

In caso di non conformità del prodotto alimentare, l’OSA deve procedere al: Ritiro, richiamo e sanzione. Solo ritiro o richiamo; la notifica è di competenza dello Stato membro. Ritiro, richiamo, notifica. Notifica, richiamo e sanzione.

Gli OSA devono. Esclusivamente stabilire un collegamento consumatore-prodotto. Esclusivamente creare un sistema per identificare i fornitori e i clienti. Creare un sistema per identificare i fornitori e i clienti, stabilire un collegamento fornitore-prodotto, stabilire un collegamento consumatore-prodotto. Esclusivamente stabilire un collegamento fornitore-prodotto.

L’HACCP. Si integra con il sistema delle certificazioni private volontarie di processo come la norma UNI 10854. Non è disciplinato da nessuna norma tecnica UNI. Consente di ottenere una certificazione rilasciata da un organismo di certificazione e controllo che può essere utilizzata come strumento di promozione dell’immagine dell’impresa. E’ un sistema normativo cogente che non ha nulla a che vedere con le certificazioni private volontarie.

La normativa sull’HACCP. Si applica a tutta la filiera e quindi anche il consumatore finale che acquista dall’agricoltore deve essere in condizione di rispettare le norme sull’HACCP. Riguarda l’intera produzione alimentare, con eccezione per il settore agricolo (anche se questa eccezione è, solo apparente). Riguarda l’intera produzione alimentare, con eccezione per il settore agricolo. E’ un atto normativo a sé che non è collegato al regolamento (CE) n. 178/2002.

Il sistema HACCP. Si limita a identificare e valutare i rischi collegati ad ogni fase di produzione (dalla crescita e allevamento) fino al consumo del prodotto finito. Si limita a determinare i punti critici nei quali effettuare i controlli per assoggettare a vigilanza i pericoli che ne potrebbero derivare. E’ un sistema di monitoraggio sui punti critici la cui identificazione è tassativamente prevista da norme di legge. Consiste nell’analisi completa di tutti i momenti e le fasi produttive di un determinato alimento, al fine di evitare rischi di errori di produzione.

Il c.d. “pacchetto igiene”. E’ oggi costituito da tre regolamenti: reg. (CE) n. 852/2004, reg. (CE) n. 853/2004, reg. (UE) n. 2017/625 e una direttiva: dir. 2004/41/CE. E’ contenuto esclusivamente nel regolamento (CE) n. 852 del 2004. E’ oggi costituito da tre regolamenti: 852, 853 e 854/2004 e completato dalla direttiva 2004/41/CE e dal regolamento 882/2004. E’ oggi costituito dal regolamento (CE) n. 852 del 2004 e completato da alcune disposizioni normative del regolamento (CE) n. 178 del 2002.

La normativa sul sistema HACCP. E’ molto precisa e dettagliata e prescrive disposizioni di corretta prassi igienica per ogni tipologia di impresa alimentare. Ha quale unico scopo l’adozione, da parte delle imprese alimentari, di manuali di corretta prassi igienica. E’ una normativa comune e generale in quanto prevede una sola tipologia di manuale di corretta prassi igienica. Non è dettagliata e prevede solo dei principi generali a cui l’impresa alimentare deve ispirarsi nella predisposizione dei manuali di corretta prassi igienica.

Il regolamento (CE) n. 853 del 2004. Detta una serie di regole specifiche in materia di igiene applicabili agli alimenti di origine animale. Si applica anche alle forniture dirette di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale. Si applica anche agli alimenti composti o misti, ottenuti combinando assieme prodotti di origine vegetale e animale. Le sue disposizioni normative sono derogatorie e alternative a quelle stabilite dal regolamento (CE) n. 852 del 2004 sugli alimenti in generale.

Il regolamento (CE) n. 852 del 2004. Ha contenuto generale e riguarda l’igiene del prodotti alimentari. Ha sostituito la direttiva 93/43/CEE sull’HACCP. Detta norme sui controlli ufficiali su alimenti e mangimi in generale. Non è oggi più in vigore perché sostituito dal Regolamento n. 625/2017. Detta norme dettagliate sugli alimenti di origine animale.

Relativamente alle strutture destinate agli alimenti è vero che. La progettazione, la costruzione, l'ubicazione delle strutture devono consentire un'adeguata manutenzione, pulizia e/o disinfezione. Le norme igieniche del regolamento CE 852/2004 non prescrivono nulla sulle pareti e sui pavimenti delle strutture. Le norme igieniche del regolamento CE 852/2004 non prescrivono nulla sugli spogliatoi del personale in quanto non sono spazi adibiti alla lavorazione del prodotto alimentare. La progettazione e la costruzione delle strutture non devono tenere conto delle norme igieniche perché queste riguardano solo l’allestimento interno delle strutture stesse.

Relativamente all’igiene del personale che opera nel settore alimentare è vero che. La malattia va rilevata solo dal medico del lavoro e non vi è alcun obbligo di denunciarla da parte della persona malata. Vi è la facoltà di denunciare la propria malattia al responsabile dell’impresa. La malattia va rilevata dal responsabile dell’impresa e non vi è alcun obbligo di denunciarla da parte della persona malata. Vige l’obbligo di denunciare la propria malattia al responsabile dell’impresa.

I prodotti alimentari tradizionali. Sono commercializzabili solo se inseriti in un apposito elenco predisposto e aggiornato dalla Commissione europea. Possono essere immessi nel mercato anche se non rispettano appieno la conformità degli obblighi di igiene e autocontrollo. Non possono essere immessi nel mercato se non rispettano tutte le norme di corretta prassi igienica. Non possono essere commercializzati in deroga alle prescrizioni del regolamento (CE) n. 852 del 2004.

I controlli ufficiali. Servono a verificare la conformità delle attività realizzate dagli operatori del settore alimentare e a rilevare eventuali incongruenze prevedendo, in questo caso, delle sanzioni. Sono oggi disciplinati dal regolamento (UE) n. 625 del 2017 che prevede un corpo di norme orizzontali rivolte a tutti i controlli ufficiali, lasciando ad altri regolamenti più specifici la disciplina sui prodotti di origine animale e vegetale. Riguardano solo i prodotti di origine animale in quanto sono quelli più rischiosi per l’essere umano. Sono disciplinati dai regolamenti (UE) nn. 854 e 882 del 2004.

Il regolamento sui controlli ufficiali 2017/625. Si applica a tutti i controlli ufficiali sui prodotti alimentari ad eccezione dei prodotti di origine animale, i cui controlli sono disciplinati da uno specifico regolamento. Si applica a tutti i controlli ufficiali sui prodotti alimentari. Non riguarda la salute delle piante. Non riguarda i sottoprodotti di origine animale.

L'AGCCOM. Verifica se siano poste in essere pratiche commerciali scorrette ed ha poteri sanzionatori di carattere amministrativo. Verifica se la pubblicità di un prodotto alimentare sia ingannevole ma non se la pubblicità comparativa sia illecita, compito che spetta all’autorità giudiziaria. Verifica se siano poste in essere pratiche commerciali scorrette ma non ha poteri sanzionatori per cui è necessario l’intervento dei Carabinieri. Verifica se siano poste in essere pratiche commerciali scorrette ed ha poteri sanzionatori di carattere penale.

Gli alimenti sono sottoposti a controlli: Sanitari e merceologici-fiscali. 1) sanitari, 2) merceologici, 3) documentali-fiscali. Sanitari e documentali-fiscali. Solo sanitari.

I Carabinieri dei NAS e del Comando unità forestali, ambientali ed agroalimentari. Hanno competenze ben distinte da quelle attribuite alle ASL per evitare sovrapposizioni. Hanno le medesime competenze della Guardia di finanza. Hanno poteri di controllo sul commercio delle sostanze alimentari e sanzionatorio. Hanno competenze ben distinte da quelle attribuite all’ICQRF per evitare sovrapposizioni.

I controlli ufficiali sulle produzioni di qualità DOP, IGP e biologich. Sono eseguiti solo dall’ICQRF. Sono eseguiti dalle ASL e dai Carabinieri. Sono eseguiti da organismi di controllo accreditati e dall’ICQRF. Sono eseguiti solo da organismi di controllo accreditati dal Ministero dell’agricoltura.

I prodotti IG. Sono sottoposti ai controlli generali in tema di sicurezza e igiene degli alimenti e informazione ai consumatori come qualsiasi altro alimento a cui si aggiunge un controllo specifico volto a verificare la conformità dei prodotti al disciplinare di produzione. Sono sottoposti solo ai controlli generali in tema di sicurezza e igiene degli alimenti e informazione ai consumatori come qualsiasi altro alimento. Sono sottoposti ai controlli generali in tema di sicurezza e igiene degli alimenti e informazione ai consumatori come qualsiasi altro alimento o, alternativamente, ad un controllo specifico volto a verificare la conformità dei prodotti al disciplinare di produzione. Sono sottoposti esclusivamente ad un controllo specifico volto a verificare la conformità dei prodotti al disciplinare di produzione.

I MOCA possono essere. Materiali e oggetti attivi; Materiali e oggetti intelligenti. Qualsiasi imballo che può avvolgere un alimento. Solo quelli previsti dal Reg. 178/2002. Solo quelli previsto dal Reg. 1169/2011.

I MOCA. Sono disciplinati dal Regolamento (UE) n. 1935/2004. Sono disciplinati dal Regolamento (CE) n. 178/2002. Sono una fattispecie che non è regolamentata dalla legislazione alimentare. Riguardano gli alimenti posti in vendita preconfezionati ma non quelli sfusi.

La gestione del rischi. Spetta alla Commissione europea e anche agli Stati membri. Spetta all’EFSA. Spetta esclusivamente alla Commissione europea. Spetta all’EFSA, alla Commissione europea e allo Stato membro interessato.

03. Il regolamento FIAC. Disciplina solo le informazioni obbligatorie. Riguarda tutti i prodotti alimentari, preimballati e non preimballati. Ha la finalità di consentire al consumatore di adottare scelte consapevoli di carattere sanitario, ambientale, etico, sociale sugli alimenti. Riguarda solo i prodotti alimentari venduti sfusi.

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