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RA CAMPUS

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RA CAMPUS

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RA CAMPUS

Creation Date: 2023/12/03

Category: Others

Number of questions: 212

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01. L'industria 4.0 si definisce come: una tendenza dell'automazione industriale che vuole solo aumentare le condizioni di lavoro senza guardare alla la produttività degli impianti. una tendenza dell'automazione industriale che vuole riportare gli impianti di produzione a sole postazioni manuali. Una tendenza dell'automazione industriale che integra nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro, creare nuovi modelli di business e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti. una tendenza dell'automazione industriale che vuole solo aumentare la produttività degli impianti senza guardare alle condizioni di lavoro.

02. Un cyber-physical system è: un sistema informatico in grado di interagire in modo continuo con il sistema fisico in cui opera. Il sistema è composto da elementi fisici dotati ciascuno di capacità computazionale e riunisce strettamente le cosiddette "tre C": capacità computazionale, comunicazione e capacità di controllo. un sistema che consente agli operatori della fabbrica di vestire elementi robotici avanzati. un sistema informatico in grado di interagire in modo continuo con il sistema fisico in cui opera. Il sistema è composto da elementi fisici dotati ciascuno di capacità computazionale e riunisce strettamente le cosiddette "tre P": produzione, persone e patrimonio dell'azienda. un sistema informatico che non è grado di interagire con il sistema fisico in cui opera, ma che lavora in modo indipendente.

L'internet of things è: una evoluzione dell'uso della rete. Gli oggetti si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri elementi ad una distanza massima di 3 metri. una evoluzione dell'uso della rete. Gli oggetti si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri. la possibilità di navigare su internet grazie a un qualsiasi macchinario per potersi aggiornare durante l'orario di lavoro. una involuzione dell'uso della rete. Gli oggetti non si rendono riconoscibili e non acquisiscono intelligenza grazie al fatto di non poter comunicare dati e non poter accedere ad informazioni aggregate da parte di altri.

Le tecnologie dell'informazione sono: Industrial Internet of Things, Advanced Automation, Advanced Human Machine Interface. Cloud Manufacturing, Industrial Internet of Things, Additive Manufacturing. Advanced Human Machine Interface, Additive Manufacturing, Advanced Automation. Industrial Internet of Things, Cloud Manufacturing, Industrial Analytics.

Le tecnologie operazionali sono: Advanced Automation, Additive Manufacturing, Cloud Manufacturing. Advanced Human Machine Interface, Advanced Automation, Additive Manufacturing. Advanced Human Machine Interface, Additive Manufacturing, Cloud Manufacturing. Cloud Manufacturing, Industrial Internet of Things, Industrial Analytics.

Non sono tecnologie abilitanti: Advanced manufacturing. Manual Assembly Cells. Additive manufacturing. Integration orizzontale e verticale.

Le tre componenti fondamentali della Smart Factory sono: Smart Production, Smart Service e Smart Engineering. Smart Production, Smart Energy e Smart Cities. Smart Production, Smart Service e Smart Energy. Smart People, Smart Service e Smart Energy.

Le leggi della robotica sono: 1. Un robot non deve danneggiare un essere umano, né direttamente né per inazione; 2. Un robot non deve obbedire agli ordini degli umani, tranne quando ciò contrasta con la prima legge; 3. Un robot non deve preservare la sua esistenza, tranne quando ciò contrasta con la prima o seconda legge. 1. Un robot deve danneggiare un essere umano; 2. Un robot non deve obbedire agli ordini degli umani, tranne quando ciò contrasta con la prima legge; 3. Un robot non deve preservare la sua esistenza, tranne quando ciò contrasta con la prima o seconda legge. 1. Un robot non deve danneggiare un essere umano, né direttamente né per inazione; 2. Un robot deve obbedire agli ordini degli umani, tranne quando ciò contrasta con la prima legge; 3. Un robot non deve preservare la sua esistenza. 1. Un robot non deve danneggiare un essere umano, né direttamente né per inazione; 2. Un robot deve obbedire agli ordini degli umani, tranne quando ciò contrasta con la prima legge; 3. Un robot deve preservare la sua esistenza, tranne quando ciò contrasta con la prima o seconda legge.

Tra le sfide all'interno dell'Industria 4.0 non c'è: il 5G. il ritorno a postazioni di assemblaggio manuali e non automatizzate. la collaborazione uomo-robot. La sensoristica avanzata.

Definizione di robot industriale: sistemi elettromeccanici dotati di controllo automatico, riprogrammabili, multi-funzione, caratterizzati da due o meno assi (giunti motorizzati) che possono essere utilizzati in applicazioni industriali. sistemi meccanici dotati di movimentazione manuale, caratterizzati da tre o più assi che possono essere utilizzati in applicazioni industriali. sistemi elettromeccanici dotati di controllo automatico, riprogrammabili, multi-funzione, caratterizzati da tre o più assi (giunti motorizzati) che possono essere utilizzati in applicazioni industriali. sistemi elettromeccanici non dotati di controllo automatico ma solo di controllo manuale, caratterizzati da tre o più assi (giunti motorizzati) che possono essere utilizzati in applicazioni industriali.

Si definisce robot: un meccanismo attuato programmabile, caratterizzato da due o più assi (giunti motorizzati) che ne definiscono le capacità di moto, capaca di muoversi all’interno dell’ambiente in cui è situato e capace di realizzare task specifici. un meccanismo attuato programmabile, caratterizzato da due o meno assi (giunti motorizzati) che ne definiscono le capacità di moto, capaca di muoversi all’interno dell’ambiente in cui è situato e capace di realizzare task specifici. un meccanismo che consente di svolgere un unico task specifico e che non può essere riprogrammato per un altro task. un meccanismo non attuato, caratterizzato da due o più assi (giunti manuali) azionati manualmente dall'operatore che ne definiscono le capacità di moto, capaca di muoversi all’interno dell’ambiente in cui è situato e capace di realizzare task specifici in modo teleguidato.

I robot antropomorfi: sono caratterizzati da elevata flessibilità, ridotta capacità di movimento, ridotta destrezza. sono caratterizzati da elevata flessibilità, capacità di movimento, e ridotta destrezza. sono caratterizzati da ridotta flessibilità, capacità di movimento, destrezza. sono caratterizzati da elevata flessibilità, capacità di movimento, destrezza.

I robot delta: sono un tipo di robot a cinematica parallela caratterizzati da elevate velocità e precisioni di posizionamento. sono un tipo di robot a cinematica parallela caratterizzati da ridotte velocità e precisioni di posizionamento. sono un tipo di robot a cinematica seriale caratterizzati da elevate velocità e precisioni di posizionamento. sono un tipo di robot a cinematica seriale caratterizzati da ridotte velocità e precisioni di posizionamento.

I gradi di libertà di un corpo rigido: sono il numero di variabili indipendenti necessarie che consente di definire una delle infinite configurazioni del corpo e determinare la sua posizione nello spazio. sono il numero di variabili dipendenti necessarie per determinare univocamente la sua posizione nello spazio. sono il numero di variabili indipendenti necessarie per determinare univocamente la sua posizione nello spazio. non consentono di definire la sua posizione nello spazio in alcuna loro combinazione.

La matrice di rotazione consente: di definire l'orientazione di un sistema di riferimento rispetto a un altro. di definire la posizione traslazionale e l'orientazione di un sistema di riferimento rispetto a un altro. di definire la velocità traslazionale di un sistema di riferimento rispetto a un altro. di definire la posizione traslazionale di un sistema di riferimento rispetto a un altro.

La matrice di rotazione è costituita da: 16 elementi (matrice 4x4). 9 elementi (matrice 3x3). 4 elementi (matrice 2x2). 25 elementi (matrice 5x5).

Tra gli elementi della matrice di rotazione esistono: 3 vincoli. 4 vincoli. 9 vincoli. 6 vincoli.

Per definire completamente la matrice di rotazione servono: 6 variabili indipendenti. 9 variabili indipendenti. 4 variabili indipendenti. 3 variabili indipendenti.

La composizione di matrici di rotazione risulta: In una trasformazione in cui l'ordine delle rotazioni non influenza l'orientamento finale del corpo. In una trasformazione non lineare in cui l'ordine delle rotazioni influenza l'orientamento finale del corpo. In una trasformazione non lineare in cui l'ordine delle rotazioni non influenza l'orientamento finale del corpo. In una trasformazione lineare.

Un corpo rigido è caratterizzato da un numero di gradi di libertà nello spazio pari a: 6. 3. 8. 1.

Dei 27 set di angoli per la rappresentazione minima dell'orientazione: 12/27 distinti set di angoli sono ammissibili per la descrizione delle rotazioni di un corpo rigido nello spazio tridimensionale. 1/27 distinti set di angoli sono ammissibili per la descrizione delle rotazioni di un corpo rigido nello spazio tridimensionale. 9/27 distinti set di angoli sono ammissibili per la descrizione delle rotazioni di un corpo rigido nello spazio tridimensionale. 27/27 distinti set di angoli sono ammissibili per la descrizione delle rotazioni di un corpo rigido nello spazio tridimensionale.

La matrice omogenea: è caratterizzata da 9 elementi (matrice 3x3). è caratterizzata da 16 elementi (matrice 4x4). è caratterizzata da 4 elementi (matrice 2x2). è caratterizzata da 25 elementi (matrice 5x5).

La matrice omogenea: è un modo compatto per descrivere la matrice di rotazione di un sistema di riferimento rispetto a un altro. è un modo compatto per descrivere la posizione di un sistema di riferimento rispetto a un altro. non consente di descrivere né la rotazione, né la posizione di un sistema di riferimento rispetto a un altro. è un modo compatto per descrivere in una sola matrice orientazione e posizione di un sistema di riferimento rispetto a un altro.

La catena cinematica seriale: è un elemento meccanico che consente di trasmettere il moto del giunto del manipolatore. collega con link in parallelo la base del robot e il suo end-effector. è un elemento a catena di trasmissione del moto tra un albero motore e un altro elemento del robot. collega con link in serie la base del robot e il suo end-effector.

Il giunto del robot è: elemento di collegamento e montaggio del robot con l’ambiente esterno. elemento terminale del manipolatore che ne consente lo svolgimento del compito. elemento che definisce i gradi di libertà del manipolatore. elemento che garantisce il collegamento all’end-effector del robot di utensili addizionali.

Un giunto rotazionale: conferisce un grado di libertà rotazionale e un grado di libertà traslazionale. conferisce un grado di libertà traslazionale. non conferisce un grado di libertà rotazionale. conferisce un grado di libertà rotazionale.

Il tool di un robot è: elemento di collegamento tra due giunti. elemento che garantisce il collegamento all’end-effector del robot di utensili addizionali. elemento funzionale montato sull’end-effector del robot al fine di svolgere il task assegnato. elemento di collegamento e montaggio del robot con l’ambiente esterno.

Il Link del robot è: elemento che definisce i gradi di libertà del manipolatore. elemento di collegamento e montaggio del robot con l’ambiente esterno. sensore che consente la misurazione del movimento del giunto (sempre presente). elemento di collegamento tra due giunti.

L'end-effector del robot: è l'elemento terminale del manipolatore che ne consente lo svolgimento del compito. Definisce l'elemento di connessione tra robot e ambiente esterno per il suo montaggio. è l'elemento che definisce i gradi di libertà del manipolatore. è l'elemento che connette i giunti del manipolatore.

Un giunto prismatico: conferisce un grado di libertà rotazionale. non conferisce un grado di libertà traslazionale. conferisce un grado di libertà rotazionale e un grado di libertà traslazionale. conferisce un grado di libertà traslazionale.

La struttura del manipolatore: comprende solo l'end-effector del robot. comprende solo link e giunti del robot. comprende base, link, giunti ed end-effector del robot. non comprende la base del robot.

Lo spazio dei giunti: non considera come gradi di libertà le posizioni ai giunti del robot. considera come gradi di libertà la posizione Cartesiana dell'end-effector del robot. considera come gradi di libertà le rotazioni dell'end-effector del robot. considera come gradi di libertà le posizioni ai giunti del robot.

Il metodo di Denavit-Hartenberg: mostra alcuni casi particolari in cui la definizione dei sistemi di riferimento relativi ai giunti non è univoca. consente sempre in modo univoco la definizione dei sistemi di riferimento assoluti ai giunti. consente sempre in modo univoco la definizione dei sistemi di riferimento relativi ai giunti. non consente mai la definizione di sistemi di riferimento ai giunti.

La procedura di Denavit-Hartenberg prevede: Al passo 1 di definire l'asse z dell'iesimo sistema di riferimento coincidente all’asse di rotazione/traslazione relativo al giunto i+1. Al passo 1 di definire l'asse y dell'iesimo sistema di riferimento coincidente all’asse di rotazione/traslazione relativo al giunto i+1. Al passo 1 di definire l'asse x dell'iesimo sistema di riferimento coincidente all’asse di rotazione/traslazione relativo al giunto i+1. Al passo 1 di definire totalmente il sistema di riferimento iesimo.

Il metodo Denavit-Hartenberg: utilizza sistemi di riferimento fissi posizionati in corrispondenza dei giunti del robot. utilizza sistemi di riferimento relativi posizionati in corrispondenza dei giunti del robot. utilizza sistemi di riferimento fissi posizionati in punti strategici dello spazio di lavoro. utilizza sistemi di riferimento relativi posizionati in punti strategici dello spazio di lavoro.

L’approccio Denavit-Hartenberg: consente di risolvere il problema di cinematica inversa in modo formalizzato. consente di risolvere il problema di cinematica diretta in modo formalizzato. consente di risolvere il problema del calcolo delle accelerazioni dell'end-effector del robot in modo formalizzato. consente di risolvere il problema del calcolo delle velocità dell'end-effector del robot in modo formalizzato.

La cinematica diretta: consente di calcolare l'accelerazione ai giunti (q) del robot sulla base dell'accelerazione della parte terminale del robot. è un organo di trasmissione del moto che consente di non avere un riduttore nel motore del robot. è la trasformazione che consente di calcolare la posa (posizione e orientazione) della parte terminale del robot sulla base delle posizioni ai giunti (q). è la trasformazione che consente di calcolare le posizioni ai giunti (q) del robot sulla base della posa (posizione e orientazione) della parte terminale del robot.

Lo spazio di lavoro di un robot: dipende dalla struttura cinematica del robot. è lo stesso per ogni tipologia di robot. è indipendente dalla configurazione cinematica del robot. è indipendente dal numero di gradi di libertà del robot e dalla lunghezza dei suoi link.

Lo spazio di lavoro: considera come gradi di libertà le posizioni ai giunti del robot. considera come gradi di libertà la posa (orientamento e posizione) dell'end-effector del robot. considera come gradi di libertà l'orientamento dell'end-effector del robot. considera come gradi di libertà la posizione traslazionale dell'end-effector del robot.

Il metodo Denavit-Hartenberg: è caratterizzato da 4 parametri costanti e 1 parametero che definiscono il grado di libertà del singolo giunto. è caratterizzato da 1 parametro costante e 1 parametero che definiscono il grado di libertà del singolo giunto. è caratterizzato da 2 parametri costanti e 2 parameteri che definiscono i gradi di libertà del singolo giunto. è caratterizzato da 3 parametri costanti e 1 parametero che definiscono il grado di libertà del singolo giunto.

Nel metodo denavit-Hartenberg: il parametri theta del giunto iesimo definisce il grado di libertà rotazionale del giunto. il parametri d del giunto iesimo definisce il grado di libertà rotazionale del giunto. il parametri alpha del giunto iesimo definisce il grado di libertà rotazionale del giunto. il parametri a del giunto iesimo definisce il grado di libertà rotazionale del giunto.

Il metodo Denavit-Hartenberg è caratterizzato da: 4 parametri indipendenti in totale per ogni tipologia di robot. 8 parametri indipendenti per ogni giunto. 4 parametri indipendenti per ogni giunto. 16 parametri indipendenti per ogni giunto.

Il problema di cinematica inversa: non presenta mai soluzioni multiple. è sempre risolvibile per via analitica. presenta soluzioni multiple solo nel caso in cui il robot sia ridondante. può presentare soluzioni multiple anche se il robot non è ridondante.

La cinematica inversa: consiste nel ricavare la posa dell'end-effector del manipolatore dato il posizionamento ai giunti. consente di trasmettere il moto dal link al giunto del manipolatore. consiste nel ricavare le posizioni ai giunti del manipolatore dato il posizionamento dell’end-effector nello spazio di lavoro (o spazio Cartesiano). consiste nel ricavare le accelerazioni ai giunti del manipolatore date le accelerazioni dell’end-effector nello spazio di lavoro (o spazio Cartesiano).

Nel metodo Denavit-Hartenberg: il parametri d del giunto iesimo definisce il grado di libertà traslazionale del giunto. il parametri a del giunto iesimo definisce il grado di libertà traslazionale del giunto. il parametri alpha del giunto iesimo definisce il grado di libertà traslazionale del giunto. il parametri theta del giunto iesimo definisce il grado di libertà traslazionale del giunto.

Il Null Space: esiste solo se il robot è ridondante. definisce lo spazio Cartesiano che non comprende lo spazio di lavoro del robot (dove quindi il robot non ha la capacità di muoversi in quanto non raggiunge tali punti dello spazio Cartesiano). definisce le singolarità di un robot. esiste per ogni tipologia di robot.

Il Null Space: esiste sempre, per ogni tipologia di robot. è un concetto relativo alle singolarità del manipolatore. è un sottoinsieme dello spazio delle velocità in Cartesiano che non produce velocità nello spazio dei giunti. è un sottoinsieme dello spazio delle velocità ai giunti che non produce velocità nello spazio Cartesiano.

Lo Jacobiano: ha dimensione (m,n) dove m è definito dal numero di elementi del vettore delle velocità Cartesiane e n è definito dal numero di giunti del robot. è sempre una matrice quadrata di dimensione (n,n) dove n è definito dal numero di giunti del robot. è sempre uno scalare. ha dimensione (n,m) dove n è definito dal numero di giunti del robot e m è definito dal numero di elementi del vettore delle velocità Cartesiane.

Lo Jacobiano: definisce la relazione tra le accelerazioni ai giunti e le accelerazioni Cartesiane dell'end-effector. definisce la relazione tra le velocità ai giunti e le velocità Cartesiane dell'end-effector. è sempre uno scalare. definisce la relazione tra le posizioni ai giunti e la posa Cartesiana dell'end-effector.

Il problema di cinematica inversa: consente sempre di trovare una soluzione che consenta di raggiungere il punto Cartesiano dato. se il punto Cartesiano dato risulta fuori dallo spazio di lavoro del robot, il problema non è risolvibile. non consente mai di trovare una soluzione se il robot non è ridondante. è risolvibile solo per robot non ridondanti.

La risoluzione del problema di cinematica inversa: è lineare. è sempre ottenibile per via analitica. esiste sempre. è non lineare.

Il concetto di Null Space: consente di calcolare le accelerazioni necessarie al robot per raggiungere un punto definito nello spazio di lavoro. è associato alle singolarità cinematiche del robot, e ne consente di gestire tali configurazioni singolari. è associato alla ridondanza del robot, e ne consente di gestire la configurazione interna del robot senza influenzare la posa dell'end-effector del robot stesso. consente di calcolare lo spazio operativo in cui il robot non è in grado di posizionare il proprio end-effector in quanto al di fuori dei suoi limiti cinematici.

Le singolarità cinematiche: non sono funzione della catena cinematica del manipolatore. consentono di avere movimento nello spazio Cartesiano, ma nessun movimento nello spazio dei giunti. nascono a causa del fatto che il robot assume configurazioni nello spazio dei giunti caratterizzate da uno Jacobiano con rango non pieno. definiscono la ridondanza del manipolatore.

La ridondanza cinematica di un robot: è definita tenendo in considerazione sia i gradi di libertà del robot, che i gradi di libertà richiesti dal task di riferimento. è definita sulla base del confronto tra i gradi di libertà del robot e i gradi di libertà del corpo rigido nello spazio. è definita unicamente dai gradi di libertà richiesti dal task di riferimento, senza considerare i gradi di libertà del robot. è definita unicamente dal numero di gradi di libertà del robot.

Un robot è ridondante se: il numero di gradi di libertà richiesti dal task nello spazio operativo è superiore rispetto al numero di gradi di libertà del robot nello spazio dei giunti. il task che deve eseguire richiede un numero di gradi di libertà maggiore rispetto al numero di giunti del robot. ha un numero di gradi di libertà nello spazio dei giunti uguale al numero di gradi di libertà richiesti dal task nello spazio operativo. il numero di gradi di libertà richiesti dal task nello spazio operativo è inferiore rispetto al numero di gradi di libertà del robot nello spazio dei giunti.

Le singolarità cinematiche: si hanno solamente per robot non ridondanti. si hanno ad esempio quando il robot lavora ai limiti del suo spazio di lavoro. si hanno solamente per robot ridondanti. sono concettualmente uguali alle ridondanze cinematiche.

Le singolarità cinematiche risultano in: perdita di mobilità nello spazio Cartesiano ed elevate velocità nello spazio dei giunti. un robot ridondante. perdita di mobilità nello spazio dei giunti ed elevate velocità nello spazio Cartesiano. elevate velocità nello spazio Cartesiano ed elevate velocità nello spazio dei giunti.

La matrice di Coriolis nell'equazione dinamica del robot: è funzione della posizione e delle accelerazioni ai giunti del robot. è funzione della posizione e delle velocità ai giunti del robot. è funzione solo della velocità ai giunti del robot. è funzione solo della posizione ai giunti del robot.

La matrice di inerzia nell'equazione dinamica del robot: è sempre costante. è funzione delle accelerazioni dei giunti del robot. è funzione delle posizioni dei giunti del robot. è funzione delle velocità dei giunti del robot.

Il vettore di gravità nell'equazione dinamica del robot: è funzione della velocità ai giunti del robot. è funzione della accelerazione ai giunti del robot. è funzione della posizione e delle velocità ai giunti del robot. è funzione della posizione ai giunti del robot.

L'attrito nell'equazione dinamica del robot: è una funzione complessa, solitamente non lineare, funzione anche dell'hardware utilizzato. è sempre e solo funzione del software implementato per il controllo del robot. è sempre trascurabile. è una funzione costante, non dipendente dalla tipologia di hardware utilizzata.

L'equazione della dinamica del robot: è definita da una equazione differenziale non lineare. è sempre lineare. è costituita da sole matrici costanti. è costituita da sole matrici funzione della velocità del robot.

Le vettore di attuazione nell'equazione dinamica del robot: definisce l'inerzia degli elementi del robot. definisce le coppie esterne agenti sul robot. definisce le coppie erogate dai motori per controllare il moto del robot. definisce l'attrito agente sui giunti del robot.

La dinamica diretta consente: di definire la relazione tra posizioni ai giunti e posizioni dell'end-effector nello spazio Cartesiano. di definire la relazione tra posizioni/velocità/accelerazione e coppie di attuazione. di definire la relazione tra coppie di attuazione e posizioni/velocità/accelerazione. di definire la relazione tra posizioni dell'end-effector nello spazio Cartesiano e posizioni ai giunti.

La dinamica inversa definisce: la relazione tra posizioni ai giunti e posa dell'end-effector del robot nello spazio operativo. la relazione tra posizioni/velocità/accelerazioni ai giunti e coppie di attuazione. la relazione tra coppie di attuazione e posizioni/velocità/accelerazioni ai giunti. la relazione tra posa dell'end-effector del robot nello spazio operativo e posizioni ai giunti.

L'identificazione dinamica consente di: definire sperimentalmente i parametri del metodo Denavit-Hartenberg. definire sistematicamente e analiticamente i parametri del metodo Denavit-Hartenberg. calcolare analiticamente i parametri dell'equazione dinamica. stimare sperimentalmente i parametri dell'equazione dinamica.

Considerando le tecniche di identificazione dinamica: necessitano di un modello di riferimento. consentono di calcolare analiticamente i parametri dell'equazione dinamica. necessitano solo di misure di posizione dei giunti del robot. non necessitano di un modello di riferimento.

Le tecniche di path planning: consentono di includere nella definizione del problema la sola catena cinematica del robot. non consentono di evitare ostacoli nello spazio operativo. consentono di includere nella definizione del problema solo gli ostacoli esterni, ma non la catena cinematica del robot. consentono di evitare ostacoli nello spazio operativo, considerando anche la catena cinematica del robot.

Le tecniche di path planning e trajectory planning: Definiscono le coppie per il controllo del robot. Definiscono il riferimento per il controllo del robot. Definiscono la cinematica inversa del robot. Definiscono la cinematica diretta del robot.

Le tecniche di trajectory planning: definiscono, istante per istante, la cinematica diretta del robot. definiscono, istante per istante, le coppie ai giunti del manipolatore. definiscono, istante per istante, la cinematica inversa del robot. definiscono, istante per istante, le velocità e accelerazioni nello spazio dei giunti (o nello spazio operativo/spazio Cartesiano riportandole poi ai giunti) del manipolatore.

Le tecniche di path planning: definiscono, istante per istante, le posizioni ai giunti (o nello spazio operativo/spazio Cartesiano riportandole poi ai giunti) del manipolatore. definiscono, istante per istante, le velocità ai giunti (o nello spazio operativo/spazio Cartesiano riportandole poi ai giunti) del manipolatore. definiscono, istante per istante, le coppie ai giunti del manipolatore. definiscono, istante per istante, le accelerazioni ai giunti (o nello spazio operativo/spazio Cartesiano riportandole poi ai giunti) del manipolatore.

Le tecniche di progettazione del moto: definiscono, istante per istante, le posizioni/velocità/accelerazioni ai giunti del manipolatore. definiscono, istante per istante, la cinematica inversa del robot. definiscono, istante per istante, le coppie di attuazione del robot. definiscono, istante per istante, la cinematica diretta del robot.

Le tecniche di path planning: consentono sempre una soluzione analitica del problema. trattano solo sistemi lineari. non considerano la presenza di ostacoli esterni. sono solitamente tecniche numeriche che trattano problemi molto complessi.

Considerando le collisioni nel contesto degli algoritmi di path planning: non sono considerate negli algorimti di path planning quando vi sono più di un ostacolo. sono considerate negli algorimti di path planning e sono di semplice definizione. non sono mai considerate negli algorimti di path planning. sono considerate negli algorimti di path planning ma non sono di semplice definizione.

L'attractive potential field per le tecniche di path planning definisce: un campo attrattivo verso la un ostacolo. un campo attrattivo verso la posizione target che il robot deve raggiungere. un campo repulsivo dalla posizione finale da raggiungere. un campo repulsivo da un ostacolo.

La forma quadratica dell'attractive potential field utilizzato nelle tecniche di path planning: non è definito in base alla distanza tra la posizione del robot e la posizione finale target da raggiungere. è definito in base alla distanza tra la posizione del robot e la posizione finale target da raggiungere. è definito in base alla dimensione degli ostacoli nello spazio di lavoro. è definito in base alla distanza tra la posizione del robot e la posizione degli ostacoli.

Le tecniche di potential field applicate al problema del path planning: definiscono solo un campo repulsivo per non far collidere il robot con gli ostacoli esterni. definiscono una mappatura statica dello spazio di lavoro, selezionando un percorso predefinito per muoversi in esso. definiscono solo un campo attrattivo per guidare il moto del robot. definiscono un campo attrattivo per guidare il moto del robot e un campo repulsivo per non farlo collidere con gli ostacoli esterni.

Il repulsive potential field utilizzato nelle tecniche di path planning: definisce un campo attrattivo verso gli ostacoli presenti nello spazio di lavoro. definisce un campo attrattivo verso la posizione da raggiungere. definisce un campo repulsivo rispetto alla posizione da raggiungere. definisce un campo repulsivo rispetto agli ostacoli presenti nello spazio di lavoro.

La forma quadratica dell'attractive potential field utilizzato nelle tecniche di path planning: definisce una forza repulsiva dalla posizione da raggiungere che diminuisce quadraticamente al diminuire della distanza tra robot e la posizione target da raggiungere. definisce una forza attrattiva verso un ostacolo che aumenta al diminuire della distanza con la posizione target da raggiungere. definisce una forza attrattiva verso la posizione da raggiungere che diminuisce quadraticamente al diminuire della distanza tra robot e la posizione target da raggiungere. definisce una forza attrattiva verso la posizione da raggiungere che diminuisce linearmente al diminuire della distanza tra robot e la posizione target da raggiungere.

La forza applicata dal repulsive field nell'ambito del path planning: aumenta con l'aumentare della distanza tra il robot e la posizione da raggiungere. è costante. aumenta con il diminuire della distanza tra il robot e l'ostacolo. aumenta con l'aumentare della distanza tra il robot e l'ostacolo.

Nel caso in cui i repulsive filed di due ostacoli diversi risultino sovrapposti: è necessario eliminare entrambi i repulsive fields per evitare discontinuità nella forza di repulsione. la forza di repulsione può presentare discontinuità, richiedendo di modificare la definizione dei campi repulsivi per non essere sovrapposti. è necessario definire un unico repulsive field per i due ostacoli. la forza di repulsione risulta sempre continua.

Definire l'approccio potential field nello spazio Cartesiano rispetto a definirlo nello spazio dei giunti: risulta in una modalità più complessa per la definizione del posizionamento degli ostacoli. consente di definire in modo più semplice il posizionamento degli ostacoli. viene fatto solo per poter evitare di mandare il robot al di fuori del suo spazio di lavoro. non consente di tenere in considerazione la posizione degli ostacoli.

Nella fase di connessione dei metodi probabilistic roadmap: una volta che tutti i nodi sono collegati alla rete (ovvero quando la mappatura è completa), un path planner locale viene utilizzato per collegare il punto iniziale e il punto finale della traiettoria, in modo da generare il percorso per il robot. la rete viene incrementata attraverso una fase di accrescimento, nella quale nuovi nodi e connessioni sono aggiunti per connettere parti della rete altrimenti scollegate. un set di configurazioni iniziali (ovvero di nodi) viene generato casualmente nello spazio di lavoro. Tali nodi serviranno per la creazione della rete (ovvero della mappatura). un semplice path planner locale viene utilizzato per connettere coppie di nodi (attraverso segmenti rettilinei o archi di circonferenza).

Il metodo probabilistic roadmap relativo al problema di path planning prevede, in ordine, i seguenti passi: 1. Connessione; 2. Campionamento; 3. Accrescimento; 4. Generazione. 1. Campionamento; 2. Accrescimento; 3. Connessione; 4. Generazione. 1. Generazione; ; 2. Campionamento; 3. Connessione; 4. Accrescimento. 1. Campionamento; 2. Connessione; 3. Accrescimento; 4. Generazione.

Le metodologie di Probabilistic Roadmap relative al path planning: consentono di definire un campo attrattivo e un campo repulsivo che guidino la progettazione del moto del robot. consentono di costruire velocemente una rappresentazione di Qfree che non possa essere utilizzata per la pianificazione del percorso del robot. consentono di costruire velocemente una rappresentazione di Qfree che possa essere utilizzata per la pianificazione del percorso del robot. non consentono di costruire velocemente una rappresentazione di Qfree che possa essere utilizzata per la pianificazione del percorso del robot.

Nella fase di campionamento dei metodi probabilistic roadmap: la rete viene incrementata attraverso una fase di accrescimento, nella quale nuovi nodi e connessioni sono aggiunti per connettere parti della rete altrimenti scollegate. una volta che tutti i nodi sono collegati alla rete (ovvero quando la mappatura è completa), un path planner locale viene utilizzato per collegare il punto iniziale e il punto finale della traiettoria, in modo da generare il percorso per il robot. un semplice path planner locale viene utilizzato per connettere coppie di nodi (attraverso segmenti rettilinei o archi di circonferenza). un set di configurazioni iniziali (ovvero di nodi) viene generato casualmente nello spazio di lavoro. Tali nodi serviranno per la creazione della rete (ovvero della mappatura).

Nella fase di accrescimento dei metodi probabilistic roadmap: un set di configurazioni iniziali (ovvero di nodi) viene generato casualmente nello spazio di lavoro. Tali nodi serviranno per la creazione della rete (ovvero della mappatura). la rete viene incrementata attraverso una fase di accrescimento, nella quale nuovi nodi e connessioni sono aggiunti per connettere parti della rete altrimenti scollegate. una volta che tutti i nodi sono collegati alla rete (ovvero quando la mappatura è completa), un path planner locale viene utilizzato per collegare il punto iniziale e il punto finale della traiettoria, in modo da generare il percorso per il robot. un semplice path planner locale viene utilizzato per connettere coppie di nodi (attraverso segmenti rettilinei o archi di circonferenza).

Nella fase di generazione nei metodi probabilistic roadmap relativi al problema di path planning: un set di configurazioni iniziali (ovvero di nodi) viene generato casualmente nello spazio di lavoro. Tali nodi serviranno per la creazione della rete (ovvero della mappatura). un semplice path planner locale viene utilizzato per connettere coppie di nodi (attraverso segmenti rettilinei o archi di circonferenza). la rete viene incrementata attraverso una fase di accrescimento, nella quale nuovi nodi e connessioni sono aggiunti per connettere parti della rete altrimenti scollegate. una volta che tutti i nodi sono collegati alla rete (ovvero quando la mappatura è completa), un path planner locale viene utilizzato per collegare il punto iniziale e il punto finale della traiettoria, in modo da generare il percorso per il robot.

La modellazione degli ostacoli nei metodi di path planning: non è fondamentale. è funzione solo dell'efficienza computazionale. è funzione solo della complessità geometrica dell'ostacolo. è un trade-off tra complessità ed efficienza computazionale.

Nella modellazione degli ostacoli per gli algoritmi di path planning: più la geometria da modellare è complessa e più la geometria semplificata è semplice, più la perdita di spazio senza collisioni intorno all’ostacolo risulta elevata. più la geometria da modellare è semplice, più la geometria semplificata per la sua modellazione deve risultare complessa. si modella l'ostacolo con la sua stessa geometria, non importa se semplice o complessa. la geometria utilizzata per la modellazione dell'ostacolo non influenza l'efficienza computazionale.

Una volta che il metodo probabilistic roadmap ha creato una rete che modella lo spazio di lavoro: la stessa rete può essere utilizzata anche con ostacoli dinamici. si può utilizzare la rete fino a che gli ostacoli rimangono nella stessa posizione/configurazione. non si può utilizzare la rete fino a che gli ostacoli rimangono nella stessa posizione/configurazione. si può utilizzare la rete anche se gli ostacoli cambiano posizione/configurazione.

Le tecniche di trajectory planning non consentono: di gestire il tempo di esecuzione del task. di gestire i limiti di velocità del manipolatore. di gestire i limiti di accelerazione del manipolatore. di considerare la posizione degli ostacoli.

Il polinomio quintico nel problema di trajectory planning: consente di definire posizione e velocità iniziali/finali della traiettoria da eseguire, ma non le accelerazioni. consente di definire accelerazioni e velocità iniziali/finali della traiettoria da eseguire, ma non le posizioni. consente di definire posizione, velocità e accelerazioni iniziali/finali della traiettoria da eseguire. consente di definire posizione e accelerazioni iniziali/finali della traiettoria da eseguire, ma non le velocità.

Il polinomio cubico nel problema di trajectory planning: è caratterizzato da 3 coefficienti. è caratterizzato da 5 coefficienti. è caratterizzato da 4 coefficienti. è caratterizzato da 6 coefficienti.

Il polinomio cubico nel problema di trajectory planning: non consente di definire velocità iniziali/finali di esecuzione della traiettoria. non consente di definire il tempo di esecuzione della traiettoria. non consente di definire accelerazioni iniziali/finali di esecuzione della traiettoria. non consente di definire posizioni iniziali/finali di esecuzione della traiettoria.

Il polinomio quintico nel problema di trajectory planning: è caratterizzato da 5 coefficienti. è caratterizzato da 4 coefficienti. è caratterizzato da 3 coefficienti. è caratterizzato da 6 coefficienti.

Il controllo del robot consente di: definire l'azione di controllo (coppie) del robot. definire la cinematica diretta del robot. definire la cinematica inversa del robot. definire il percorso che deve seguire il robot.

Il controllo di traiettoria utilizza come ingresso (e quindi come riferimento): la traiettoria progettata da path planning + trajectory planning. la cinematica diretta del robot. la cinematica inversa del robot. le coppie erogate dai motori.

Il controllo di traiettoria del robot: consente di inseguire una data traiettoria. consente di calcolare la cinematica inversa del robot. consente di calcolare la cinematica diretta del robot. consente di controllare una forza.

Il controllo di traiettoria: non prevede l'interazione tra robot e ambiente. definisce la relazione tra la cinematica diretta e la cinematica inversa del robot. prevede l'interazione tra robot e ambiente. prevede la misura dell'interazione tra robot e ambiente.

Il controllo di interazione: non prevede lo scambio di forze tra robot e ambiente. prevede lo scambio di forze tra robot e ambiente. consente di progettare il percorso che il robot deve seguire. consente di progettare la traiettoria (posizioni/velocità/accelerazioni) che il robot deve seguire.

Il controllo di forza diretto: consente di controllare una traiettoria di riferimento. consente di controllare una forza di riferimento. consente di definire un comportamento dinamico di riferimento, non il controllo di una forza di riferimento. consente di calcolare la cinematica inversa del robot.

Il controllo di forza indiretto: consente di controllare una forza di riferimento. consente di definire un comportamento dinamico del robot controllato. consente di controllare una traiettoria di riferimento. consente di calcolare la cinematica diretta del robot.

Le performance relative all'accuratezza del robot sono definite come: data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento finale del robot sia il più costante possibile (ovvero avvenga sempre nello stesso punto). data una posizione di riferimento, si verifica che l’energia assorbita dal manipolatore sia limitata, e che quindi il robot risulti energeticamente efficiente. data una posizione di riferimento, si verifica che il controllore consenta di raggiungere l’obiettivo nel tempo richiesto dal task. data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento del robot avvenga sempre il più vicino possibile vicino al riferimento dato.

Le performance di ripetibilità sono definite come: data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento finale del robot sia il più costante possibile (ovvero avvenga sempre nello stesso punto). data una posizione di riferimento, si verifica che il controllore consenta di raggiungere l’obiettivo nel tempo richiesto dal task. data una posizione di riferimento, si verifica che l’energia assorbita dal manipolatore sia limitata, e che quindi il robot risulti energeticamente efficiente. data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento del robot avvenga sempre il più vicino possibile vicino al riferimento dato.

Le performance di risparmio energetico sono definite come: data una posizione di riferimento, si verifica che l’energia assorbita dal manipolatore sia limitata, e che quindi il robot risulti energeticamente efficiente. data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento del robot avvenga sempre il più vicino possibile vicino al riferimento dato. data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento finale del robot sia il più costante possibile (ovvero avvenga sempre nello stesso punto). data una posizione di riferimento, si verifica che il controllore consenta di raggiungere l’obiettivo nel tempo richiesto dal task.

Le performance di velocità di esecuzione del task sono definite come: data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento finale del robot sia il più costante possibile (ovvero avvenga sempre nello stesso punto). data una posizione di riferimento, viene valutato che il posizionamento del robot avvenga sempre il più vicino possibile vicino al riferimento dato. data una posizione di riferimento, si verifica che il controllore consenta di raggiungere l’obiettivo nel tempo richiesto dal task. data una posizione di riferimento, si verifica che l’energia assorbita dal manipolatore sia limitata, e che quindi il robot risulti energeticamente efficiente.

Le prestazioni del controllo di traiettoria non sono influenzate da: implementazione dell'algoritmo di controllo. sensori disponibili. umore dell'operatore. hardware utilizzato.

I controllori in anello aperto: funzionano sempre, indipendentemente dalla modellazione della dinamica del sistema. sono caratterizzati da una dipendenza tra azione di controllo e uscita del sistema. sono solitamente abbinati a controllori in anello chiuso che ne consentono di compensare errori di modellazione/stima della dinamica del sistema. necessitano di misure in retroazione.

Il controllo in anello aperto: è ottimo dal punto di vista della compensazione dei disturbi. non necessita di un modello matematico accurato. consente sempre di compensare errori di modellazione/stima della dinamica del sistema. necessita di un modello matematico accurato.

Un vantaggio del controllo in feedforward è: La possibilità di eliminare sensori per la misura della grandezza da controllare. Scarsa robustezza alla presenza di disturbi agenti sul sistema. Scarsa robustezza alle variazioni parametriche nel modello, dovute ad esempio all'invecchiamento dei componenti. Necessità di sviluppare un modello matematico accurato.

Uno svantaggio del controllo in anello aperto è: ridotti costi e tempi di implementazione del controllore. scarsa robustezza alla presenza di disturbi agenti sul sistema. la possibilità di eliminare sensori per la misura della grandezza da controllare. assenza di ritardi nella lettura dell'uscita misurata.

Nel controllo in feedforward: il controllo applicabile è solo un PID. l’azione di controllo risulta essere indipendente dall’uscita del sistema. il controllo applicabile è solo un PD. l’azione di controllo risulta essere dipendente dall’uscita del sistema.

Considerando le prestazioni del controllo di traiettoria, la frequenza di controllo: più è bassa, migliori sono le prestazioni. deve essere sempre < 0.1 Hz. più è alta, migliori sono le prestazioni. non influenza le prestazioni.

Considerando il controllo di traiettoria Cartesiano: richiede in ingresso (come riferimento) le coppie da erogare al motore. necessita solo del calcolo della cinematica diretta del manipolatore. è identico al controllo di traiettoria ai giunti. necessita del calcolo della cinematica inversa del manipolatore.

Considerando le prestazioni del controllo di traiettoria, l'attrito ai giunti: risulta in errori relativi al calcolo della cinematica diretta. non influenza le prestazioni del controllo. risulta in errori relativi al calcolo della cinematica inversa. influenza le prestazioni del controllo.

Considerando il controllo di traiettoria del robot l'elasticità dei giunti: non influenza le prestazioni del controllo. influenza le prestazioni del controllo. consente di avere un comportamento perfettamente rigido per il robot. non introduce errori/incertezze nel calcolo della cinematica inversa/diretta del robot.

L'azionamento: è definito dalla cinematica del robot. è un elemento hardware realizzato per trasmettere potenza meccanica da un sistema di controllo a un sistema controllato. è la leva che aziona l'accensione e lo spegnimento del robot. è definito solo dal motore utilizzato.

Uno svantaggio del controllo in anello chiuso: Non necessita di un modello matematico eccessivamente accurato. Necessità di gestire i ritardi relativi alle misure ottenute dai sensori. Elevata robustezza alle variazioni parametriche nel modello. Elevata robustezza alla presenza di disturbi agenti sul sistema.

Un vantaggio del controllo in feedback: Sensibilità ai malfunzionamenti dei sensori. Necessità di gestire i ritardi relativi alle misure ottenute dai sensori. Elevata robustezza alle variazioni parametriche nel modello. Maggiori costi di implementazione software e hardware.

Il controllo in feedback: è sempre e per forza un PID. valuta l’errore tra ingresso e uscita del sistema per definire l'azione di controllo. è sempre e per forza un PD. non valuta l’errore tra ingresso e uscita del sistema per definire l'azione di controllo.

Il controllo in anello chiuso: non ha bisogno di un modello matematico della dinamica del sistema accurato. non sfrutta misurazioni fatte sul sistema da controllare. ha bisogno di un modello matematico della dinamica del sistema accurato. definisce la cinematica diretta del robot.

Il controllo in feedback: non ha bisogno di misurazioni sul sistema da controllare. l’azione di controllo non dipende dall’uscita del sistema. l’azione di controllo dipende dall’uscita del sistema. non necessita di una retroazione.

La risposta dinamica nel dominio del tempo: è facile da calcolare sempre. risulta dalla risoluzione di un'equazione differenziale. risulta dalla risoluzione di un'equazione algebrica. non si può mai calcolare.

Le equazioni della dinamica: definiscono la cinematica diretta del robot. non definiscono il legame che sussiste tra le variabili di ingresso e le variabili di uscita del sistema. definiscono la cinematica inversa del robot. definiscono il legame che sussiste tra le variabili di ingresso e le variabili di uscita del sistema.

La risposta dinamica: può essere calcolata nel dominio del tempo e delle frequenze per sistemi lineari o linearizzati. può essere calcolata nel dominio del tempo e delle frequenze per sistemi non lineari. può essere calcolata solo nel dominio del tempo. può essere calcolata solo nel dominio delle frequenze.

La trasformata di Laplace si calcola: F(s)= integr (da 0 a infinito) F(s)*e^(-st) *ds. F(s)= integr (da 0 a infinito) F(t)*e^(-st) *ds. F(s)= integr (da 0 a infinito) F(t)*e^(-s) *ds. F(s)= integr (da 0 a infinito) F(t)*e^(-t) *ds.

L trasformata di Laplace: consente di trasformare un segnale nel dominio del tempo in un segnale nel dominio delle frequenze. è un'operazione che si può effettuare solo per sistemi dinamici non lineari. non si può mai calcolare. consente di trasformare un segnale nel dominio delle frequenze in un segnale nel dominio del tempo.

Lo smorzamento della funzione di trasferimento: definisce la robustezza del sistema a disturbi esterni. definisce unicamente la stabilità del sistema. definisce la banda passante del sistema. definisce la capacità di smorzare oscillazioni del sistema.

La funzione di trasferimento: definisce il legame tra ingresso e uscite di un sistema dinamico nel dominio delle frequenze. definisce il legame tra ingresso e uscite di un sistema dinamico nel dominio del tempo. è calcolabile solo per motori con rapporto di riduzione >100. definisce la capacità del motore di trasferire il moto.

Un sistema dinamico risulta instabile se applicato un ingresso impulsivo: l’uscita del sistema non converge al valore iniziale, ma non diverge. l'uscita diverge. l’uscita del sistema converge al valore iniziale in cui il sistema si trovava. l'uscita non cambia mai.

L'intensità dell'azione di controllo definisce il requisito per cui: La variabile controllata deve inseguire le variazioni del riferimento, e reagire a perturbazioni sui disturbi, con sufficiente rapidità, e senza manifestare comportamenti oscillatori. A causa dei limiti di funzionamento lineare degli attuatori, oltre che per non danneggiare gli attuatori stessi, occorre evitare che la variabile di controllo subisca brusche variazioni o assuma valori eccessivi. Il sistema in anello chiuso deve essere asintoticamente stabile, altrimenti qualsiasi perturbazione agente in qualsiasi punto dell’anello si amplificherebbe indefinitamente. A regime, a seguito di assegnate perturbazioni degli ingressi, l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere nullo, oppure inferiore ad una soglia prefissata.

La precisione dinamica definisce il requisito per cui: A causa dei limiti di funzionamento lineare degli attuatori, oltre che per non danneggiare gli attuatori stessi, occorre evitare che la variabile di controllo subisca brusche variazioni o assuma valori eccessivi. Il sistema in anello chiuso deve essere asintoticamente stabile, altrimenti qualsiasi perturbazione agente in qualsiasi punto dell’anello si amplificherebbe indefinitamente. La variabile controllata deve inseguire le variazioni del riferimento, e reagire a perturbazioni sui disturbi, con sufficiente rapidità, e senza manifestare comportamenti oscillatori. a regime, a seguito di assegnate perturbazioni degli ingressi, l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere nullo, oppure inferiore ad una soglia prefissata.

La precisione statica di un sistema controllato definisce il requisito per cui: A causa dei limiti di funzionamento lineare degli attuatori, oltre che per non danneggiare gli attuatori stessi, occorre evitare che la variabile di controllo subisca brusche variazioni o assuma valori eccessivi. La variabile controllata deve inseguire le variazioni del riferimento, e reagire a perturbazioni sui disturbi, con sufficiente rapidità, e senza manifestare comportamenti oscillatori. Il sistema in anello chiuso deve essere asintoticamente stabile, altrimenti qualsiasi perturbazione agente in qualsiasi punto dell’anello si amplificherebbe indefinitamente. A regime, a seguito di assegnate perturbazioni degli ingressi, l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere nullo, oppure inferiore ad una soglia prefissata.

La stabilità di un sistema controllato definisce il requisito per cui: A regime, a seguito di assegnate perturbazioni degli ingressi, l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere nullo, oppure inferiore ad una soglia prefissata. A causa dei limiti di funzionamento lineare degli attuatori, oltre che per non danneggiare gli attuatori stessi, occorre evitare che la variabile di controllo subisca brusche variazioni o assuma valori eccessivi. Il sistema in anello chiuso deve essere asintoticamente stabile, altrimenti qualsiasi perturbazione agente in qualsiasi punto dell’anello si amplificherebbe indefinitamente. La variabile controllata deve inseguire le variazioni del riferimento, e reagire a perturbazioni sui disturbi, con sufficiente rapidità, e senza manifestare comportamenti oscillatori.

La funzione di risposta in frequenza: Esiste solo per sistemi stabili. Esiste solo nel dominio del tempo. è indipendente dalla stabilità del sistema. Esiste solo per sistemi instabili.

Considerando un sistema lineare con funzione di trasferimento G(s) e imponendo un ingresso u(t) con andamento sinusoidale, il teorema della risposta in frequenza afferma che: se il sistema dinamico è asintoticamente stabile, il suo transitorio iniziale è nullo e il sistema diverge immediatamente. se il sistema dinamico è asintoticamente stabile, esaurito un transitorio iniziale, diventa instabile. se il sistema dinamico è asintoticamente stabile, esaurito un transitorio iniziale, anche l’uscita del sistema risulta sinusoidale. se il sistema dinamico è instabile, esaurito un transitorio iniziale, anche l’uscita del sistema risulta sinusoidale.

Gli zeri di una funzione di trasferimento G(s)=N(s)/D(s): sono le radici del denominatore D(s). definiscono la robustezza del sistema ai disturbi esterni. è un guadagno costante che moltiplica il rapporto tra la produttoria degli zeri e la produttoria dei poli. sono le radici del numeratore N(s).

La linearizzazione di un sistema dinamico non lineare si calcola: f(x,u). f(x,u) Sx(t) Su(t). f(x,u) + der (f/x) Sx(t) + der (f/u) Su(t). f(x,u) + der (f/x) Su(t) + der (f/u) Sx(t).

Un sistema dinamico è semplicemente stabile se applicato un ingresso impulsivo: l’uscita diverge. l'uscita non cambia mai. l’uscita del sistema non converge al valore iniziale, ma non diverge. l’uscita del sistema converge al valore iniziale in cui il sistema si trovava.

Un sistema dinamico è asintoticamente stabile se applicando un ingresso impulsivo: l'uscita non cambia mai. l’uscita diverge. terminata la perturbazione l’uscita non converge al valore iniziale, ma non diverge. terminata la perturbazione l’uscita del sistema converge al valore iniziale in cui il sistema si trovava.

Un sistema dinamico è instabile: sempre. se e solo se tutti i poli della sua funzione di trasferimento hanno parte reale negativa o nulla, almeno uno ha parte reale nulla, e tutti i poli a parte reale nulla sono semplici (ossia radici non multiple del denominatore). se e solo se tutti i poli della sua funzione di trasferimento hanno parte reale negativa. se e solo se almeno un polo della sua funzione di trasferimento ha parte reale positiva oppure ha parte reale nulla e non è semplice (ossia è multiplo – ne esistono più di uno con lo stesso valore).

Un sistema dinamico è semplicemente stabile: se e solo se almeno un polo della sua funzione di trasferimento ha parte reale positiva oppure ha parte reale nulla e non è semplice (ossia è multiplo – ne esistono più di uno con lo stesso valore). sempre. se e solo se tutti i poli della sua funzione di trasferimento hanno parte reale negativa. se e solo se tutti i poli della sua funzione di trasferimento hanno parte reale negativa o nulla, almeno uno ha parte reale nulla, e tutti i poli a parte reale nulla sono semplici (ossia radici non multiple del denominatore).

Un sistema dinamico è asintoticamente stabile: se e solo se tutti i poli della sua funzione di trasferimento hanno parte reale negativa o nulla, almeno uno ha parte reale nulla, e tutti i poli a parte reale nulla sono semplici (ossia radici non multiple del denominatore). se e solo se almeno un polo della sua funzione di trasferimento ha parte reale positiva oppure ha parte reale nulla e non è semplice (ossia è multiplo – ne esistono più di uno con lo stesso valore). sempre. se e solo se tutti i poli della sua funzione di trasferimento hanno parte reale negativa.

La pulsazione naturale della funzione di trasferimento G(s)=N(s)/D(s): definisce la capacità del sistema di essere robusto ai disturbi esterni. sono le radici del denominatore D(s). definisce la banda passante del sistema. definisce la capacità di smorzare oscillazioni del sistema.

I poli di una funzione di trasferimento G(s)=N(s)/D(s): è un guadagno costante. sono le radici del denominatore D(s). definiscono la robustezza del sistema a disturbi esterni. definiscono i poli magnetici del motore.

Il polinomio caratteristico per un sistema controllato in anello chiuso è: il numeratore della funzione di trasferimento d'anello chiuso. il denominatore della funzione di trasferimento d'anello. il numeratore della funzione di trasferimento d'anello. il denominatore della funzione di trasferimento d'anello chiuso.

Il margine di fase per il criterio di Bode per la stabilità di un sistema controllato in anello chiuso si calcola come: differenza tra -180° e la fase critica, presa in modulo. differenza tra 90° e la fase critica, presa in modulo. differenza tra 180° e la fase critica, presa in modulo. differenza tra 360° e la fase critica, presa in modulo.

La stabilità di un sistema lineare: non dipende da ingressi e uscite ma è una proprietà del sistema stesso. dipende dalle uscite. dipende sia dalle uscite che dagli ingressi. dipende dagli ingressi.

Il margine di guadagno nel criterio di Bode per la verifica di stabilità di un sistema controllato consente di: quantificare la banda passante del sistema. Il margine di guadagno deve essere > 1. quantificare la banda passante del sistema. Il margine di guadagno deve essere < 1. quantificare la stabilità del sistema. Il margine di guadagno deve essere < 1. quantificare la stabilità del sistema. Il margine di guadagno deve essere > 1.

Il margine di fase nel criterio di Bode per la verifica di stabilità di un sistema controllato in anello chiuso consente: di quantificare la robustezza alla stabilità. Più alto è il margine di fase, più robusto è il sistema. da solo di verificare la stabilità del sistema controllato. di quantificare la banda passante del sistema. Più alto è il margine di fase, più alta è la banda passante del sistema. di quantificare la robustezza alla stabilità. Più basso è il margine di fase, più robusto è il sistema.

La pulsazione critica per il criterio di Bode per la verifica di stabilità di un sistema controllato in anello chiuso è: pulsazione alla quale il diagramma di Bode del modulo è intersecato sull’asse delle ascisse a 10dB. pulsazione alla quale il diagramma di Bode del modulo è intersecato sull’asse delle ascisse a -1000dB. pulsazione alla quale il diagramma di Bode del modulo è intersecato sull’asse delle ascisse a -10dB. pulsazione alla quale il diagramma di Bode del modulo è intersecato sull’asse delle ascisse a 0dB.

Considerando le prestazioni dinamiche di un sistema controllato, la funzione di sensitività: consente di valutare la reiezione dei disturbi in linea di retroazione. consente di valutare le capacità di smorzamento del sistema controllato. consente di valutare la reiezione dei disturbi in linea di andata. consente di valutare la moderazione del controllo.

Il criterio di Bode per la stabilità di un sistema controllato in anello chiuso afferma, data una funzione di trasferimento d’anello L(s): - Senza poli a parte reale positiva; - Il cui diagramma di Bode del modulo intersechi solamente una volta l’asse delle ascisse a 0dB.; che: il sistema in anello chiuso è asintoticamente stabile se e solo se il guadagno d’anello ed il margine di fase sono entrambi negativi. il sistema in anello chiuso è asintoticamente stabile se e solo se la pulsazione critica ed il margine di fase sono entrambi positivi. il sistema in anello chiuso è instabile se e solo se il guadagno d’anello ed il margine di fase sono entrambi positivi. il sistema in anello chiuso è asintoticamente stabile se e solo se il guadagno d’anello ed il margine di fase sono entrambi positivi.

Il criterio di Nyquist per la stabilità di un sistema controllato in anello chiuso (con Pd numero di poli a parte reale strettamente positiva di L(s); N numero di giri compiuti dal diagramma di Nyquist intorno al punto −1 dell’asse reale, contati positivamente in senso antiorario. Se il diagramma passa per il punto −1, N si dice non definito) afferma che: il sistema in anello chiuso è asintoticamente stabile se e solo se N è ben definito e risulta N = Pd. il sistema in anello chiuso è instabile se e solo se N è ben definito e risulta N = Pd. il sistema in anello chiuso è instabile se e solo se N è ben definito e risulta N > Pd. il sistema in anello chiuso è asintoticamente stabile se e solo se risulta N = Pd.

La stabilità di un sistema controllato in anello chiuso è data: dalle radici del denominatore della funzione di trasferimento d'anello chiuso. dalle radici del numeratore della funzione di trasferimento d'anello. dalle radici del denominatore della funzione di trasferimento d'anello. dalle radici del numeratore della funzione di trasferimento d'anello chiuso.

Data la funzione di trasferimento d'anello L(s) = N(s)/D(s), la funzione di trasferimento d'anello chiuso è: D(s)/N(s). D(s)/( N(s) + D(s) ). N(s)/( N(s) + D(s) ). L(s)/N(s).

Data la funzione di trasferimento d'anello L(s)=N(s)/D(s): la funzione di trasferimento d'anello chiuso è y/y0 = 1/L(s). la funzione di trasferimento d'anello chiuso è y/y0 = L(s)/( 1 + L(s) ). la funzione di trasferimento d'anello chiuso è y/y0 = ( 1+ L(s) )/L(s). la funzione di trasferimento d'anello chiuso è y/y0 = D(s)/( N(s) + D(s) ).

Considerando le prestazioni dinamiche di un sistema controllato, la banda passante: definisce la capacità del sistema di non presentare oscillazioni rilevanti durante le fasi di transitorio. definisce la rapidità di risposta dinamica di un sistema. definisce la capacità di reiezioni dei disturbi in linea di retroazione. definisce la capacità di reiezioni dei disturbi in linea d'andata.

Considerando le prestazioni dinamiche di un sistema controllato, la funzione di sensitività del controllo: consente di valutare la banda passante del sistema controllato. consente di valutare la capacità di reiezione dei distrubi da parte del sistema controllato. consente di valutare le prestazioni di moderazione del controllo. consente di valutare lo smorzamento del sistema controllato.

Considerando le prestazioni dinamiche di un sistema controllato, la funzione di sensitività complementare: consente di valutare la banda passante del sistema controllato. consente di valuare le capacità del sistema di reiezione dei disturbi in linea di retroazione. consente di valutare lo smorzamento del sistema controllato. consente di valuare le capacità del sistema di reiezione dei disturbi in linea di andata.

Considerando le specifiche di progetto del controllore, la precisione statica: definisce l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere, sia in transitorio che a transitorio esaurito, nullo o inferiore in modulo ad una assegnata soglia. definisce l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere sempre superiore in modulo ad una assegnata soglia. definisce l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere, a transitorio esaurito, nullo o inferiore in modulo ad una assegnata soglia. definisce l’errore tra riferimento e variabile controllata deve essere, in transitorio, nullo o inferiore in modulo ad una assegnata soglia.

La compensazione dei disturbi: è sempre una funzione stabile. non prevede una azione di controllo dipendente dalla misura del disturbo. non necessita di una misura del disturbo. prevede una azione di controllo dipendente dalla misura del disturbo.

Nei regolatori PID: il guadagno integrale è fisicamente riconducibile a una rigidezza. il guadagno derivativo è fisicamente riconducibile a una rigidezza. il guadagno proporzionale è fisicamente riconducibile a una rigidezza. tutti i guadagni sono fisicamente riconducibili a una rigidezza.

Nei regolatori PID: il guadagno integrale consente di eliminare l'errore a regime. il guadagno derivativo consente di eliminare l'errore a regime. nessun guadagno consente di eliminare l'errore a regime. il guadagno proporzionale consente di eliminare l'errore a regime.

Nei regolatori PID: il guadagno proporzionale è fisicamente riconducibile a uno smorzamento. il guadagno derivativo è fisicamente riconducibile a uno smorzamento. il guadagno integrale è fisicamente riconducibile a uno smorzamento. tutti i guadagni sono fisicamente riconducibili a uno smorzamento.

La taratura analitica dei regolatori PID: risulta sempre in sistemi instabili. necessita della conoscenza analitica della dinamica del sistema. non può mai essere effettuata. necessita di esperimenti.

La taratura automatica dei PID in anello chiuso: consiste nell'applicare inizialmente un valore del guadagno proporzionale basso e un riferimento a scalino al sistema in anello chiuso (mettendo a zero il guadagno derivativo e integrale). Il guadagno proporzionale viene alzato gradualmente in esperimenti successivi, fino a raggiungere l'instabilità nella risposta del sistema. A quel punto è possibile calcolare i valori dei guadagni proporzionale, derivativo e integrale. consiste nell'applicare inizialmente un valore del guadagno proporzionale basso e un riferimento a scalino al sistema in anello chiuso (mettendo a zero il guadagno derivativo e integrale). Il guadagno proporzionale viene alzato gradualmente in esperimenti successivi, fino a raggiungere una piccola oscillazione nella risposta del sistema. A quel punto è possibile calcolare i valori dei guadagni proporzionale, derivativo e integrale. consiste nell'applicare inizialmente un valore del guadagno integrale basso e un riferimento a scalino al sistema in anello chiuso (mettendo a zero il guadagno proporzionale e derivativo). Il guadagno integrale viene alzato gradualmente in esperimenti successivi, fino a raggiungere una piccola oscillazione nella risposta del sistema. A quel punto è possibile calcolare i valori dei guadagni proporzionale, derivativo e integrale. consiste nell'applicare inizialmente un valore del guadagno derivativo basso e un riferimento a scalino al sistema in anello chiuso (mettendo a zero il guadagno proporzionale e integrale). Il guadagno derivativo viene alzato gradualmente in esperimenti successivi, fino a raggiungere una piccola oscillazione nella risposta del sistema. A quel punto è possibile calcolare i valori dei guadagni proporzionale, derivativo e integrale.

la taratura automatica dei PID in anello chiuso: non è mai pericolosa: infatti, tale procedura consente di applicare solo guadagni proporzionali molto bassi che non portano mai ad oscillazione e al limite di stabilità il sistema. è sempre applicabile: tutti i sistemi dinamici, infatti, generano oscillazioni, ed esiste sempre un guadagno proporzionale che consente di raggiungere tale scopo. non è sempre applicabile: ci sono infatti sistemi che non generano oscillazioni, anche con guadagni proporzionali elevati. Altre volte può essere pericoloso, o comunque sconsigliabile, portare il sistema al limite di stabilità. non è mai applicabile: nessun sistema dinamico, infatti, genera oscillazioni, e non esiste mai un guadagno proporzionale che consente di raggiungere tale scopo.

La taratura automatica dei PID in anello aperto: Il metodo non è applicabile se la risposta allo scalino non presenta flesso o se la risposta presenta oscillazioni. Inoltre non sempre è possibile operare sul processo in anello aperto, o perturbare bruscamente il suo ingresso. Il metodo non è mai applicabile in quanto la risposta allo scalino presenta oscillazioni per qualsiasi sistema. Il metodo è sempre applicabile in quanto tutti i sistemi presentano un flesso nella risposta allo scalino, senza oscillazioni. Utilizza la risposta allo scalino in anello chiuso.

Considerando la dinamica meccanica ed elettrica del motore in corrente continua: la dinamica elettrica non può essere trascurata. la dinamica meccanica può essere trascurata. la dinamica elettrica è molto più veloce di quella meccanica. la dinamica meccanica è molto più veloce di quella elettrica.

Il controllo decentralizzato: consente di controllare i giunti del robot in modo accoppiato. è così chiamato in quanto viene eseguito su un pc lontano dal robot. consente di controllare in modo indipendente i giunti del robot. è un controllo solo in anello aperto.

Il controllo centralizzato si applica: per rapporti di riduzione elevati (>100). per rapporti di riduzione limitati (<100). per velocità del motore limitate (<100°/s). per velocità del motore elevate (>100°/s).

Il controllo decentralizzato si applica quando: il riduttore ha un ridotto rapporto di riduzione (<10). il motore gira a ridotte velocità (<100°/s). il motore gira a elevate velocità (>100°/s). il riduttore ha un elevato rapporto di riduzione (>100).

Considerando il controllo decentralizzato, la dinamica del robot: ha un effetto notevolmente attenuato dal rapporto di riduzione del motore. non è in alcun modo influenzata dal rapporto di riduzione del motore. ha un effetto notevolmente amplificato dal rapporto di riduzione del motore. definisce l'effetto dinamico prevalente.

Considerando il controllo decentralizzato, la dinamica del robot: è amplificata dal rapporto di riduzione. non è influenzata dal rapporto di riduzione. è l'effetto dinamico prevalente. è vista dal sistema come un disturbo.

Considerando il controllo decentralizzato, il controllore PD: è tanto più piccolo quanto il guadagno derivativo è elevato. risulta in un errore a regime inversamente proporzionale al carico gravitario e proporzionale al rapporto di riduzione e al guadagno proporzionale. risulta in un errore a regime proporzionale al carico gravitario e inversamente proporzionale al rapporto di riduzione e al guadagno proporzionale. consente sempre di annullare totalmente l'errore a regime.

Considerando il controllo PID decentralizzato, la saturazione dell'attuazione: è funzione della sola posizione del motore. influenza il controllo, limitando le coppie erogabili rispetto a quelle richieste. non influenza il controllo. si riferisce alle velocità massime del motore.

L'azione di feedforward del controllo decentralizzato consente: di compensare la dinamica del motore in anello aperto. di evitare di utilizzare un sensore per la chiusura dell'anello di controllo. di chiudere un anello di controllo. di dare il riferimento al PID.

La compensazione del disturbo nel controllo decentralizzato: consente di compensare la dinamica meccanica del motore. consente di compensare la dinamica elettrica del motore. consente di compensare la dinamica del braccio robotico. non è influenzata dal rapporto di trasmissione del motore.

Considerando il controllo centralizzato: è possibile trascurare totalmente la dinamica del braccio robotico. non è possibile trattare come un disturbo la dinamica del braccio robotico. la dinamica del braccio robotico è trattata come un disturbo. il controllore tratta ogni giunto in modo indipendente.

Considerando il controllo centralizzato e un controllore PD nel caso in cui il termine gravitario sia presente nell'equazione dinamica del manipolatore: l'errore a regime è inversamente proporzionale al carico gravitario e direttamente proporzionale al guadagno proporzionale (P). l'errore a regime è sempre nullo. l'errore a regime è direttamente proporzionale al carico gravitario e inversamente proporzionale al guadagno derivativo (D). l'errore a regime è direttamente proporzionale al carico gravitario e inversamente proporzionale al guadagno proporzionale (P).

Il controllo centralizzato a dinamica inversa: non compensa la dinamica del robot. compensa la dinamica del robot in anello chiuso. compensa solo i fenomeni legati all'attrito. compensa la dinamica del robot in anello aperto.

Il controllo centralizzato a dinamica inversa: se la compensazione è perfetta, il sistema controllato risulta non lineare e accoppiato. se la compensazione è perfetta, il sistema controllato risulta lineare e disaccoppiato. se la compensazione è perfetta, il sistema controllato risulta lineare ma accoppiato. se la compensazione è perfetta, il sistema controllato risulta non lineare ma disaccoppiato.

Considerando il controllo centralizzato a dinamica inversa: se la compensazione dinamica non è perfetta, il sistema risultante è non lineare e accoppiato. se la compensazione dinamica non è perfetta, il sistema risultante è lineare ma accoppiato. se la compensazione dinamica non è perfetta, il sistema risultante è lineare e disaccoppiato. se la compensazione dinamica non è perfetta, il sistema risultante è non lineare ma disaccoppiato.

Il controllo di forza indiretto: consente di calcolare la cinematica inversa del robot. consente di controllare un comportamento dinamico. consente di controllare una traiettoria. consente di controllare una forza.

Per quanto riguarda la quantificazione della forza di interazione per il controllo di forza: la stima della forza senza sensore è più accurata di una misurazione diretta della forza. sensori di forza per la misurazione diretta dell'interazione sono più costosi, ma più accurati degli algoritmi di stima. per utilizzare tecniche di stima della forza di interazione non serve conoscere la dinamica del robot. non è necessaria alcuna misura o stima.

La misura della forza di interazione ai giunti rispetto che all'end-effector: non richiede la conoscenza dello Jacobiano del robot per la stima dell'interazione all'end-effector. non è affetta dalle singolarità cinematiche. consente di stimare l'interazione lungo tutta la catena cinematica del robot, ovvero a monte dell'end-effector. non consente di stimare l'interazione lungo tutta la catena cinematica del robot, ovvero a monte dell'end-effector.

La misura della forza di interazione all'end-effector rispetto che ai giunti: misura la forza lontano dal suo punto di applicazione utile per il task (il tool). non è affetta da singolarità cinematiche. è affetta da singolarità cinematiche. consente di stimare l'interazione anche a monte dell'end-effector.

Il controllo di forza esplicito: controlla una traiettoria. controlla una forza tramite due loop di controllo a cascata. definisce un comportamento dinamico equivalente da controllare per il robot. controlla una forza tramite un loop di controllo.

Il controllo di forza diretto: consente di controllare una traiettoria. consente di controllare una forza. consente di calcolare la cinematica diretta del robot. consente di controllare un comportamento dinamico.

Considerando il controllo di forza indiretto, il controllo di ammettenza: controlla una forza. controlla una posizione. definisce un comportamento dinamico target, avendo come uscita posizione/velocità e come ingresso una forza. definisce un comportamento dinamico target, avendo come uscita una forza e come ingresso posizione/velocità.

Considerando il controllo in forza indiretto, il controllo di impedenza: consente di controllare una forza. definisce un comportamento dinamico target, avendo in ingresso una forza e in uscita posizione/velocità. consente di controllare una posizione. definisce un comportamento dinamico target, avendo in ingresso posizione/velocità e in uscita una forza.

Il controllo di forza implicito: controlla un comportamento dinamico target per il robot. controlla mediante due loop di controllo (il più interno di posizione, il più esterno di forza) la forza di interazione. controlla mediante due loop di controllo (il più interno di forza, il più esterno di posizione) la forza di interazione. controlla mediante un loop di controllo la forza di interazione.

Il controllo ibrido: consente di controllare il robot tramite motori a benzina + motori elettrici. consente di controllare forza e posizione/velocità su tutti i gradi di libertà insieme. divide i gradi di libertà in direzioni di contatto e direzioni libere implementando sulle prime un controllo di posizione/velocità, sulle seconde un controllo di forza. divide i gradi di libertà in direzioni di contatto e direzioni libere implementando sulle prime un controllo di forza, sulle seconde un controllo di posizione/velocità.

Un attuatore VSA: è caratterizzato da una trasmissione rigida. è caratterizzato da un elemento elastico in serie al motore la cui rigidezza è regolabile solo offline. è caratterizzato da un elemento elastico in serie al motore la cui rigidezza è regolabile online utilizzando un secondo motore. è caratterizzato da un elemento elastico in parallelo al motore.

Un attuatore PEA: è caratterizzato da un elemento elastico in serie al motore la cui rigidezza è regolabile solo offline. è caratterizzato da una trasmissione rigida. è caratterizzato da un elemento elastico in serie al motore la cui rigidezza è regolabile online utilizzando un secondo motore. è caratterizzato da un elemento elastico in parallelo al motore.

Un attuatore SEA: è caratterizzato da un elemento elastico in serie al motore la cui rigidezza è regolabile online utilizzando un secondo motore. è caratterizzato da un elemento elastico in serie al motore la cui rigidezza è regolabile solo offline. è caratterizzato da un elemento elastico in parallelo al motore. è caratterizzato da una trasmissione rigida.

Un robot collaborativo: è un robot che non è dotato di sensori. è un robot concepito per interagire fisicamente con l’uomo in uno spazio di lavoro. deve sempre lavorare dentro un'area protetta priva di persone. è un robot concepito per non interagire con l’uomo.

Nelle applicazioni di interazione fisica uomo-robot si utilizzano solitamente controllori: di forza diretti. ibridi. di posizione. di forza indiretti.

L'interazione fisica uomo-robot prevede: applicazioni in cui il robot non interagisce con la persona. applicazioni controllate in posizione. applicazioni controllate in cedevolezza (es. impedenza). applicazioni controllate in forza.

In applicazioni di interazione fisicauomo-robot: i rischi di sicurezza sono solo relativi al robot. i rischi di sicurezza sono relativi a tutti gli elementi nell'applicazione. i rischi di sicurezza sono relativi solo al task in esecuzione. non eistono mai rischi di sicurezza.

Le piattaforme mobili: sono sistemi robotici in grado di operare autonomamente nello spazio in cui lavorano, rispettando i criteri di sicurezza. sono sistemi solo passivi. non possono eseguire movimenti controllati. sono sollevatori intelligenti senza capacità di movimento.

Considerando la normativa ISO TS 15066, nello scenario "Safety-rated monitored stop": robot collaborativi progettati, realizzati e controllati in modo tale che possano controllare l’interazione (limitazione di forza ed energia/potenza) tra il robot stesso e la persona. in questa modalità di collaborazione è necessario garantire una minima distanza tra il robot e la persona all’interno dell’area collaborativa per evitare collisioni. il robot deve rimanere fermo quando la persona è nell’area di collaborazione. Tipiche applicazioni sono carico/scarico dell’end-effector del robot. il robot viene teleguidato oppure guidato attraverso l’interazione fisica tra l’uomo e il robot. Tipiche applicazioni sono assistenza durante il sollevamento, posizionamento di carichi, etc.

Considerando la normativa ISO TS 15066, nello scenario "Hand guiding": il robot viene teleguidato oppure guidato attraverso l’interazione fisica tra l’uomo e il robot. Tipiche applicazioni sono assistenza durante il sollevamento, posizionamento di carichi, etc. il robot deve rimanere fermo quando la persona è nell’area di collaborazione. Tipiche applicazioni sono carico/scarico dell’end-effector del robot. robot collaborativi progettati, realizzati e controllati in modo tale che possano controllare l’interazione (limitazione di forza ed energia/potenza) tra il robot stesso e la persona. in questa modalità di collaborazione è necessario garantire una minima distanza tra il robot e la persona all’interno dell’area collaborativa per evitare collisioni.

La normativa ISO TS 15066: definisce le tipologie di applicazioni collaborative tra uomo e robot, dettando le linee guida per la relativa implementazione. consente di non analizzare i rischi associati alla applicazione robotica. definisce le tipologie di applicazioni collaborative tra uomo e robot, ma non detta le linee guida per la relativa implementazione. consente di selezionare robot industriali standard per applicazioni collaborative.

Le operazioni collaborative: sono applicazioni nelle quali robot appositamente progettati e realizzati lavorano in collaborazione diretta con la persona ovunque. sono applicazioni nelle quali robot industriali standard lavorano in collaborazione diretta con la persona in un’area di lavoro predefinita. sono applicazioni nelle quali robot appositamente progettati e realizzati lavorano in collaborazione diretta con la persona in un’area di lavoro predefinita. sono applicazioni nelle quali robot appositamente progettati e realizzati lavorano da soli.

L'area di lavoro collaborativa: area di lavoro monitorata in cui la persona e il robot non possono svolgere compiti simultaneamente durante le operazioni di produzione. area di lavoro non monitorata in cui la persona e il robot non possono svolgere compiti simultaneamente durante le operazioni di produzione. area di lavoro monitorata in cui la persona e il robot possono svolgere compiti simultaneamente durante le operazioni di produzione. area di lavoro non monitorata in cui la persona e il robot possono svolgere compiti simultaneamente durante le operazioni di produzione.

Considerando la normativa ISO TS 15066: se l'impatto avviene in testa il livello di rischio è minimo. il punto del corpo umano in cui avviene il possibile impatto influenza il livello di rischio associato al task. se l'impatto avviene sulle gambe il livello di rischio è massimo. il punto del corpo umano in cui avviene il possibile impatto non influenza il livello di rischio associato al task.

Considerando la normativa ISO TS 15066, il concetto di "Transient contact": considera il transitorio di inizio movimento del robot. è un contatto temporaneo di durata molto limitata (max. 50 ms). è un contatto di durata prolungata. è un contatto temporaneo di durata molto limitata (max. 50 s).

Considerando la normativa ISO TS 15066, nello scenario "Power and force limiting by inherent design or control": il robot deve rimanere fermo quando la persona è nell’area di collaborazione. Tipiche applicazioni sono carico/scarico dell’end-effector del robot;. in questa modalità di collaborazione è necessario garantire una minima distanza tra il robot e la persona all’interno dell’area collaborativa per evitare collisioni. il robot viene teleguidato oppure guidato attraverso l’interazione fisica tra l’uomo e il robot. Tipiche applicazioni sono assistenza durante il sollevamento, posizionamento di carichi, etc. robot collaborativi progettati, realizzati e controllati in modo tale che possano controllare l’interazione (limitazione di forza ed energia/potenza) tra il robot stesso e la persona.

Considerando la normativa ISO TS 15066, nello scenario "Speed and separation monitoring": il robot deve rimanere fermo quando la persona è nell’area di collaborazione. Tipiche applicazioni sono carico/scarico dell’end-effector del robot. in questa modalità di collaborazione è necessario garantire una minima distanza tra il robot e la persona all’interno dell’area collaborativa per evitare collisioni. il robot viene teleguidato oppure guidato attraverso l’interazione fisica tra l’uomo e il robot. Tipiche applicazioni sono assistenza durante il sollevamento, posizionamento di carichi, etc. robot collaborativi progettati, realizzati e controllati in modo tale che possano controllare l’interazione (limitazione di forza ed energia/potenza) tra il robot stesso e la persona.

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