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Title of test:
Storia medievale e moderno paniere

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test ecampus prof grilli

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giulietto.dez
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Creation Date:
19/01/2024

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Number of questions: 274
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La costituzione francese del 1800 Potenzia le attribuzioni del potere giudiziario, organizzato piramidalmente Vede la particolare autorevolezza del Senato, come partecipante della funzione legislativa. È incentrata sulla figura forte dell’esecutivo, il Primo console Si incentra su poteri forti del legislativo.
La Costituzione francese del 1791 instaura un sistema politico Basato sulla concentrazione dei poteri in mano all’organo legislativo assembleare Delinea una monarchia costituzionale, con separazione dei poteri e competenze del sovrano limitate Concepisce una forma di governo parlamentare repubblicana, con divisione dei poteri Disegna una struttura costituzionale in cui riserva un posto preminente e dominante al sovrano.
Perché così tante costituzioni nella Francia della Rivoluzione del 1789 e degli anni seguenti? Le costituzioni della Rivoluzione non erano applicate nella pratica Erano semplici esperimenti politici Le costituzioni, in realtà, si assomigliavano molto le une alle altre Ogni nuovo potere politico ha voluto fissare per iscritto la propria egemonia.
La costituzione francese del 1791 derivava direttamente Dalle “Ordonnances” generali emanate da Luigi XIV tra il 1670 e il 1680 e da Luigi XV verso il 1740-1750 Da modelli costituzionali sperimentati nell’Austria dell’imperatore Giuseppe II Dalla costituzione corsa di Pasquale Paoli del 1764 Dal modello americano della costituzione del 1787 e della Dichiarazione del 1776.
La costituzione francese del 1791 fu preparata discussa e votata Dall’Assemblea Legislativa Dal Consiglio dei Cinquecento e dal Consiglio degli Anziani, congiuntamente Dall’Assemblea nazionale costituente Dalla Convenzione.
Concepita nel 1789, la costituzione francese del 1791 verrà alla luce solo due anni dopo perché I lavori parlamentari subirono varie interruzioni a causa della guerra esterna e di disordini interni Ci si dovette occupare di altre attività leggi più urgenti (dipartimenti, giustizia, clero) Regnava disaccordo tra destra e sinistra sulla forma e la struttura del testo costituzionale Luigi XVI era pervicacemente contrario, nei fatti, a dare il suo assenso e la sua collaborazione ad una forma monarchica non assoluta.
Nella costituzione francese del 1791 il sovrano, in particolare: Deteneva il potere esecutivo: designava liberamente i suoi ministri (responsabili di fronte a lui) Deteneva il potere esecutivo, quello giudiziario e poteva liberamente sciogliere l'assemblea. Aveva veto assoluto sulle leggi Deteneva solo il potere legislativo; poneva in atto le leggi, su cui il parlamento dava solo un parere Deteneva solo la funzione suprema di capo dello Stato e titolare supremo della funzione giudiziaria.
Nella costituzione francese del 1800 compaiono per la prima volta i tribunali amministrativi Le corti di assise Le corti di appello I giudici di pace.
Secondo la Costituzione francese del 1791, Il veto sovrano sulle leggi: Era superabile mediante un accordo di compromesso elaborato da un organo “ad hoc” Era superabile solo sulla base di un verdetto conciliatore (=référé) emesso dal “Tribunal de Cassation” Era superabile solo con tre votazioni consecutive del parlamento Era insormontabile: bloccava tutto l'iter della legge.
Nella Costituzione francese del 1791 il suffragio elettorale era universale maschile Ristretto solo a clero, nobiltà e membri del Terzo Stato proprietari di terre. ristretto ai notabili abbienti che risiedevano in Francia, possedevano beni immobili e pagavano imposte uguali almeno alla paga di tre anni di lavoro ristretto, ma largamente aperto a coloro che, maschi, risiedevano in Francia e pagavano imposte uguali almeno alla paga di tre giorni di lavoro.
La Costituzione francese del 1791 era prevista per durare, senza riforme Dieci anni Trent'anni Vent'anni cinque anni.
In base al nuovo calendario repubblicano francese, la Costituzione giacobina del 1793 si chiamò costituzione dell’anno II costituzione dell’anno VIII Costituzione dell’anno III Costituzione dell’anno I.
La Costituzione francese del 1793 Incontrò subito l’opposizione insormontabile dei realisti, dei girondini e dei liberali moderati Fu applicata solo in parte Fu ignorata dal governo giacobino e da Robespierre perché gli avrebbe tolto poteri, affidandoli all’assemblea Fu applicata dal governo giacobino di Robespierre sin da subito.
Quante furono le costituzioni francesi nei tredici anni che vanno dal 1791 (monarchia costituzionale) al 1804 (impero napoleonico)? sei quattro cinque tre.
Nella costituzione francese del 1800 il potere esecutivo E' esercitato da un consiglio degli Anziani È esercitato da un collegio di tre consoli eletti per dieci anni dal Senato È esercitato da un Direttorio di cinque membri È esercitato da un Tribunato che deve rendere contro all’assemblea del suo operato.
In un bilancio del costituzionalismo scaturito dalla rivoluzione francese dell’89, risalta la preponderanza Dell’esecutivo, guidato dal sovrano Del potere giudiziario, attraverso il “Tribunal de cassation” e i giudici elettivi Del potere legislativo, incentrato nelle Assemblee (costituente, Legislativa, Convenzione cc.) Dell’esecutivo in chiave repubblicana, che divenne collegiale (comitato di salute pubblica, Direttorio, consolato ecc.).
La tradizione lockiana della centralità dei diritti dell’individuo, anche “contro” lo Stato Fu seguita in Francia ma si rispettò la volontà dei sovrani di considerarsi al di sopra delle leggi Implica che anche lo Stato può errare e debordare dai suoi limiti. Le costituzioni devono frenare tale possibile tirannia. In Francia si seguì tale idea Fu totalmente seguita in Francia dall’89, ove si diede massimo risalto ai diritti individuali (Dichiarazione dei diritti dell'uomo…) Non fu adottata totalmente in Francia, ove si seguì l’idea dell’onnipotenza della volontà del legislatore.
Un fatto determinante segnerà le condizioni favorevoli per poter dare avvio all’opera codicistica in Francia: La presa di potere di Napoleone Bonaparte col colpo di Stato del 18 brumaio VII La Restaurazione, seguita al crollo di Napoleone Bonaparte La vittoria militare francese sui nemici esterni, Austria e Prussia La vittoria navale francese sull’Inghilterra nel 1800-1802.
La Rivoluzione e i suoi leader consideravano un nuovo codice civile una priorità assoluta per la Francia non consideravano un nuovo codice civile una priorità si accinsero a varare riforme civilistiche settoriali, che si ripromettevano poi, fermamente, di riunire in un solo codice pur convinti della necessità di profondi cambiamenti politici in senso liberale (prima), o giacobino-egualitario (poi), non ritennero che occorresse modificare il tradizionale e radicato sistema francese del diritto civile, basato su "coutumes" e diritto romano.
Nel settembre del 1794 Robespierre è caduto. La Francia tira un sospiro di sollievo. Il giurista e politico Régis de Cambacérès presenta un secondo progetto di Codice civile Molto lungo, articolato in diversi liberi e che riprende la trazione del diritto consuetudinario Ispirato ai principi lockiani, liberali e giusnaturalistici. Breve Lungo, ispirato al Codex Theresianus e al diritto romano Lungo, che è un compromesso tra la tradizione francese romanistica e quella consuetudinaria.
La caduta di Robespierre nell’estate del 1794 Rende possibile per i giuristi procedere con progetti di riforma codicistica in un clima di maggiore tranquillità politica Impedisce ai giuristi, dato il clima controrivoluzionario, di esporsi troppo Obbliga i giuristi ad una scelta di campo politica, condizione inevitabile per poter procedere col loro lavoro Rende incerta, ancora di più, la situazione politica data la guerra in corso: e obbliga i giuristi ad attendere.
Dopo la caduta di Robespierre, e dal 1794, altri giuristi presenteranno progetti di Codice civile. Tra cui: Jacqueminot Portalis Target Foucquet Tinville.
Il primo progetto di codice civile di Cambaceres, del 1793, si rifaceva alla struttura… Del diritto consuetudinario tratto dalla "coutume" di Parigi della tripartizione romanistica (Gaio-Giustiniano) in persone, cose, azioni Del "droit écrit" in uso nella Francia meridionale del Codex Theresianus, che conteneva anche norme di procedura.
Dopo la caduta di Robespierre, molti giuristi francesi pensano di averla “scampata bella”, passando indenni tra le maglie della repressione giacobina. Ciò lascerà un segno nella loro mentalità: Ispirata a nuovo ottimismo nelle capacità innovative della legislazione Ispirata all’attendismo: un codice potrà nascere solo in un contesto politico futuro, di pace sociale Ora ispirata a pessimismo benthamiano (ricerca dell’utile ad ogni costo da parte dell’uomo, le cui passioni vanno frenate o controllate) Intrisa di sentimenti contrastanti, ma nella convinzione che un Codice civile fosse la priorità assoluta.
Nel 1793 Cambacérès presentò un primo progetto alla Convenzione, che però fu respinto perché non abbastanza innovativo in tema di eguaglianza tra cittadini (manteneva la successione solo in linea maschile) perché eccessivamente egualitario perché privo del divorzio e della limitazione della patria potestà perché troppo complesso.
La commissione governativa insediata dal Primo console nel 1800 per redigere un nuovo Codice civile francese era formata da quattro illustri giuristi: Merlin de Thionville, Target, Portalis e Locré Merlin de Douai, Target, Cambacérès e Portalis Tronchet, Portalis, Bigot de Préameneu e Maleville Maleville, Portalis, Pothier e Jacqueminot.
Di fronte ai vari organi dello Stato francese, il progetto di un nuovo Codice civile fu trasmesso tra l’altro: Solo al Consiglio di Stato, che diede un parere tecnico sul progetto nelle sue parti Al Tribunato per un voto articolo per articolo e al Corpo Legislativo per il voto finale sul testo Solo ai tribunali di Francia per un parere tecnico-giuridico, non essendo necessario un voto esplicito degli organi legislativi centrali Al Corpo Legislativo per il voto articolo per articolo e poi al Tribunato per un voto finale.
Per assicurarsi un vaglio indolore e senza ostacoli del progetto di un nuovo Codice civile, Bonaparte Accompagnò il progetto in visione ai tribunali e corti di appello di ampi dettagli illustrativi ed esplicativi Informò dettagliatamente il Consiglio di Stato del progetto e assisté alla sue sedute regolarmente Epurò in massa i membri del Tribunato (molti erano ex giacobini ed oppositori) Seguì da vicino, personalmente, tutte le sedute degli organi centrali deputati a pronunciarsi sul progetto.
Di fronte alla novità rappresentata dal varo del code civil francese del 1804, la pratica giudiziaria avrebbe modificato rapidamente le proprie abitudini, abbandonando, segnatamente in Francia ogni riferimento alle "coutumes" avrebbe presto abbandonato ogni appiglio o riferimento al diritto romano/comune, ma non ai principi generali tradizionali e secolari del diritto (tratti dalla consuetudine) avrebbe condotto una tenace opposizione in nome della sopravvivenza del vecchio diritto tradizionale, romano/comune e consuetudinario Non avrebbe voltato le spalle così presto al diritto comune come strumento interpretativo, bagaglio di concetti e soluzioni tecniche.
Si disse che il Code civil napoleonico del 1804 rappresentò Un testo innovativo, che accoglieva in larga parte la normativa già propria alle Ordonnances di Luigi XIV Un testo di compromesso tra la tradizione consuetudinaria francese e quella romano/comune Essenzialmente un testo tratto dalle consuetudini parigine tradizionali Essenzialmente un testo derivato dal diritto romano/comune.
Si disse che il Code civil napoleonico del 1804 era un codice nuovo nella concezione (il primo del suo genere) rispetto alle compilazioni settecentesche, perché Non permetteva più le citazioni dei “dottori” del diritto nelle aule dei tribunali Non permetteva più la sua etero-integrazione da parte di altre fonti del diritto (es. dir. romano) Accoglieva in buona parte norme tratte dall’equità e dal diritto naturale Non recava più traccia, al suo interno, della dottrina giuridica francese in tema di diritto civile.
Tra gli estensori del code civil, il giurista francese Portalis in particolare Cercherà di dar vita ad un testo breve e conciso nel suo articolato, che fosse di facile lettura Tenterà di creare il più possibile un testo omogeneo, che non risentisse delle differenze esistenti in passato tra le varie consuetudini francesi Si batterà per dare importanza al diritto romano all’interno della struttura del codice e in funzione interpretativa Tenterà di accogliere il più possibile nel testo norme di libertà ed eguaglianza tratte dalla “Dichiarazione” dell’Ottantanove.
Il code civil francese del 1804 si compone di 784 articoli 2281 articoli 2298 articoli 3765 articoli.
Quanti sono i libri del Codice civile francese del 1804? Quattro, più una parte preliminare Tre, più una parte preliminare Sei, più una parte preliminare Cinque, più una parte preliminare.
DI che argomento tratta l’articolo 4 del Codice civile francese del 1804? Le fonti del diritto cui il codice può fare riferimento in via sussidiaria: un riferimento esplicito è fatto all'equità La qualità di cittadino francese, soggetto di diritti e doveri su di una base di eguaglianza generalizzata La durata temporale di validità del codice (vent’anni), dopo la quale sarebbe occorso revisionarne i precetti e le norme Il rapporto tra la legge e il giudice e i doveri di quest’ultimo di giudicare, sotto pena di accusa di "denegata giustizia".
IL Codice civile francese si compone di 31 parti diverse e viene approvato interamente 31 dicembre 1804 1° settembre 1804 31 marzo 1804 1° aprile 1804.
In caso di lacuna nel testo del codice civile francese del 1804, il magistrato in giudizio avrebbe dovuto Ricercare quale sarebbe stata la normativa di carattere consuetudinario più adatta al caso concreto Trovare nelle norme stesse del codice la base legale per risolvere il caso concreto Far ricorso essenzialmente ai principi generali del diritto e all’equità Far ricorso alle norme del diritto romano/comune.
Il code civil francese del 1804, in tema di rapporti tra coniugi Delegava la gestione famigliare agli ascendenti dei coniugi Subordinava la moglie al marito, capofamiglia Stabiliva la completa parità tra marito e moglie Subordinava il marito alla moglie, capo della famiglia.
La donna, nel code civil francese del 1804 Possiede una capacità di agire limitata agli atti della vita quotidiana È priva della capacità di agire e necessita dell’autorizzazione maritale È priva della capacità di agire e necessita dell’autorizzazione congiunta del padre e del marito Possiede la piena capacità di agire.
Il minore ribelle, nel code civil francese del 1804 Può essere oggetto di punizioni corporali da parte del padre e della madre Può essere oggetto di punizioni corporali da parte del padre Deve essere oggetto di “correzione”, da parte del padre, con prolungata privazione della libertà Può fare oggetto di arresto giudiziario sino ad un mese, su richiesta del padre.
Il code civil francese del 1804 mira alla creazione di una società fatta di Cittadini che rivendicano come diritto di base quello al lavoro Uomini eguali giuridicamente, siano essi di sesso maschile o femminile Cittadini consapevoli dei propri obblighi verso il loro sovrano e rispettosi delle leggi indipendentemente dal loro livello di ricchezza Cittadini proprietari, buoni padri e mariti, che hanno tratto beneficio dalla vendita dei beni ecclesiastici per lungo tempo sottratti ai commerci.
L’art.1134 del code civil francese del 1804 stabilisce che Un contratto obbliga le parti anche a quanto stabilito dagli usi e consuetudini del luogo di stipula Una qualsiasi convenzione contrattuale non può essere contraria all’ordine pubblico Le convenzioni legalmente formate hanno forza di legge per coloro che le hanno stipulate Il contratto è soggetto, come condizione di validità, a requisiti di pubblicità legale.
La proprietà, nel code civil francese del 1804 È ancora gravata da ostacoli vari (manomorte, fedecommessi) È liberamente trasmissibile, ma ai cittadini di sesso maschile È liberamente trasmissibile, ma solo col consenso scritto delle pubbliche autorità prefettizie È liberamente trasmissibile, come diritto di goderne e disporne nel modo più assoluto.
I figli naturali, in tema di successione, nel code civil francese del 1804 Non possono essere nominati eredi Possono essere nominati eredi, ma devono accontentarsi, cumulativamente, di non più di 1/6 della massa ereditaria Possono solo godere degli alimenti, non della successione patrimoniale Sono parificati a quelli legittimi.
I figli legittimi, in tema di successione, nel code civil francese del 1804 Possono solo godere degli alimenti, non della successione patrimoniale Sono parificati a quelli naturali e adulterini Godono di una posizione vantaggiosa in quanto, su richiesta, possono escludere i naturali ed adulterini dalla successione Godono di una posizione di vantaggio, essendo titolari di diritto dei 2/3 dell’eredità.
La successione, nel code civil francese del 1804 Esclude le figlie femmine dalla successione Riserva la globalità dell’eredità al primogenito maschio Prevede l’equiparazione completa dei figli maschi e femmine Riserva alle figlie femmine solo 1/4 della porzione ereditaria.
Il regime patrimoniale normale dei coniugi, nel code civil francese del 1804, è La separazione dei beni La comunione dei beni Un regime dotale, in cui il marito amministra la dote portata dalla moglie all’atto del matrimonio Un regime misto, a seconda dell’acquisizione dei beni rispettivi dei coniugi.
Il divorzio, nel code civil francese del 1804 è Concesso senza passare dal giudice, ma solo dall’ufficiale del comune: è ammesso senza limiti Non è ammesso in nessuna ipotesi È ammesso, ma solo per determinate cause legali tassative (adulterio, eccessi, sevizie, ingiurie gravi, condanna a pena infamante). È ammesso solo a partire dai 40 anni di età dei coniugi e dopo un “periodo di riflessione”.
La maggiore età, nel code civil francese del 1804 Viene stabilita per tutti a 25 anni ma con obbligo degli “atti rispettosi” Si acquista in più fasi, l’ultima delle quali termina a 30 anni di età Viene stabilita per tutti a 21 anni Di fatto non esiste, la potestà paterna è perpetua.
Il testamento, nel code civil francese del 1804 È reintrodotto dopo essere stato abolito per un periodo di tempo con la Rivoluzione È mantenuto come unica forma successoria Sempre mantenuto, viene ora disciplinato più in specifico È una figura successoria usufruibile ma solo da parte della moglie e del marito congiuntamente.
Il code civil francese del 1804 Non ha avuto particolare diffusione all’estero, salvo in casi particolari e specifici È stato un prodotto giuridico solo francese, non esportato all’estero È stato conosciuto all’estero grazie all’opera di diplomatici e giuristi che l’hanno fatto conoscere È stato molto imitato (America Latina, paesi socialisti, Europa continentale dove venne imposto dalle armate napoleoniche).
Il secondo libro del code civil del 1804 tratta Del commercio Delle successioni Del lavoro Della proprietà.
Il Codice civile francese del 1804, stilisticamente involuto nonostante diverse revisioni linguistiche, è il frutto di un'opera di semplificazione di quattro diversi progetti iniziali stilisticamente agile e snello, è il frutto di un'opera di semplificazione di quattro diversi progetti iniziali lunghissimo da leggersi e spesso involuto, è il frutto di un'opera di semplificazione di quattro diversi progetti iniziali ma reca l'impronta predominante di Portalis che lo presentò al Bonaparte di lettura agile e snella, è il frutto di un'opera di semplificazione di quattro diversi progetti iniziali, ma presenta l'impronta indelebile del terzo progetto Cambaceres.
Il code civil francese del 1804 crea una società di persone che Godono tutti di diritti civili e politici in eguale misura Sono su un piede di eguaglianza giuridica tra loro, cadendo ogni ostacolo di ordine classista o feudale del passato Ritengono ipocritamente di essere uguali tra loro, ma sono separate dall’enorme disuguaglianza sociale Non sono eguali giuridicamente perché sono ancora vincolate dall’appartenenza a determinate categorie sociali (come la nobiltà napoleonica).
Il code civil francese del 1804, con i suoi postulati di libertà ed eguaglianza Esercitò scarso richiamo all’esterno, dato che ebbe a che fare con modelli codicistici esteri altrettanto efficaci (es. il codice austriaco) Esercitò grande influenza in qui paesi non legati alla tradizione codicistica, come l’Inghilterra (ove il filosofo Jeremy Bentham sostenne che occorreva procedere ad una codificazione) Poté esercitare un forte richiamo in quelle società europee ancora legate al passato, fungendo così da ‘manifesto’ ideologico quasi costituzionale Per ragioni linguistiche, la sua influenza si esercitò soprattutto nei paesi vicini alla Francia, anch’essi francofoni.
Il code civil francese del 1804, tecnicamente È un riuscito punto di equilibrio tra casistica e astrattezza, un esempio azzeccato di “giusto mezzo”. È strutturato in norme brevi, generali ed astratte, atte a comprendere una quantità di casi concreti È il frutto di una serie di norme specifiche, redatte in modo dettagliato Contiene una normativa ampia, concepita per far fronte a tutti i casi che si possono presentare nella vita sociale.
Il code civil francese del 1804, Abolisce i fedecommessi solo per quanto riguarda grandi patrimoni Non ritiene che i fedecommessi siano dei vincoli alla libertà economica, e li lascia sussistere Limita i fedecommessi a vantaggio della sola nobiltà napoleon Abolisce le manomorte e i fedecommessi.
Il code civil francese del 1804 è stato definito come Il codice dell’eguaglianza Il codice della proprietà Il codice della libertà civile Il codice della brevità.
Alla caduta di Napoleone, nel 1814, il code civil del 1804 I vecchi sovrani, restaurati, detestarono questo strumento giuridico e ne cancellarono la memoria Poté rimanere in vigore in Francia ed in altri territori (Renania, Belgio, Genova ecc.) e fu copiato in altri Fu dappertutto emendato delle norme più “inaccettabili” (divorzio) e rimase in vigore ovunque Fu subito abrogato dappertutto.
Secondo il code civil francese del 1084, In caso di rifiuto senza ragione dell'autorizzazione maritale a compiere atti, la moglie Poteva ricorrere al giudice Poteva convocare il “consiglio di famiglia” Poteva far ricorso al proprio padre e, in mancanza, a membri della sua famiglia di origine Non aveva rimedi giuridici.
Per il code civil francese del 1804 il divorzio, presso il giudice Era esperibile da parte del marito ed anche della moglie Era esperibile dalla moglie solo se dimostrava di aver subito evidenti maltrattamenti Era esperibile solo da parte del marito Era esperibile dalla moglie solo se rappresentata dal proprio padre.
A seguito delle conquiste napoleoniche, i giuristi di gran parte d'Europa Devono confrontarsi con il code civil e con le novità che comporta (etero integrabilità ecc.) Devono confrontarsi con il code civil salvo, appunto, che per gli istituti espunti dal suo testo per non urtare troppo le sensibilità locali Devono confrontarsi con il code civil, ma nella versione ampiamente modificata ad uso delle tradizioni locali possono fare a meno di confrontarsi con il code civil, che non è applicato fuori di Francia.
Finita l’epoca napoleonica e subentrata la Restaurazione, Le classi borghesi e proprietarie, soddisfatte del ritorno sul trono dei sovrani restaurati, si sarebbero adattate facilmente al ritorno in vigore delle antiche leggi, di cui avevano già sperimentato la bontà ed efficacia. Le classi borghesi e proprietarie non avrebbero lottato per il mantenimento in vigore del code civil, salvo che per taluni istituti specifici (parità ereditaria, libertà di contrattare ecc.) di cui avrebbero chiesto l’integrazione nelle vecchie leggi, reintrodotte nuovamente. Le classi borghesi e proprietarie avrebbero considerato come secondario il problema del mantenimento in vigore delle leggi civili francesi, chiedendo piuttosto ai loro vecchi sovrani la concessione di ‘costituzioni’ che permettessero loro di partecipare alla vita politica. Le classi borghesi e proprietarie, ormai avvezze ad apprezzare i benefici del code civil, avrebbero lottato contro i sovrani restaurati per conservarlo in vigore.
In Renania, il code civil napoleonico del 1804: Non entrò mai in vigore Entrò in vigore automaticamente al momento dell’annessione alla Francia, ma fu abolito dappertutto nel 1814, al momento della partenza dei Francesi. Entrò in vigore ma solo parzialmente, e congiuntamente con il diritto consuetudinario locale Entrò in vigore automaticamente al momento dell’annessione alla Francia, e restò in vigore come “diritto renano” sino all’emanazione del Codice civile tedesco nel 1900.
La fortuna del code civil napoleonico dipese Dalle profonde innovazioni che esso conteneva Dalle vittorie napoleoniche e dalla bontà del testo Dall’abolizione dei diritti feudali Dall’introduzione del divorzio.
Agli occhi delle classi borghesi europee il code civil napoleonico poteva rappresentare, nel primo quindicennio dell’Ottocento Un’imposizione determinata dai conquistatori francesi, che non faceva altro che creare problemi e conflitti con le secolari tradizioni giuridiche locali (es. in Italia, quella dei “dottori” e della aderenza al diritto comune). Un’inversione di tendenza nel segno di un regresso rispetto al diritto precedente, sul quale generazioni e generazioni di giuristi si erano formati. Un modesto progresso rispetto al diritto civile precedente, ma con grandi punti interrogativi quanto alla sopravvivenza, che si auspicava da ogni parte, del diritto romano/comune tradizionale. Il superamento di un vecchio diritto frammentato e complicato, nonché il ‘nuovo’ nel campo giuridico, economico, sociale all'insegna della razionalizzazione e semplificazione giuridica, della libertà economica e dell'ordine sociale.
Si verificò un fenomeno di imitazione del code civil, una volta finita la tempesta napoleonica (1814), con la sconfitta di Bonaparte e l’abrogazione di tutte le leggi francesi? No, in nessun caso. Fu ripudiato il modello ‘codice” e non vi furono imitazioni. No. SI fecero nuovi codici da parte dei sovrani restaurati, che però nel loro contenuto si guardarono bene dal seguire lo schema francese del code civil. No. Dappertutto si rimisero in vigore le leggi romane nell’interpretazione dei dottori del diritto. E in Piemonte tornarono in vigore le “regie costituzioni”. Si. In Italia, ad esempio, il Codice civile napoleonico, pur abolito dappertutto tranne che a Genova fino al 1837, fu imitato dalla gran parte degli stati italiani preunitari: da Napoli a Parma a Modena al Piemonte.
Ai giuristi e magistrati dei paesi europei annessi all’impero napoleonico (1804-1814), L’introduzione obbligatoria del code civil francese dovette porre un problema di conciliabilità con la loro tradizione giuridica: pertanto lo applicarono, ma tenendo conto del loro patrimonio giuridico, dei principi del diritto romano/comune e nello spirito di esso. Sembro giusto passare dalla tradizione del diritto romano/comune al code civil. Quindi abbandonarono totalmente il diritto romano/comune ma continuarono ad applicare il loro diritto consuetudinario locale (codificato in raccolte compilative scritte). L’introduzione obbligatoria del code civil francese dovette sembrare una ‘seccatura’ fastidiosa, che interferiva con la loro tradizione giuridica: non lo applicarono affatto. Dovette sembrare logico abbandonare subito e totalmente il loro bagaglio giuridico preesistente e abbracciare totalmente, in via esclusiva, il code civil francese del 1804.
Jacob Birnbaum, giudice della corte d’appello di Treviri, il massimo organo giudiziario della Renania napoleonica, in un suo scritto sostenne che Il testo del Codice civile era completo e non era possibile trovarvi lacune. In caso di lacune nel teso del codice, o per aiutare nel ragionamento volto a adottare la decisione finale, il magistrato dovesse pur sempre far ricorso al vecchio diritto Anche in caso di lacune si dovesse trovare la soluzione normativa per analogia con altre norme dello stesso codice, senza ricorrere ad altre fonti del diritto. In caso di lacune si sarebbe potuto ricorrere, tutt’al più, ad un numero molto ristretto di principi di fondo di diritto naturale e di equità.
Il code civil poté essere adottato, durante il periodo napoleonico (1800-1814), fuori di Francia: Solo nei territori tedeschi, nel resto dell’Europa conquistata essendo inapplicabile In Belgio e Olanda senza alcuna modifica adattativa. Nel resto d’Europa fu impraticabile per la differenza di tradizioni giuridiche In Italia, in buona parte della Germania, nell’odierno Belgio e in Olanda, nei territori svizzeri, nel granducato di Varsavia e in Catalogna Solo in Italia, nella sua versione originale.
Pertanto, il problema del binomio accettazione-resistenza al Codice civile francese del 1804 si pone nei termini seguenti: Accettazione totale, nel senso che la classe dei giuristi, conscia della insostenibilità di applicare ulteriormente un diritto romano/comune e consuetudinario secolari, lo abbandonò totalmente ed abbracciò il code civil come UNICA fonte di diritto. Resistenza, nel senso che di fatto lo si disapplicò in favore del “vecchio diritto”. Accettazione ed applicazione del Codice civile, ma nello spirito “tradizionale” di una nuova fonte del diritto etero-integrabile (come le precedenti), ricorrendo all’impiego dell’armamentario del diritto romano/comune in caso di interpretazioni di norme o di lacune nel testo Resistenza, nel senso che la classe dei giuristi era conscia dell’esistenza, in ogni ambito territoriale, di un diritto consuetudinario codificato, più consono alle esigenze locali; e quindi vi diede preferenza rispetto all’applicazione del “nuovo” Codice civile francese.
Alcuni Stati europei, pur non accogliendolo o applicandolo ipso facto, si ispirarono molto strettamente al Codice civile del 1804, durante il periodo napoleonico, nel redigere proprie codificazioni civilistiche: Il Regno di Napoli (1808) Il regno di Baviera (1812) Il Granducato del Baden (1806) Il regno d’Italia (1806).
I magistrati. In Renania e non solo in Renania, in periodo napoleonico, nei tribunali e nelle corti di appello ci si orientò per una applicazione del diritto civile In funzione del nuovo code civil napoleonico, ma sena escludere, come strumenti interpretativi e come ausilio in caso di lacune normative, il tradizionale diritto romano/comune Secondo il Codice civile napoleonico, ma riferendosi anche all’equità e ai principi di diritto naturale Non discostandosi dalla tradizione giuridica Secondo il nuovo code civil napoleonico, testo esauriente e che poteva dissipare ogni dubbio interpretativo.
Chi fu a teorizzare e difendere, nel primo quindicennio dell'Ottocento, la possibilità di applicare il codice civile, nello “spirito tradizionale” del pratico del diritto abituato a lavorare su più fonti del diritto? Lo stesso Portalis, nella sua “Introduzione” al testo del Codice civile Franz von Lassaulx Il magistrato renano Jacob Birnbaum Il francese Jean-Guillaume Locré.
Applicare il Codice civile ma senza dimenticare di attingere al diritto romano/comune insito nella lunga tradizione giuridica tedesca (e quindi anche renana) significava, per i magistrati dei territori renani in età napoleonica tra il 1800 e il 1814 (e segnatamente per la corte di appello di Treviri), Un libero uso delle fonti normative disponibili, che però non era in contrasto con gli obblighi del giurista in quanto contemplava l’applicazione dello strumento-code civil. Un’aperta ribellione giuridica e politica, visto che il Codice civile vietava ogni possibile etero integrazione Un modo di procedere conforme alle direttive ed istruzioni ricevute dal potere politico. Era naturale che il giudice pensasse con la propria testa! Una applicazione del nuovo Codice civile napoleonico, certo. Ma nello spirito del lavoro secolare del giurista: un giurista abituato ad avere a che fare, da molto tempo, con una pluralità di fonti (tra cui il diritto comune primeggiava) e che non poteva dimenticarle dall’oggi al domani.
Negli otto anni di vita della sua esistenza (1808-1814), alla “scuola di diritto” (école de droit) di Coblenza, diretta dal Lassaulx e incaricata di formare giovani giuristi al diritto francese, ai laurearono 600 studenti 140 studenti 459 studenti 118 studenti.
Nel 1805, il giureconsulto francese Jean-Guillaume Locré aveva visto nel code civil Il simbolo della chiarezza giuridica, e del progresso, nel ripudio delle tante vecchie e divisive consuetudini locali Una efficace compilazione giuridica da conciliarsi con la tradizione del diritto romano/comune. Un progresso moderato sulla strada dell’unificazione civilistica, che non avrebbe dovuto però sopprimere le consuetudini locali di Francia Una pericolosa involuzione che allontanava la Francia dalle sue consolidate tradizioni giuridiche.
Dopo l’annessione alla Francia napoleonica, il decreto consolare 14 Fruttidoro X (1° settembre 1802) prevedeva per la Renania un’organizzazione giudiziaria Separata, con le magistrature e i tribunali tradizionali, ma posti sotto la sorveglianza di un “tribunale di revisione” in ultima istanza, incaricato di cassarne le decisioni illegittime. Separata, con le magistrature e i tribunali tradizionali, esistenti al momento dell’annessione Uguale a quella francese, ma lasciando in funzione i giudici di pace (di prima istanza) esistenti prima dell’occupazione e dell’annessione Uguale a quella esistente nel resto della Francia, senza eccezioni.
Prima di essere annessa ufficialmente alla Francia, la Renania fu occupata militarmente. In che anno? E in quanti dipartimenti fu divisa? 1801-6 1798 – 4 1802 – 3 1799-4.
Due illustri giuristi di area renana, Karl Salomon Zachariae (autore di un “manuale del diritto civile francese edito nella sua università di Heidelberg nel 1809) e Franz von Lassaulx, direttore della scuola giuridica (école de droit) di Coblenza, valutavano il Codice civile napoleonico come Una codificazione del tutto nuova e innovativa nel suo contenuto, rispetto alla tradizione giuridica precedente Una codificazione strettamente calcata sulla consuetudine di Parigi, di cui riprendeva fedelmente le norme e gli istituti Un testo che risentiva dell’influenza del diritto comune, al punto che, per Lassaulx, il diritto romano era la prima e la principale fonte del codice napoleonico Una codificazione che non faceva che mettere in pratica le teorie francesi di diritto naturale dei giuristi Domat e Pothier.
Quale fatto internazionale permise la definitiva annessione della Renania alla Francia post-rivoluzionaria/napoleonica? La pace di Presburgo del 1809 La vittoria napoleonica ad Austerlitz (1805) La pace di Lunéville del 1801 La vittoria dei francesi sugli austro-prussiani a Valmy (1792).
I parricidi, nel Codice penale francese del 1810, erano soggetti ad una pena corporale aggiuntiva, consistente Nel taglio delle mani Nell’applicazione, notte e giorno, di “ceppi” (=pesanti catene) Nella marchiatura a fuoco, sorta di indelebile riconoscimento del reo Nell’esposizione in pubblico, incatenati e alla gogna.
Il Codice penale francese del 1810 Non contempla la pena di morte Contempla la pena di morte solo per il reato di attentato alla persona dell’imperatore Contempla ben 39 figure di reato passibili di pena di morte Contempla la pena di morte, ma essa non fu mai eseguita nella pratica (disapplicazione di fatto).
Il regno d’Italia napoleonico, grazie al Romagnosi, ebbe un suo proprio codice di procedura penale. Ma mancava un elemento importante rispetto a quello francese: L’istruttoria preliminare La fase del dibattimento, risolvendosi il processo direttamente in sede istruttoria (condanna o assoluzione) La detenzione in attesa del giudizio La giuria.
Il Codice penale francese del 1810 Prevedeva che il magistrato infliggesse la pena giostrando tra un minimo ed un massimo edittale Imponeva al giudice di motivare il verdetto, qualora scegliesse di discostarsi dalla pena, fissa, prevista per il reato Prevedeva, come per quelli precedenti del 1791 e 1795, la fissità della pena Seguì l’esempio del Codice penale del 1791, che già consentiva al magistrato di optare tra un minimo ed un massimo di pena.
Nel Codice penale francese del 1810 Il reato tentato è punito in modo più grave di quello consumato, trattandosi di istigazione La figura del tentativo di reato non è menzionata, poiché ritenuta superflua ai fini della sanzione. Il reato tentato è punito come quello consumato Il reato tentato è punito in modo meno grave di quello consumato.
Il codice di procedura penale francese del 1808 Contemplava un processo di tipo inquisitorio ed un’istruttoria segreta Contemplava, per la difesa, la possibilità di prendere visione da subito degli atti del processo Contemplava un processo di tipo accusatorio, ma una fase istruttoria calcata sull’Ordonnance criminelle di Lugi XIV Contemplava un processo di tipo accusatorio ed un’istruttoria non segreta.
La parte dei reati (“parte speciale”) del Codice penale francese del 1810 Moltiplicava le figure di reato, ma introducendo delle notevoli mitigazioni di pena Fu improntata alla ferrea tutela dell’assetto sociale in chiave di severo “law and order” napoleonico Riprendeva molte delle figure di reato già previste dal Codice penale del 1791 Si ispirava al criterio della mitezza, all’insegna della rieducazione del reo.
Il Codice penale francese del 1810, nel primo titolo del terzo libro Trattava dei reati contro la religione Trattava dei reati contro le pubblica fede Riguardava i reati contro lo Stato Trattava dei reati commessi a danno di privati cittadini.
Il codice di commercio francese del 1807 elencava quali erano gli atti di “commercio”. Cioè ad esempio Cambi, operazioni di banca, mediazioni Affitto, contratto di mandato, rappresentanza Patto leonino, rescissione contrattuale, azione di rivendicazione, datio in solutum e pro solvendo Compravendita immobiliare, mutuo, locazione d’opera.
Il Codice penale francese del 1810 Si suddivideva in quattrocentottanta quattro articoli ripartiti in quattro libri Era estremamente succinto, suddividendosi essenzialmente in due parti e 226 articoli. Si componeva di tre libri, senza parte generale. 484 articoli Si componeva di cinque libri e di una parte generale.534 articoli.
Per gestire l’ordine pubblico urbano e rurale, la Francia post-rivoluzionaria e napoleonica A partire dal 1798 creò un corpo di “gendarmeria” Poteva contare sul pronto intervento di reparti militari Si servì ampiamente delle forze di polizia Aveva ben presto creato una “guardia civica” volontaria.
Il Codice penale napoleonico del 1810 Fu un codice dalle pene dure, fatto per reprimere banditismo e atti di brigantaggio anche rurali Fu un codice più mite dei quelli, precedenti, del 1791 e 1795 Fu un codice più mite dei quelli, precedenti, del 1791 e 1795, e NON prevedeva la pena di morte Fu un codice che prendeva in considerazione il principio di rieducazione del reo.
Il Codice penale napoleonico del 1810 Includeva, oltre alle varie categorie di reati, anche sanzioni di carattere amministrativo pecuniarie. Prevedeva una bipartizione dei reati Contemplava solo la categoria più grave, quella dei crimini, demandando le infrazioni minori a leggi speciali Prevedeva una tripartizione dei reati.
Il codice di commercio francese del 1807 Non prevedeva alcuna forma di sanzione detentiva per il fallito indebitatosi Prevedeva l’arresto per debiti, solo per dolo: se il fallimento si fosse verificato senza dolo del fallito, questi sarebbe stato liberato. Prevedeva l’arresto per debiti, in sintonia con quanto prevedeva anche il Codice civile per i debiti derivanti da obbligazioni non commerciali Prevedeva l’arresto per debiti sempre e comunque, in ogni caso in cui si fosse verificato l’indebitamento del fallito.
I tribunali di commercio, previsti dal codice di commercio francese del 1807 Erano composti da magistrati delle corti di appello, che formavano una sezione specializzata per ogni dipartimento Erano composti da commercianti Erano composti da giudici dei tribunali civili, specializzati in materia commerciale Erano composti da cittadini, estratti a sorte nelle medesime liste utilizzate per la formazione delle giurie.
Il codice di commercio francese del 1807 si divideva in quattro libri che trattavano il commercio per via di terra, il commercio marittimo, il fallimento e….. I singoli contratti commerciali La cambiale La giurisdizione commerciale L’assegno.
L’elencazione degli atti di commercio nel codice di commercio francese del 1807 Trasformava il diritto commerciale, da diritto “dei commercianti” soggettivo, in un diritto degli “atti di commercio” oggettivo, indipendente dallo status di chi li compiva Determinava in modo chiaro la competenza dei tribunali di commercio Serviva essenzialmente a determinare lo spartiacque tra applicazione del codice di commercio da un lato e del Codice civile dall’altro Simboleggiava il venir meno delle corporazioni di mestiere, avvenuta con la Rivoluzione.
In caso di controversia tra un semplice cittadino ed il convenuto, che era un commerciante, L’attore doveva convenire il commerciante dinanzi al tribunale civile. Ma il tribunale civile doveva in ogni caso applicare il codice di commercio Spettava all’attore-cittadino scegliere a quale tribunale rivolgersi. Se fosse andato in quello di commercio si sarebbe applicato comunque il Codice civile, ed invece il codice di commercio solo per quanto in quello civile non contenuto (cioè i contratti commerciali) L’attore doveva convenire il commerciante di fronte al tribunale di commercio in ogni caso. Il diritto applicabile dipendeva dalla materia oggetto di controversia La scelta del tribunale competente dipendeva da un organo paritetico, neutro. Il diritto applicabile dipendeva dalla materia oggetto di controversi.
In caso di controversia tra un commerciante (attore) ed un cittadino (convenuto), Valeva il codice di commercio, di fronte al tribunale di commercio Si applicava il Codice civile, ma era competente il tribunale di commercio Si applicava il codice di commercio napoleonico, ma di fronte al tribunale civile Si applicava il Codice civile napoleonico, di fronte al tribunale civile (che conosceva delle cause commerciali in appello).
il codice di commercio napoleonico del 1807 Era di pari importanza rispetto al code civil Alla lunga, acquisì più importanza del Codice civile perché seppe presentarsi all’appuntamento della società industriale con una normativa specifica Ebbe meno importanza rispetto al Codice civile. Come codice di affari e capitale mobiliare, conteneva una normativa speciale, “di classe” rispetto a quella, generale, del Codice civile Era più importante perché più importante socialmente era la borghesia industriale rispetto a quella fondiaria.
Il codice di commercio napoleonico del 1807 Affonda le sue origini nello “ius mercatorum” medievale Ha come precedenti diretti l’ordonnance del commercio del 1673, quella del 1681 e la sua revisione del 1782. Ha i suoi precedenti in normative consuetudinarie regionali Non ha precedenti nella storia giuridica francese.
ll Codice di procedura civile napoleonico, del 1807, Deriva da una semplice razionalizzazione e modernizzazione delle vecchie Ordonnances di Luigi XIV; non contiene norme riguardanti l’organizzazione giudiziaria Introduce i principi di oralità e pubblicità dei dibattimenti Rappresenta un ritorno al passato dell’antico regime, senza alcuna innovazione di rilievo. Rappresenta una novità rivoluzionaria, come il code civil.
Durante il periodo napoleonico (1800-1814), Furono emanati il Codice civile (1804) e il Codice di procedura civile (1807) Furono emanati cinque codici: civile, di procedura civile, penale, di procedura penale e di commercio All’emanazione del Codice civile si accompagnarono normative speciali per renderlo applicabile nei vari paesi conquistati dalla Francia napoleonica Fu emanato il solo Codice civile, nel 1804.
Nei primi articoli del Codice penale francese del 1810 Sono garantiti i diritti di stampo illuminista (nullum crimen sine lege, irretroattività ecc.) Sono garantiti i diritti di stampo illuminista, ma ciò non impedì l’uso di una severa legislazione derogatoria, spesso basata su giudizi sommari Non vi è traccia di diritti garantisti di stampo illuminista La menzione dei diritti di garanzia è incompleta. Non vi figura, ad esempio, il principio di irretroattività della legge penale.
Il codice penale austriaco del 1852 era un codice severo per la misura e tipologie delle pene; prevedeva però la pena di morte solo per l'attentato alla persone dell'imperatore; accoglieva la tripartizione dei crimini severo; prevedeva la pena di morte per varie fattispecie e accoglieva la bipartizione dei reati severo per la tipologia delle pene; ma non prevedeva la pena di morte - accoglieva la bipartizione dei crimini severo; prevedeva la pena di morte per varie fattispecie e accoglieva la tripartizione dei reati.
Nel Codice civile austriaco del 1811 Essendo destinato ai variegati e differenziati domini austriaci, rese indipendente il credo religioso dall’esercizio dei diritti privati: “la diversità di religione non ha alcuna influenza sui diritti privati “. La religione cattolica e quella protestante rivestivano grande importanza ai fini del godimento e dell’esercizio dei diritti in esso contenuti. Ma non quella ebraica, che era fonte di impedimenti vari. Le popolazioni di religione ortodossa ai confini orientali dell’impero d’Austria erano ammesse a godere degli stessi diritti civili. La religione cattolica aveva grande importanza ai fini del godimento e dell’esercizio dei diritti in esso contenuti, riservati appunto ai cattolici.
Il Codice civile austriaco del 1811 Delinea una condizione di maggiore libertà per la donna, non soggetta all’autorizzazione maritale. Prevede il matrimonio civile ma non prevede il divorzio (almeno inizialmente) Contempla, per la prima volta nella storia codicistica, una situazione di assoluta parità per la donna. Prevede sia il divorzio che il matrimonio civile. Delinea una supremazia netta del marito, che concede alla donna l’autorizzazione maritale. Ma prevede il matrimonio civile e il divorzio Ripropone il modello autoritario e maschile della famiglia fatto proprio dal codice francese, e non prevede il divorzio, né il matrimonio civile.
Il Codice civile francese del 1804 Scaturì dalla volontà ferrea di Napoleone Bonaparte e fu accolto con favore dalla classe borghese proprietaria che vi vedeva grandi potenzialità economiche Scaturì dalla volontà popolare a seguito della Rivoluzione francese Scaturì dalla volontà ferrea di Napoleone Bonaparte. Ma non ebbe successo presso la classe borghese, inadatta a grandi cambiamenti sociali Fu votato nelle camere del parlamento ed emanato per volontà unanime del Direttorio.
Il Codice civile austriaco, “rivale” di quello francese entra in vigore 1° gennaio 1812 1° dicembre 1804 1° gennaio 1852 1° gennaio 1848.
Le norme del codice austriaco del 1811 Sono meno leggibili e più involute, scritte come sono in uno stile piuttosto arcaico Sono molto più leggibili e chiare di quelle del codice francese. Sono meno puntuali e precettive di quello francese, e permettono ad un giudice che non è (come in Francia) mero esecutore della legge di far ricorso, se del caso, all’equità Sono molto più puntuali, lunghe e precettive di quello francese, perché fanno parte dello stile e della tradizione tedesca.
Il Codice civile austriaco del 1811 Abrogava esplicitamente tutte le fonti preesistenti lasciando però la possibilità di integrazione della normativa mediante il ricorso ai “principi generali e naturali” Si proponeva di lasciare in vigore, come fonte sussidiaria, il diritto romano/comune (etero integrabilità) Fu redatto in modo tale dai suoi redattori, il Martini e il Zeiler, che una integrazione dall’esterno era sempre possibile. Non era etero integrabile da parte di nessuna fonte o normativa giuridica esterna al codice, seguendo in questo l’esempio francese.
Il Codice civile austriaco del 1811 Era molto più lungo e prolisso di quello francese; le sue norme lasciavano più spazio all’interpretazione del giudice Aveva più o meno la stessa lunghezza di quello francese, e norme egualmente precettive Era molto più breve di quello francese; le sue norme lasciavano più spazio all’interpretazione del giudice Era strutturato in articoli dalla estrema lunghezza, in questo differenziandosi dall’agile e leggibile codice francese.
Il Codice civile austriaco del 1811 Comprendeva anche parti della procedura civile Si componeva di tre parti secondo lo schema delle istituzioni di diritto romano (personae, res, actiones) Seguiva uno schema mutuato dalle raccolte di diritto consuetudinario in vigore nelle “terre ereditarie” (=acquisite originariamente) della Casa d’Austria Si strutturava secondo uno schema nuovo, che prendeva in considerazione anche parti del diritto pubblico dell’impero d’Austria.
Il Codice civile austriaco del 1811 si proponeva, tra le altre cose, Razionalizzare il diritto romano/comune, fonte giuridica per eccellenza nei territori asburgici Contrapporsi al modello del Codice civile francese Intenti di semplificazione ed unificazione del diritto civile nelle varie regioni della monarchia asburgica Mantenere inalterati, pur nella concessione di maggiori libertà civili, i privilegi della monarchia.
L’Italia unificata dopo il 1861 abbisognava di un codice unico: Ritenne che le norme del codice austriaco fossero più consone di quelle del codice civile francese alla realtà italiana Fu ben disposta a prendere come modello il codice austriaco, già rodato in alcune regioni italiane Non fu preso come modello al momento dell'unificazione italiana. Non si poteva prendere a modello il codice di quello che era stato, sino a pochi anni prima, il “nemico” politico-militare! Accolse con favore il non accoglimento, nel codice austriaco, di figure come il divorzio. Il codice austriaco abbisognava però di una traduzione esatta dei suoi precetti in italiano, e ciò pose problemi.
La terza parte del codice austriaco del 1811 è foriera di futuri sviluppi dottrinali molto interessanti: Contiene una casistica di contratti ben più articolata che non quella del codice francese Delinea in modo magistrale, perché completo e chiaro, l’istituto della proprietà Delinea una vera e propria teoria delle obbligazioni Con la sua disciplina generale sulla costituzione, modifica ed estinzione dei rapporti giuridici, anticipa la dottrina tedesca del “negozio giuridico “.
Dopo la fine delle guerre napoleoniche, in Germania Parte dell’opinione pubblica tedesca intravvide possibilità di unione politica sotto la guida del regno di Prussia Un segmento considerevole di opinione pubblica considerò l’unificazione politica di fatto già raggiunta, visto che si era giunti ad una “Confederazione germanica” La borghesia liberale, desiderosa di riforme costituzionali, intravvide margini di azione solo partendo da azioni e movimenti spontanei nei piccoli Stati tedeschi Al contrario, un’altra parte della borghesia liberale le vide in una guida austriaca.
La Germania usciva dalle guerre napoleoniche Frammentata politicamente, ma con un diritto civile e penale ormai unificati Frammentata politicamente e giuridicamente, più ancora che nel XVIII secolo Come una confederazione, frammentata politicamente e giuridicamente ma meno che nel XVIIII secolo. Con sistemi giuridici ancora diversificati fortemente, ma con l’assetto politico di una unitaria federazione di Stati a guida prussiana.
Dopo la fine delle guerre napoleoniche, in Germania Si poteva presagire un assetto politico basato sulle due potenze dominanti, Austria e Prussia, ognuna affiancata da Stati satelliti Si poteva nettamente immaginare uno sviluppo costituzionale nel senso di un accorpamento della maggioranza degli Stati tedeschi all’Austria asburgica Vi furono chiari sintomi, nei primi anni Trenta dell’Ottocento, di un movimento o per lo meno di una tendenza unitaria (es. unione doganale) Niente, nessun sintomo poteva far presagire una futura unificazione politica.
La gestione “vera” del diritto, intesa nel senso che ad esso diedero i pandettisti tedeschi eredi del Savigny, spettava alla classe dei Giudici Giuristi Avvocati Politici, i soli a poter varare nuovo diritto.
Il grande giurista sostenitore di una codificazione unica per la Germania, all’alba del congresso di Vienna (1814), fu Bernhard Windscheid Friedrich Karl von Savigny Anton Justus Thibaut Karl Salomon Zachariae.
Per il Savigny, un codice rappresentava Un’ottima soluzione giuridica, perché chiara e fonte di certezza del diritto Un astratto retaggio del razionalismo illuministico, come tale troppo astratto rispetto ai bisogni della società (tedesca) e fuorviante perché non badava alla realtà concreta delle società. Una buona soluzione giuridica, ma necessariamente da integrare con il diritto comune Una buona soluzione per le aree tedesche in cui era in vigore l’odiato diritto francese (“straniero”), ma solo per esse.
Che cosa postulava la scuola storica del diritto, in Germania? È impossibile ricreare il diritto di un popolo, poiché è troppo differenziato su base regionale, soprattutto in Germania Il diritto va cercato nell’anima antica, nello spirito di un popolo, e non in astratte codificazioni giuridiche Il diritto di un popolo non può vivere se non distaccato dal suo assetto politico Il diritto implica per forza di cose un’unità nazionale politica. Solo quando la si raggiunge si potrà procedere ad una codificazione.
Dall’altro lato della Manica, un illustre filosofo britannico, pur minoritario, aveva sostenuto la necessità di una codificazione giuridica per il suo paese (che era di “common law”). Si chiamava John Locke Jeremy Bentham David Hume Edmund Burke.
Per il Savigny occorreva ricercare un diritto primigenio tedesco che affondasse le sue radici principalmente Nella tradizione della “recezione” (avvenuta nel 1495) del diritto comune in Germania Nella tradizione del diritto carolingio. Nell’antico diritto consuetudinario (Sachsenspiegel, Schwabenspiegel) e solo in quello Nella tradizione costituzionale che, dalla Bolla d’Oro (1356) in poi, postulava per la Germania l’elezione dell’imperatore.
La scuola storica del diritto era lo specchio giuridico di un più vasto movimento politico-letterario. Quale? Decadentismo Naturalismo Razionalismo Romanticismo.
L’opera di Savigny, “Della vocazione del nostro tempo per la legislazione e la giurisprudenza” è datata 1848 1831 1814 1815.
Quando ebbe luogo il “conflitto per la codificazione”, in Germania? Prima metà del XX secolo Seconda metà del XIX secolo Durante il periodo della Rivoluzione francese (fine XVIII secolo) Prima metà del XIX secolo.
Ben presto, comunque, circa l’opera codificatoria tedesca Il confronto con il codice francese rese il codice tedesco impopolare Si apprezzò la comprensibilità e scorrevolezza del Codice civile tedesco Ci si accorse del linguaggio difficile del BGBG, tipico di professori e tecnici del diritto I giuristi intrapresero un’opera di correzione delle svariate imperfezioni del codice.
Il Codice civile tedesco (BGB) Resosi obsoleto e contaminato da norme di derivazione nazionalsocialista, fu abrogato dopo la Seconda guerra mondiale e sostituito con un nuovo codice È in vigore ancora oggi, ma modificato in modo profondissimo È in vigore ancora oggi con modifiche soprattutto nel campo del diritto di famiglia Fu ben presto abrogato, a seguito della disfatta tedesca nella Prima guerra mondiale.
Il Codice civile tedesco (BGB) fu varato nel 1918 1890 1910 1900.
Il Codice civile tedesco (BGB), nella sua parte generale, ebbe vasta risonanza: Accoglieva grandi novità, tra cui la elaborazione della teoria del contratto Accoglieva grandi novità, tra cui la elaborazione della teoria della capacità di agire individuale Accoglieva grandi novità, tra cui la elaborazione della teoria del “negozio giuridico” Riassumeva brillantemente i vari istituti cardine del diritto privato, che sarebbero poi stati disciplinati in dettaglio nei singoli libri.
Il Codice civile tedesco (BGB), visti i protagonisti della sua genesi, fu detto Il codice della libertà civile Il codice dei professori Il codice dei magistrati Il codice dei tecnici del diritto.
Il Codice civile tedesco (BGB) si divide in Sei libri compresa la parte generale Quattro libri, compresa la parte generale Tre libri, secondo lo schema romanistico di “personae, res, actiones” Cinque libri, compresa la parte generale.
La legge cambiaria tedesca data del 1848 1918 1930 1896.
Già prima del varo del Codice civile (BGB), la Germania si era data Un codice del lavoro, nel 1890 Un codice della navigazione, nel 1861 Un codice di commercio, nel 1861 Un Codice penale, nel 1852.
I più noti giuristi della pandettistica tedesca furono Thibaut, Fraenkel, Zinsheimer Menger, Lassaulx von Gierke, Jhering Puchta, Windscheid.
La costruzione di un organico “diritto tedesco” da parte dei pandettisti, sulla base dell’elaborazione del diritto tradizionale tra cui primeggiava quello romano/comune, facilitò enormemente la creazione di un futuro Codice civile, i cui istituti di base erano “pronti” e si trattava solo di collocarli in un articolato organico Rivalutò le somiglianze ed analogie giuridiche con gli istituti accolti in altri codici europei, come quello francese (1804) e quello italiano (1865) sconsigliò di procedere così rapidamente alla redazione di un Codice civile nazionale della Germania non rese però facile la futura codificazione civile tedesca.
La costruzione di un “diritto tedesco” da parte dei pandettisti, sulla base dell’elaborazione del diritto tradizionale tra cui primeggiava quello romano/comune, facilitò la comprensione di figure giuridiche prima poco conosciute o utilizzate dai partici del diritto produsse la brillante creazione di nuove figure, tra cui quella del “negozio giuridico” produsse la brillante creazione di nuove figure, tra cui quella del contratto approfondì e chiarì storicamente la vicenda dell’accoglimento del diritto romano in Germania nel XV secolo.
Nell’ipotizzare un “diritto storico” in base ai loro postulati derivanti dall’insegnamento di Savigny, i pandettisti potevano rischiare anche di travisarne le fonti costitutive di peccare di eccessivo astrattismo e “metastoria” di iper-valutare il ruolo del diritto romano di disconoscerne l’effettiva vigenza nella pratica.
La concezione sostenuta dal giurista tedesco Rudolf von Jhering e da altri si chiamò giurisprudenza codicistica giurisprudenza consuetudinaria giurisprudenza dei concetti giurisprudenza degli interessi.
In particolare, il giurista tedesco Rudolf von Jhering sostenne che occorreva liberarsi dell’ingombrante tradizione romanistica la scienza del diritto doveva occuparsi degli interessi politici ed economici che la sottendevano la Germania doveva dotarsi di un Codice civile al più presto il diritto doveva essere aderente alla realtà politica del paese.
La critica rivolta dai “socialisti giuridici” ai pandettisti tedeschi consisteva nel fatto che erano politicamente allineati con i partiti conservatori dimenticavano la realtà sociale ed economica sottesa al diritto ignoravano il diritto codificato esaltavano eccessivamente il diritto di tradizione romano/comune.
Nella sua opera satirica, “Serio e faceto nella giurisprudenza”, Jhering immagina un mondo ideale popolato da giuristi di tutti i generi un paradiso di giuristi astratti e dogmatici, capitanati dal Puchta un paradiso in cui vivranno i giuristi sostenitori della codificazione un inferno in cui i cattivi giuristi saranno condannati a rimanere.
Rudolf von Jhering scrisse il suo “Serio e faceto nella giurisprudenza”, opera satirica su pandettisti, nel 1900 1861 1891 1830.
Per la pandettistica, il “diritto tedesco” elaborato dottrinalmente divenne Una materia fluida ed eterogenea dai contorni indefiniti Un sistema aperto suscettibile di integrazioni e completamenti Un sistema chiuso e omogeneo (sistema iuris) Un insieme di normative tradizionali che abbisognavano di coerenza interna.
Concepire un “diritto tedesco” era, nel XIX secolo, il riflesso giuridico del Razionalismo politico Liberalismo Illuminismo nazionalismo.
Un o dei più brillanti allievi di Savigny, nella scuola della pandettistica ( o "scuola storica del diritto"), fu Joseph von Sonnenfels Karl Salomo Zachariae Gustav Hugo Anton Justus Thibaut.
Il sistema chiuso del diritto, o "sistema iuris", fu per i pandettisti… Il diritto "storico" della Germania, divenuto diritto del popolo tedesco da secoli Un sistema giuridico "tedesco" ma eterogeneo, il ci dato comune fosse quello di consentire di utilizzare al meglio le soluzioni pratiche che offriva ai tecnici e pratici del diritto Il diritto codificato, così come si presentava nelle varie parti della Germania all'indomani del congresso di Vienna Un diritto variegato, fatto di codici e di consuetudini scritte, ad uso soprattutto dei pratici del diritto.
Nella complessa vicenda scientifico-giuridica francese del XIX secolo, i giuristi francesi Sono bravissimi costruttori di sistemi teorici e sistematizzazioni, al pari dei loro colleghi tedeschi Facilitano interazioni notevoli tra legge, dottrina e giurisprudenza. Sono più pratici e attenti ai tribunali e meno costruttori di concetti e figure giuridiche astratte di quanto non lo siano i tedeschi. Escludono ogni possibilità di interazione tra legge, dottrina e giurisprudenza Si rifugiano nell’analisi minuziosa e specifica di singoli istituti giuridici tratti dalla codificazione civilistica, al fine di agevolarne la spiegazione e l’applicazione pratica.
La Scuola dell’esegesi in Francia, in realtà Si interessò non solo al Codice civile ma anche alla giurisprudenza del Conseil d’Etat in materia amministrativa si interessò al Codice civile ma riesumò, come possibili fonti sussidiarie di diritto, le consuetudini (coutumes) regionali Si interessò non solo al Codice civile ma anche al codice del commercio e al Codice penale Si interessò solo al Codice civile, tralasciando gli altri codici in vigore.
i giuristi della scuola dell’esegesi, in Francia Pur trovando nella figura-codice un “sistema iuris” chiuso, ne ammettevano l’influenza da parte di fattori ed elementi esterni (politica, economia) Erano alla ricerca di una costruzione teorica che permettesse loro di racchiudere tutto il diritto positivo nella codificazione, ad esclusione di altre fonti normative Trovavano nella figura-codice quel “sistema iuris” nazionale, chiuso e completo che i loro colleghi pandettisti, in Germania, avevano trovato nel composito “diritto storico” della loro patria. Davano alla giurisprudenza delle corti supreme (corte di cassazione, Consiglio di Stato) la massima importanza nell’evoluzione e maturazione del diritto, anche codicistico.
I giuristi della Scuola dell’esegesi, in Francia (prima-seconda metà del XIX secolo) Lavoravano servendosi di vaste trattazioni teoriche, come quella del Zachariae Lavoravano essenzialmente sulle fonti storiche del diritto Evitavano la formulazione di costruzioni teoriche generali, e lo strumento più in voga in quel periodo era il commentario al codice o a parti di esso Prediligevano costruire sistematizzazioni giuridiche di largo respiro, non da ultimo a causa dell'influenza tedesca.
Con il passare dei decenni, i giuristi francesi del XIX secolo cominciano però ad aprirsi, nella loro analisi codicistica, ai portati e contributi della giurisprudenza, alla quale furono molto attenti. Tale indirizzo di “dialogo” dottrina -giurisprudenza si dovette principalmente, all’inizio All’opera di Cambaceres e Portalis All’opera di Merlin de Thionville All’opera di Merlin de Douai All’opera di Aubry e Rau.
Il modo di operare codice-centrico francese, dal XIX secolo, poté svilupparsi anche, nel corso dei decenni Guardando all’aspetto “teleologico” del codice (=le finalità delle norme in esso contenute) Guardando agli interessi socioeconomici che le norme codicistiche proteggevano Sulla scia di un metodo “sistematizzante” di taglio teorico, grazie all’opera di Aubry e Rau Sulla scia di un metodo “storicizzante”, sempre grazie ad Aubry e Rau.
I giuristi della Scuola dell’esegesi, in Francia Seguirono da vicino gli sviluppi delle vicende della dottrina tedesca, e in particolare il dibattito sulla codificazione Concepirono il mondo del codice francese come un sistema aperto e integrabile inaugurarono un vero e proprio “tipo” francese d’interpretare il Codice, basato su lunghe opere di commento per ciascuna disposizione Si rifecero alla tradizione francese delle “coutumes” per meglio comprendere il Codice civile del 1804.
Il metodo esegetico ottocentesco dei giuristi francesi fu visto dai suoi critici, specie “di sinistra” Come una corrente di burocrati del codice, intenti a fare continue affermazioni di rispetto per la lettera della legge e per la volontà del legislatore Come una corrente reazionaria politicamente e intenta a rendere immobile la legge esistente Come una corrente avulsa dal contesto storico del diritto, che si muove ed evolve al di fuori e al di là del codice Come una corrente di giuristi legata al mantenimento del potere politico esistente.
I giuristi francesi Aubry e Rau furono molto influenzati, nel loro metodo di lavoro, Dalla metodologia del tedesco Bernhard WIndscheid Dall’opera di Merlin de Douai « Recueil des questions de droit » Dalla pandettistica tedesca, i cui postulati e metodi essi accolsero in blocco Dall’opera fortemente sistematizzante, dedicata al Codice civile, di Salomo Zachariae.
I giuristi della Scuola dell’esegesi, in Francia Ritennero di doversi concentrare sullo studio del codice, in quanto, di fatto, fecero coincidere quest’ultimo con il diritto per eccellenza Si ispirarono, nelle loro analisi, ai principi di diritto naturale che, a loro parere, avevano profondamente permeato di sé la codificazione Ritennero di dover guardare al di là del codice, inglobando nella loro analisi tutti i segmenti del dritto (consuetudini, decisioni giudiziali ecc.) Ricostruirono anche loro un “mondo strico” del diritto francese, che era stato precedente al Codice civile.
Agli albori del XIX secolo, con il trionfo delle teorie giuridiche illuministiche e del tipo-codice, Si considerò marginale e puramente applicativo-meccanico il ruolo dei giuristi e soprattutto dei magistrati (bouche de la loi), in una chiave di lettura legicentrica Si valutò il diritto privato come diritto primigenio, molto più importante delle altre branche del diritto (penale, commerciale ecc.) Venne enormemente valutato il ruolo del giurista e del magistrato, come interpreti essenziali della nuova codificazione Non si dimenticò affatto il diritto precedente, essenziale serbatoio di concetti e istituti cui ispirarsi.
In Italia, con l’eccezione della Sicilia e della Sardegna fuori dal controllo napoleonico (vi si rifugiarono, sotto tutela britannica, le case regnanti borbonica e sabauda), il code civil francese del 1804 fu introdotto Sia nei territori che erano stati annessi all’Impero direttamente (Piemonte nel 1802, Parma e Piacenza nel 1805, Toscana del 1808, Lazio nel 1810), sia nei regni.“autonomi”: il regno d’Italia con capitale Milano e il Regno di Napoli. Per questi ultimi, l’entrata in vigore avvenne rispettivamente nel 1806 e nel 1808. Solo nei regni “autonomi”, e satelliti: il regno d’Italia con capitale Milano e il Regno di Napoli. Per questi ultimi, l’entrata in vigore avvenne rispettivamente nel 1806 e nel 1808. Altrove rimase in vigore il diritto romano/comune. solo nei territori annessi all’Impero francese direttamente (Piemonte nel 1802, Parma e Piacenza nel 1805, Toscana del 1808, Lazio nel 1810). Non altrove. Solo nel Piemonte, in quanto fu considerato il territorio che, per la sua vicinanza alla Francia, era il più simile e si confaceva di più all’introduzione del Codice civile senza “scosse” e problemi di adattamento.
Il “Codice per lo Regno delle due Sicilie” entrò il vigore il 1° settembre 1820 entrò in vigore il 1° settembre 1819 (nel frattempo il code civil francese era rimasto in vigore, stralciato dal divorzio) entrò in vigore il 1° settembre 1821, subito dopo i moti insurrezionali del '21 entrò in vigore il 1° settembre 1819 (nel frattempo il code civil francese era rimasto in vigore, ivi compreso l’istituto del divorzio).
È certo che taluni istituti del Codice civile francese del 1804 urtarono sensibilità politiche e sociali, specie nei territori non francesi in cui fu imposto. Ad esempio, La patria potestà, limitata rispetto alla tradizione precedente La comunione dei beni, contraria alla tradizione italiana Il divorzio (si chiese di stralciare dal testo) e la comunione dei beni L’eguaglianza giuridica e l’assenza di vincoli alla capacità economica di vendere, comprare, negoziare ecc.
Si sperò che Napoleone accettasse versioni “locali” di codici civili, che fossero alternative al code civil del 1804. Il giurista lombardo Alberto De Simoni era stato l’autore di un fallito “Progetto di Codice civile della Repubblica Italiana” (1802-1805) che Non ammetteva il divorzio in modo assoluto Ammetteva il divorzio ma solo “a denti stretti”, in casi di grave condanna penale del coniuge Introduceva anche in Italia la comunione dei beni Introduceva anche in Italia l’eguaglianza successoria fra figli maschi e femmine.
A Napoli, Gioacchino Murat (cognato di Napoleone e re dal 1808 al 1815) tentò tardivamente Di presentare un suo progetto alternativo di “Codice civile del regno di Napoli”, adattato alle esigenze del suo regno (niente divorzio, limitata parità ereditaria, patria potestà costante ecc.) Di fare adottare il Codice civile ma introducendovi norme sull’enfiteusi e la mezzadria, molto praticate nell’economia agricola del sud Di bloccare l’introduzione del Codice civile napoleonico Di far adottare il code civil senza divorzio.
Durante la Restaurazione, il codice civili in Italia fu abrogato dappertutto? Si, tranne che a Napoli No, rimase in vigore in generale perché considerato intrinsecamente buono nonostante la caduta di Napoleone e il ritiro dei francesi Si, tranne che negli Stati italiani (Modena, Piemonte) che nel Settecento avevano adottato delle “compilazioni” giuridiche, ormai superate. Qui rimase in vigore Si, tranne che a Genova.
Durante la Restaurazione Gli Stati italiani che nel Settecento avevano adottato delle “compilazioni” giuridiche, abrogarono il code civil ipso facto, riesumando il “vecchio” diritto (accadde in Piemonte o a Modena). Altri Stati invece optarono per una nuova sistemazione del diritto civile, accettando l’idea del modello/codice, e nominando commissioni legislative volte a preparare codici ad hoc Fu rifiutata dappertutto l’idea del modello-codice, perché troppo “straniera” e frutto dell’opera degli “invasori” Fu avanzata, da taluni giuristi liberali, l’idea di un “Codice civile italiano” che potesse essere adattato, con i debiti adeguamenti, da tutti gli Stati della penisola Si volle ritornare all’antico, che ciò significasse risuscitare le vecchie compilazioni oppure una normativa frammentaria preesistente (come la Toscana).
Il testo del “Codice per lo Regno delle due Sicilie” era suddiviso In cinque parti, corrispondenti ai cinque codici francesi: civile, penale, di procedura civile, di procedura penale e di commercio. In quattro parti: civile, penale, di procedura civile, di procedura penale unicamente in tre parti, corrispondenti alla tripartizione civilistica romana di “personae, res, actiones” Solo in due parti: diritto civile e procedura civile. Le altri partizioni del diritto erano affidate a codici ad hoc.
Nel “Codice per lo Regno delle due Sicilie” Il “cittadino del Regno” era l’unico protagonista in assoluto del codice Risuscitavano quei corpi intermedi (Chiesa, comuni, corporazioni) spazzati via dalla codicistica francese (che riconosceva il solo rapporto Stato-individuo); Si perpetuava lo sfavore francese, già del code civil, dei c.d. “corpi intermedi” tra Stato e cittadino. Una parte della normativa civilistica comprendeva pene detentive.
Nel “Codice per lo Regno delle due Sicilie” Si adottò la comunione dei beni tra gli sposi, come regime esclusivo. Si concesse la scelta del regime patrimoniale, ma non si fece menzione alcuna dell’istituto della dote Fu eliminato il divorzio; restava il matrimonio civile, parallelo e prioritario rispetto a quello religioso, e si disciplinò la separazione dei beni Furono eliminati sia il divorzio che il matrimonio civile.
Nel “Codice per lo Regno delle due Sicilie” Si vietò ogni forma di etero integrabilità. Era l’inizio della moderna codificazione, ed era la fine dell’era del diritto comune. Si mantenne una etero integrabilità, ma limitata alle “consuetudini generali e locali”. Si mantenne, ovviamente, la etero integrabilità da parte delle fonti del diritto romano/comune tradizionali. Il codice seguiva così la tradizione italiana delle compilazioni Si mantenne una etero integrabilità, ma limitata ai principi generali del diritto naturale.
Nel ducato di Parma, che nel 1814 il congresso di Vienna aveva assegnato a Maria Luisa d’Austria, moglie di Napoleone, La parte penalistica non fu oggetto di codificazione immediata, rimanendo affidata a leggi speciali si preferì elaborare quattro distinti codici, proprio come in Francia: codici dedicati al diritto civile, alla procedura civile, al diritto penale e alla procedura penale, tutti emanati fra il 1820 ed il 1821. Si scelse la strada “tradizionale” di emanare un codice unico per tutte le branche del diritto Si unificarono in un solo testo, del 1820, il diritto e la procedura civile.
Nel ducato di Parma, affidato dalla Restaurazione a Maria Luisa d’Austria, la normativa civilistica Perpetuava la discriminazione tra maschi e femmine nelle successioni (come necessaria conseguenza dell’istituto della dote), ma limitava la patria potestà a 21 anni (salvo per il consenso parentale al matrimonio: 24 anni) e la diseredazione Perpetuava la discriminazione tra maschi e femmine nelle successioni e la patria potestà perpetua Eguagliava maschi e femmine in sede ereditaria, ma conservava la patria potestà perpetua Eguagliava maschi e femmine nelle successioni, poneva termine alla patria potestà con la maggiore età dei 21 anni (salvo per il consenso parentale al matrimonio: 24 anni) e limitava la diseredazione.
Divenendo parte dell’impero d’Austria, dal 1° gennaio 1816, il regno Lombardo-veneto Vide l’introduzione di due normative civilistiche separate, l’una per la Lombardia e l’altra per il Veneto (reintroduzione degli Statuti della Repubblica di Venezia) Vide l’introduzione del codice austriaco del 1811 (influenzato dalle teorie del diritto naturale) Non ebbe mutamenti giuridici di rilievo per almeno un ventennio vide l’introduzione dei codici austriaci prerivoluzionari, e segnatamente del Codex Theresianus.
Nel 1810, quando la pax napoleonica regnava su pressoché tutta l’Europa continentale, conquistata o egemonizzata, Le autorità francesi, o filofrancesi, avevano elaborato (e si proponeva di applicare) progetti alternativi di codici civili “ad hoc” per le regioni conquistate o egemonizzate, più confacenti alle loro tradizioni. il code civil francese vi era stato introdotto sic et simpliciter Il Codice civile francese non era ancora stato introdotto, perché bisognoso di adattamenti Il Codice civile francese era stato introdotto, ma con profondi adeguamenti rispetto al modello originale francese (per es. niente divorzio, separazione di beni tra i coniugi,limitata parità ereditaria maschio-femmina.
Ferdinando Dal Pozzo, piemontese, ex presidente della corte d’appello di Roma dal 1810 al 1814, Chiese di essere reintegrato immediatamente nella magistratura del regno di Sardegna pur proclamandosi filofrancese Si dichiarò d’accordo con le scelte giuridiche operate dal vecchio re di Sardegna Propose un mantenimento in vigore totale delle leggi francesi, in vari scritti editi dal 1818 al 1833 (tra cui gli "Opuscoli") Svolse una critica approfondita del sistema giuridico e politico della Restaurazione negli “Opuscoli di un avvocato milanese originario piemontese” del 1818.
Il codice civile Pisanelli, primo codice italiano, entrerà in vigore Il 1° gennaio 1861 Il 1° gennaio 1866 Il 1° gennaio 1865 Il 1° gennaio 1870.
Dopo il ritiro delle truppe francesi nel 1814 e l’avvento della Restaurazione, a Modena Si abrogò subito il Codice civile francese. Ritornarono in vigore le Costituzioni modenesi del 1771 e il ducato di Modena non ebbe mai un nuovo codice Si giunse ad un Codice civile, ma estremamente tardi: nel 1851. E il codice modenese ricalcava quello parmense, salvo che includeva nel suo alveo un quarto libro sul commercio. Si mantenne in vigore il Codice civile francese, emendato di divorzio e comunione dei beni Si giunse ad un Codice civile ma estremamente tardi: nel 1859, alla vigilia della fuga del duca e dell’arrivo delle truppe piemontesi.
Dopo il ritiro delle truppe francesi nel 1814 e l’avvento della Restaurazione, in Piemonte Si ordinò il ritorno immediato e totale al vecchio diritto, cioè alle “Leggi e Costituzioni” del 1723 e 1770. Si emanò subito una serie di leggi provvisorie volte non ad abrogare, ma ad adattare la legislazione napoleonica, in vigore da anni, al nuovo regime politico (abolizione del divorzio, della comunione dei beni ecc.) Il vecchio re Vittorio Emanuele I, tornato sul trono, I ritenne opportuno mantenere in vigore stabilmente la legislazione napoleonica: una sua cancellazione dopo oltre un decennio di vigenza avrebbe provocato problemi enormi di certezza del diritto e conflitti di leggi Si ripristinò il diritto penale e processuale del vecchio regno, ma mantenne in vigore la legislazione civilistica francese (code civil).
Per un rinnovamento giuridico del regno di Sardegna post-napoleonico, occorrerà attendere: L’avvento al potere di Camillo Cavour, primo ministro (1852) L’avvento al potere di re Carlo Alberto, nel 1831. L’avvento sul trono di re Carlo Felice (1821) L’avvento sul trono di re Vittorio Emanuele II (1849).
Dopo il ritorno del re di Piemonte Vittorio Emanuele I, nel 1814, le più aperte menti giuridiche del Regno, in disaccordo con il nuovo regime reazionario, non tornarono più in patria. Tra questi vi fu Massimo D’Azeglio Luigi Montiglio Ugo Vincenzo Botton di Castellamonte Ferdinando Dal Pozzo.
Il “Codice per gli Stati di S.M. il re di Sardegna” fu promulgato nel 1853 Nel 1821 nel 1849 nel 1837.
Il successivo guardasigilli dopo il Cassinis fu il salentino Giuseppe Pisanelli (ministro nel governo Farini-Minghetti, 1862-1864): egli riesumò un suo progetto di Codice civile, ma prima di presentarlo alle camere Lo sottopose all’esame del sovrano, che nominò un’apposita commissione di giureconsulti di sua fiducia e diede poi parere favorevole Attese che la capitale d’Italia, da Torino, si spostasse a Firenze (1864) Lo sottopose all’esame del Consiglio di Stato, che diede parere tecnico favorevole Lo sottopose all’esame di cinque commissioni di eminenti giuristi (a Torino, Firenze, Milano, Napoli, Palermo) per fare in modo che assumesse la veste di un Codice civile veramente “italiano”.
Dopo il ritiro delle truppe francesi nel 1814 e l’avvento della Restaurazione, in Toscana Rimase in vigore il code civil, ma fu abrogato il severo Codice penale francese del 1810 Vennero emanate leggi specifiche in tema di famiglia e successioni tra il 1814 e il 1815 e rimasero in vigore brandelli di codice napoleonico solo in tema di contratti e ipoteche. L’abolizione quasi totale del code civil fece ritornare in vigore la legislazione tradizionale toscana precedente. Vennero emanate leggi specifiche ad hoc in tema di famiglia e successioni tra il 1814 e il 1815, ma per il resto rimase in vigore il code civil francese Rimase in vigore il code civil: ma fu emendato di molte parti “sgradite”, come il divorzio, la comunione dei beni, la parità ereditaria di maschi e femmine, la patria potestà limitata nel tempo. Fedecommessi e feudalità non furono ripristinati.
Il primo progetto di Giovan Battista Cassinis fu presentato nel giugno del 1860: Costituiva un punto di equilibrio e di compromesso tra i codici preunitari italiani: non vi era il matrimonio civile, ma vi era parità successoria. La donna era sottoposta ad autorizzazione maritale. Vigeva eguaglianza civile. 4 libri, 2236 articoli. 4 libri, 2236 articoli, introduzione del matrimonio civile e parità successoria tra maschi e femmine. E abolizione dell’autorizzazione maritale, con la donna che acquisiva piena capacità di agire. Progetto conservatore, diviso in tre libri, non recava traccia del matrimonio civile né della parità ereditaria. La potestà paterna era perpetua, con diritto di correzione. 4 libri, 2236 articoli. Era un progetto in quattro libri, 2236 articoli, che ricalcava da vicino la struttura e il contenuto del code civil francese. Incluso l’istituto del divorzio, che il progetto contemplava.
Al momento delle annessioni della Lombardia e delle altre regioni italiane del centro Italia, dopo la seconda guerra di indipendenza (1859-1860), e durante i mesi che portarono all’unità d’Italia (17 marzo 1861) Vi saranno forti opposizioni lombarde e toscane al codice sardo, volte a preservare il loro diritto civile e la loro tradizione giuridica. I lombardi erano restii ad abbandonare il codice austriaco, che ritenevano superiore al testo sardo per il maggiore progressismo (eguaglianza successoria, divorzio, matrimonio civile, patria potestà limitata ecc.). La Francia di Napoleone III propose al governo piemontese di reintrodurre in Italia il code civil del 1804 come soluzione “di compromesso”, già sperimentata nella penisola italiana un cinquantennio prima Non vi saranno problemi, in attesa di un codice unitario, ad estendervi l’applicazione del codice albertino preunitario. Vi saranno opposizioni unanimi all'applicazione del codice sardo, prime fra tutte quelle provenienti dallo stesso Piemonte. I più illustri giuristi piemontesi propendevano per un nuovo Codice civile italiano, subito.
La partizione del “Codice per gli Stati di S.M. il re di Sardegna” Si allontanava dallo schema romanistico tradizionale per includervi anche norme penali specifiche Seguiva lo schema tradizionale, di impostazione romanistica, ma includeva anche, per la prima volta, la disciplina del commercio Si allontanava dallo schema romanistico tradizionale per includervi altri istituti Seguiva lo schema tradizionale, di impostazione romanistica e del “code civil”, su persone, beni, e “dei vari modi con cui si acquista la proprietà”.
Di stampo tradizionale, il “Codice per gli Stati di S.M. il re di Sardegna” si componeva di 2181 articoli e quattro libri 2246 articoli, cinque libri 2415 articoli e tre libri più un capitolo preliminare 2415 e cinque libri.
Il “Codice per gli Stati di S.M. il re di Sardegna” conteneva una novità interessante: Parificava maschi e femmine ai fini della successione Proclamava la libertà di religione Obbligava il giudice a seguire, in caso di lacune, i “principi generali del diritto” Disciplinava la nuova figura del negozio giuridico.
Tra gli spunti che, da fine secolo sino a tutti gli anni Venti del Novecento, indussero a procedere verso un nuovo codice civile italiano, vi furono L’opinione, rivelatasi poi maggioritaria, secondo cui fosse opportuno integrare la disciplina commerciale in un futuro codice civile: ma anche L’esempio del moderno BGB tedesco, fonte di nuovi istituti derivanti della felici creazioni della scuola tedesca e da imitare anche in Italia La questione sociale, l’esempio del BGB tedesco, la volontà di unificare diritto civile e commerciale. Ma anche, dagli anni Venti, la volontà del regime fascista di avere un “suo” codice in cui inserire la “sua” dottrina dei rapporti tra capitale e lavoro (=il corporativismo della “Carta del lavoro” del 1926). Essenzialmente l’opinione, rivelatasi poi maggioritaria, secondo cui fosse opportuno integrare la disciplina commerciale in un futuro codice civile, superando ogni bipartizione e formando un unico codice-civile-codice commerciale Essenzialmente la “questione sociale”, implicante il superamento di una codificazione meramente incentrata sulla proprietà per passare a meglio tutelare il fattore-lavoro. Era, questo, un motivo assolutamente prevalente per i giuristi sensibili all’applicazione socioeconomica delle norme.
Il codice civile Pisanelli del 1865 Non si discosta dalla sistematica tripartita (tre libri) dei progetti di codice che l’avevano preceduto, e neanche, ovviamente, dal prototipo del code civil napoleonico del 1804. Accoglie una bipartizione (due libri) della sistematica, che contempla a) persone, e b) proprietà Si divide in quattro libri, l’ultimo essendo dedicato alla normativa commerciale È un codice onnicomprensivo della materia civilistica e, nell’ultima parte, include anche la materia processuale.
Il codice civile Pisanelli del 1865, Ammetteva il divorzio ed il matrimonio civile Introduceva il matrimonio civile. Non però il divorzio (progetti in tal senso erano naufragati). Introduceva il matrimonio civile. Ma subordinava rigorosamente la sua celebrazione alla preventiva celebrazione di quello religioso Non faceva menzione del divorzio, e neanche del matrimonio civile. In ciò seguiva così i codici della Restaurazione. Il matrimonio civile sarà introdotto in Italia successivamente.
La dottrina giuridica civilistica dopo il codice civile Pisanelli Appare imitatrice ed epigona delle creazioni della scuola tedesca della pandettistica È dominata dall’indirizzo francese della scuola dell’esegesi codicistica, che applica al nuovo codice È animata dai fautori del c.d. “socialismo giuridico”, che da fine secolo criticarono il codice Pisanelli come strumento agnostico, totalmente insufficiente a tutelare le classi lavoratrici. È piuttosto conservatrice ed insensibile alla tematica sociale, che già era stata avanzata in Germania da Anton Menger e dai fautori della “giurisprudenza degli interessi”.
Dopo il codice civile Pisanelli, il nulla legislativo in Italia? No: il varo del codice di commercio nel 1882, e la legislazione sociale, (attività di riforma extra codicem dagli anni 80 dell’Ottocento a tutto il periodo giolittiano) No: il varo del codice di commercio nel 1882 No: la legge cambiaria e quella sull’assegno, extra codicem rispetto al Pisanelli Si, nessun intervento in assoluto sino ai primi del Novecento.
Uno dei punti scottanti era il riconoscimento dei figli naturali e/o adulterini. Nel codice civile Pisanelli: Concedeva un termine ai figli naturali-adulterini per ottenere il riconoscimento a fini successori, premessa per la parificazione Concedeva ipso facto ai figli naturali-adulterini, in sede successoria, un usufrutto sul quarto dei beni del de cuius Parificava in tutto e per tutto i figli legittimi a quelli naturali-adulterini. Sussisteva discriminazione tra figli legittimi e naturali-adulterini, che peraltro superata solo in anni recenti (riforme del diritto di famiglia anni Settanta del ‘900).
Tra gli spunti che, da fine secolo sino a tutti gli anni Venti del Novecento, indussero a procedere verso un nuovo codice civile italiano, vi furono: L’opinione, rivelatasi poi maggioritaria, secondo cui fosse opportuno integrare la disciplina commerciale in un futuro codice civile: ma anche L’esempio del moderno BGB tedesco, fonte di nuovi istituti derivanti della felici creazioni della scuola tedesca e da imitare anche in Italia La questione sociale, l’esempio del BGB tedesco, la volontà di unificare diritto civile e commerciale. Ma anche, dagli anni Venti, la volontà del regime fascista di avere un “suo” codice in cui inserire la “sua” dottrina dei rapporti tra capitale e lavoro (=il corporativismo della “Carta del lavoro” del 1926). Essenzialmente l’opinione, rivelatasi poi maggioritaria, secondo cui fosse opportuno integrare la disciplina commerciale in un futuro codice civile, superando ogni bipartizione e formando un unico codice-civile-codice commerciale Essenzialmente la “questione sociale”, implicante il superamento di una codificazione meramente incentrata sulla proprietà per passare a meglio tutelare il fattore-lavoro. Era, questo, un motivo assolutamente prevalente per i giuristi sensibili all’applicazione socioeconomica delle norme.
La dottrina giuridica civilistica dopo il codice civile Pisanelli, Appare imitatrice ed epigona delle creazioni della scuola tedesca della pandettistica È dominata dall’indirizzo francese della scuola dell’esegesi codicistica, che applica al nuovo codice È animata dai fautori del c.d. “socialismo giuridico”, che da fine secolo criticarono il codice Pisanelli come strumento agnostico, totalmente insufficiente a tutelare le classi lavoratrici. È piuttosto conservatrice ed insensibile alla tematica sociale, che già era stata avanzata in Germania da Anton Menger e dai fautori della “giurisprudenza degli interessi”.
Dopo il codice civile Pisanelli, il nulla legislativo in Italia?, No: il varo del codice di commercio nel 1882, e la legislazione sociale, (attività di riforma extra codicem dagli anni 80 dell’Ottocento a tutto il periodo giolittiano) No: il varo del codice di commercio nel 1882 No: la legge cambiaria e quella sull’assegno, extra codicem rispetto al Pisanelli Si, nessun intervento in assoluto sino ai primi del Novecento.
Uno dei punti scottanti era il riconoscimento dei figli naturali e/o adulterini. Nel codice civile Pisanelli:, Concedeva un termine ai figli naturali-adulterini per ottenere il riconoscimento a fini successori, premessa per la parificazione Concedeva ipso facto ai figli naturali-adulterini, in sede successoria, un usufrutto sul quarto dei beni del de cuius Parificava in tutto e per tutto i figli legittimi a quelli naturali-adulterini. Sussisteva discriminazione tra figli legittimi e naturali-adulterini, che peraltro superata solo in anni recenti (riforme del diritto di famiglia anni Settanta del ‘900).
IL codice civile Pisanelli,,, Prevedeva autorizzazione maritale solo per atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Non prevedeva nessun tipo di arresto per debiti. Prevedeva autorizzazione maritale, ma subordinata alle decisioni del “consiglio di famiglia” già oggetto di specifica previsione nel code civile francese. Non prevedeva nessun tipo di arresto per debiti. Prevedeva autorizzazione maritale (sarà abolita solo nel 1919). Prevedeva anche l’arresto per debiti, abolito però nel 1877 Non prevedeva autorizzazione maritale, secondo l’esempio del primo progetto Cassinis.
Nel codice civile Pisanelli,, Il regime patrimoniale dei coniugi era la comunione dei beni, sulla falsariga del codice civile francese. Nasceva la figura del testamento olografo; al coniuge superstite(spesso la donna) era finalmente concesso l’usufrutto legale sui beni dell’altro coniuge. Il regime patrimoniale dei coniugi rimaneva quello della separazione, con obbligo della dote. Nasceva la figura del testamento olografo; al coniuge superstite (spesso la donna) era finalmente concesso l’usufrutto legale sui beni dell’altro coniuge. Il regime patrimoniale dei coniugi rimaneva quello della separazione, con obbligo della dote. L’unica forma successoria rimaneva quella legale. Al coniuge superstite (spesso la donna) era negato ogni diritto sui beni dell’altro coniuge, oggetto esclusivo di successione in linea diretta Il regime patrimoniale dei coniugi rimaneva quello della separazione, con obbligo della dote. Solo il testamento redatto dinanzi a notaio (e non quello olografo, che sarà introdotto solo nel 1942) aveva validità successoria. Al coniuge superstite (spesso la donna) era finalmente concesso l’usufrutto legale sui beni dell’altro coniuge.
Il codice civile Pisanelli, Aboliva in toto sia la potestà correzionale del padre che la disparità ereditaria maschio/femmina, creando parità senza distinzione di sesso La potestà correzionale del padre non subiva limitazioni sensibili rispetto ai codici preunitari, e la disparità ereditaria maschio/femmina era mantenuta La potestà correzionale del padre subiva limitazioni. Ma la disparità ereditaria maschio/femmina era mantenuta La potestà correzionale del padre subiva limitazioni, mentre si stabiliva che a succedere all’ascendente erano i figli legittimi, maschi e femmine, “senza distinzione di sesso”.
Nel codice civile Pisanelli, Scompariva del tutto la patria potestà. Restavano solo l’obbligo di “rispettare” le persone del padre e della madre e, come segno di tale rispetto, appunto, gli “atti rispettosi”, con i quali per ben tre volte i figli maggiorenni dovevano chiedere al padre il consenso matrimoniale. Restava una patria potestà “lunga”, che si prolungava sino ai 30 anni di età del figlio, maschio o femmina Scompariva la patria potestà perpetua, come anche gli “atti rispettosi”, con i quali per ben tre volte i figli maggiorenni dovevano chiedere al padre il consenso matrimoniale. Ora, la semplice maggiore età dei 25 anni per l’uomo e dei 21 per la donna bastava per unirsi in matrimonio. Restava la patria potestà perpetua, come anche gli “atti rispettosi”, con i quali per ben tre volte i figli, sempre soggetti al padre, dovevano chiedere al padre il consenso matrimoniale.
Il codice civile Pisanelli del 1865 Non contiene una disciplina della persona giuridica – tale possibilità fu scartata come superflua in sede di discussione del progetto preliminare -, in ciò seguendo dunque il modello del codice civile francese Disciplina la persona giuridica, per la prima volta in Italia in assoluto. Sintomo del fatto che si riscoprivano i “corpi intermedi” tra Stato e cittadino (associazioni, fondazioni ecc.), che il Codice civile napoleonico aveva ignorato con sfavore. Disciplina la persona giuridica, come già aveva fatto il codice napoletano del 1819: sintomo del fatto che si riscoprivano i “corpi intermedi” tra Stato e cittadino (associazioni, fondazioni ecc.) che il Codice civile napoleonico aveva ignorato con sfavore. Rinvia specificamente a leggi ordinarie ad hoc in materia di disciplina della persona giuridica.
Il codice civile Pisanelli del 1865 Non assegna pienezza di diritti ad ogni straniero, ma solamente a quello appartenente ad uno Stato con cui il regno d’Italia intrattenga relazioni diplomatiche (presenza, in quella fase non ancora compiuta del Risorgimento, di tanti italiani non residenti nel regno come i veneti, i laziali, i trentini ecc.). Assegna pienezza di diritti allo straniero anche se non ha domicilio nel regno d’Italia ed anche in assenza di reciprocità (presenza, in quella fase non ancora compiuta del Risorgimento, di tanti italiani non residenti nel regno come i veneti, i laziali, i trentini ecc.). Assegna pienezza di diritti allo straniero, purché domiciliato nel regno, ed anche in assenza di reciprocità (presenza, in quella fase non ancora compiuta del Risorgimento, di tanti italiani non residenti nel regno come i veneti, i laziali, i trentini ecc.). Assegna pienezza di diritti allo straniero, purché domiciliato nel regno, ma solo a condizione di reciprocità.
Il codice civile Pisanelli del 1865 è Un codice relativamente moderno Il cui protagonista, soggetto di diritto, è il “cittadino” e non più il “suddito” dei retrivi codici italiani preunitari. Ma la titolarità di diritti è subordinata all’esercizio della religione cattolica, che lo Statuto albertino continua a definire “religione di Stato” Un codice tradizionale, in cui il soggetto di diritto è unicamente il “regnicolo” abitante nel regno d’Italia Un codice tradizionale che riserva diritti unicamente ai sudditi italiani delle regioni oggetto dell’unità del 1861, lasciando impregiudicata la sorte di futuri “sudditi italiani” Un codice moderno Il cui protagonista, soggetto di diritto, è il “cittadino” e non più il “suddito” dei retrivi codici italiani preunitari. E ciò, indipendentemente dal culto professato.
La premessa al codice civile Pisanelli del 1865 di 12 articoli incentrata sulle “Disposizioni sulla pubblicazione, interpretazione ed applicazione della legge in generale”, conteneva un elemento interessante La norma già vista nel codice albertino circa il rinvio ai “principi generali del diritto” in caso di dubbi o lacune testuali La possibilità di far rinvio al legislatore stesso in caso di dubbi o lacune testuali Il richiamo alle norme consuetudinarie delle varie regioni italiane come fonte di possibile integrazione del codice La possibilità di etero integrare il codice Pisanelli tramite le norme del diritto romano/comune in caso di dubbi o lacune testuali.
Il codice civile Pisanelli del 1865 Si incentra sulla persona e sull’uguaglianza giuridica, e si compone di 2147 articoli Si impernia, con i suoi 2147 articoli, sulla normativa della famiglia e dei contratti, con innovazioni e non rispetto al passato Si incentra, con i suoi 2147 articoli, sul diritto civile e commerciale Si impernia sulla proprietà, si compone di 2147 articoli.
Il 30 novembre 1940 il Consiglio dei ministri italiano deliberò Di mutuare dalla legislazione tedesca taluni principi comuni ai due paesi in materia sociale di attribuire alla Carta del lavoro “autorità di principi generali dell’ordinamento e di premessa al Codice civile”. di fissare i principi fondamentali dell’ordinamento fascista in un nuovo testo. di riformare profondamente la Carta del lavoro del 1926.
All’indomani della Prima Guerra mondiale Gli eventi bellici del 1915-18 non potevano non ripercuotersi su segmenti importanti del diritto quali quello di famiglia, specie in materia di assenza, morte presunta, status matrimoniale, figli illegittimi. Inoltre, vi fu l’annessione, nel 1918, di territori ex austroungarici (ove non vigeva l’autorizzazione maritale ma esisteva il divorzio e il regime trascrittivo della proprietà). Da ultimo, vi fu anche la ripresa dell’attività di riforma legislativa nell’immediato dopoguerra con l’abolizione dell’autorizzazione maritale Le necessità ricostruttive del paese segnarono una battuta di arresto rispetto ad altre tematiche, prioritarie L’annessione, nel 1918, di territori facenti parte dell’ex impero austroungarico (ove non vigeva l’autorizzazione maritale ma esisteva il divorzio e, in tema di trasferimento della proprietà, il regime trascrittivo) resero urgente un processo di riforma civilistica e adattamento del codice Pisanelli L’esempio delle codificazioni civilistiche degli altri paesi europei rese evidente l’arretratezza e inadeguatezza di quella italiana, spingendo così per un processo di riforma.
Quanto alla riforma del codice Pisanelli verso un codice civile nuovo, Avviene in modo settoriale e soprattutto molto lentamente. E si pensa di procedere, sin da subito, unificando diritto civile e commerciale Avviene in tempi molto rapidi. Ma si vogliono separare diritto civile e commerciale Avviene in modo settoriale e molto lentamente. Ma soprattutto, sino al 1940 non si pensa ad un impianto nuovo che possa ricomprendere in un solo testo la disciplina civilistica e quella commerciale. Avviene molto rapidamente. E si pensa di procedere, sin da subito, unificando diritto civile e commerciale in un solo codice.
Oggigiorno emergono con forza altre fonti del diritto, non necessariamente nazionali ma fortemente condizionanti le legislazioni statali: La Carta dell’ONU e la successiva legislazione in materia di diritti umani Il WTO (=OMC) produce un’importante normativa in materia commerciale internazionale, che gli Stati non possono ignorare La normativa in settori prodotta da Organizzazioni settoriali dell’ONU (OIL, OMS); nonché quella, pattizia, proveniente dal Consiglio di Europa in tema di educazione,cultura ecc. La legislazione sui diritti umani, ma soprattutto quella dell’UE, vincolante per gli Stati membri e innovativa in settori importantissimi del diritto civile (tutela dei consumatori, concorrenza, agricoltura, libertà di circolazione ecc.).
Già 1930, il giurista Vittorio Scialoja poté presentare al guardasigilli Alfredo Rocco Un progetto di primo libro intitolato “Delle persone e della famiglia”, che sarebbe entrato in vigore il 1° luglio 1939 con quasi tre anni di anticipo rispetto alle restanti parti del codice Un primo progetto della parte di codice dedicata a proprietà ed obbligazioni Un primo progetto, completo, di Codice civile Un primo progetto di Codice civile senza la parte dedicata alla normativa commerciale.
Oggigiorno, in materia codicistica, I codici (civili ed altri) racchiudono ancora la quasi totalità della materia civilistica “classica”, ma non di quella commerciale e bancaria. I codici (civili ed altri) racchiudono ancora la quasi totalità della materia civilistica e commerciale La materia civilistica è sempre più oggetto di disciplina giurisprudenziale, e come tale ha una maggioritaria sua presenza extra codicem Notevoli segmenti di legislazione, pur sempre di produzione statale, si ritrovano fuori dai codici civili stessi (es. Legge cambiaria, legge sull’assegno, sul, fallimento ecc.
Tutti gli altri libri del nuovo Codice civile del 1942, tranne il primo, sono presentati al re Nel 1938 Nel 1938 Nel 1940 Nel 1942 Nel 1941.
In anni più vicini a noi, giuridicamente, Fenomeni come la “Brexit” sono stati determinati da disaccordi tra Stati e UE anche in materia di legislazione europea di carattere commerciale, sentita come troppo invasiva. Si è rifiutata in blocco la legislazione europea nell’intento di ritornare a normative civilistiche esclusivamente nazionali Si è assistito a tentativi di creare un “diritto comune europeo” in materia civile (ad esempio, il progetto della “Commissione Lando”) Si sono levate voci di protesta (es. nel Regno Unito) contro la supremazia della legge e della giurisprudenza della UE.
Forse non è sbagliato pensare che, Lo strumento-codice ha avuto il suo apice nell’epoca delle “compilazioni” e “consolidazioni” del secolo XVIII, allorquando tali testi normativi si presentavano come omogenei e racchiudenti tutta la materia giuridica Lo strumento-codice ha avuto il suo apice nell’epoca d’oro delle Rivoluzioni di fine secolo XVIII, per poi declinare per tutto il corso del XIX e XX secolo Lo strumento-codice ha avuto il suo apice nell’epoca d’oro degli Stati nazionali (quell’epoca che fu di ‘eurocentrismo’ e che corrispose con il XIX secolo avanzato, con l’età della rivoluzione industriale e del colonialismo), per poi declinare insieme con il declino degli Stati nazionali medesimi Lo strumento-codice, come strumento giuridico dello Stato nazionale, sta rivivendo un’epoca d’oro nel tempo presente, che coincide con la messa in crisi dei valori giuridici e politici extra-nazionali e sovranazionali.
L’idea del guardasigilli (dal 1939) Dino Grandi Fu quella di “fondare” un codice unico, emblema dell’ideologia sociale fascista, di cui la Carta del Lavoro del 1926 era il simbolo. Accanto alla prosecuzione dei lavori sulle parti “classiche” dedicate alle obbligazioni, alla proprietà ecc. si inizia così a concepire, nel corpo stesso del codice in fieri, un libro autonomo sull’impresa e sul “lavoro Fu quella di accelerare ad ogni costo i tempi di approvazione di un nuovo codice civile Fu quella di non porre l’acceleratore ad un nuovo codice, dato che i precetti della Carta del Lavoro del 1926 (corporativismo, assenza di conflitti di classe tra capitale e lavoro) erano sufficienti a fondare l’ideologia sociale fascista Fu quella di incorporare nel nuovo Codice civile un libro autonomo sull’impresa e sul “lavoro”, ma solo per ragioni di maggiore chiarezza tecnica e coerenza logica.
Il nuovo Codice civile del 1942 ha come caratteristica: il rifiuto del divorzio e l’accoglimento, accanto al matrimonio civile, di quello ‘concordatario’ (=celebrato in chiesa e con effetti civili). Inoltre, la non-parificazione tra figli legittimi e naturali in sede successoria; La famiglia basata sulla completa parità tra i coniugi, di cui il divorzio è logico corollario L’accoglimento, dopo tanti decenni, dell’istituto del divorzio, logico corollario dell’abolizione dell’autorizzazione maritale nel 1919. L’accoglimento, dopo tanti decenni, dell’istituto del divorzio, logico corollario dell’abolizione dell’autorizzazione maritale nel 1919, nonché di quello della completa parificazione tra figli legittimi e naturali in sede successoria.
Il nuovo Codice civile del 1942 ha come primo dato: La creazione di una vera propria parte generale, “alla tedesca”. La creazione di una prima parte, di carattere generale, incentrata sulle fonti del diritto derivate all’ordinamento corporativo fascista La creazione di una teoria innovativa, di carattere generale, sul contratto come mutuo accordo tra parti a carattere economico La rinuncia a redigere una vera e propria “parte generale” sulla falsariga del BGB tedesco del 1900. Questo perché si ritenne più opportuno attenersi allo schema asciutto del codice Pisanelli.
Il nuovo Codice civile del 1942 ha come caratteristica: Lo ‘scardinamento’ della tradizionale centralità “borghese” della proprietà, la cui disciplina si rinviene ora in un solo libro su sei (e gli altri libri hanno il nome degli istituti disciplinativi: successioni, contratti, obbligazioni ecc.). La centralità degli istituti della proprietà e del “lavoro”, Il mantenimento della centralità dell’istituto della proprietà, La cancellazione di gran parte della tradizionale normativa dedicata alla proprietà, tipica dei codici “borghesi”.
L’articolato del Codice civile del 1942, in 2969 articoli: Si presenta involuto, con articoli lunghi e redatti in linguaggio tecnico Linguisticamente, è una “ricopiatura” del Codice civile del 1865, il quale a sua volta fu influenzato dal code civil francese Diede importanza alla scorrevolezza del testo, tanto che un noto letterato come Ugo Ojetti fu chiamato a revisionarlo. Mutua il suo linguaggio dallo stile della giurisprudenza civile e commerciale.
Ora, entrando nel XIX secolo, cioè nell’età dei codici, il fatto nuovo del diritto commerciale fu Che il diritto commerciale divenne un diritto “speciale” rispetto al diritto civile comune Che il diritto commerciale divenne un diritto privato non più esclusivo per determinati ceti (i mercanti), ma foriero di libertà di iniziativa economica in campo commerciale/marittimo per tutti, dato che ideologicamente le codificazioni e le nuove leggi si volevano portatrici di diritti per tutti i cittadini. Che norme del diritto civile comune, es. in tema di contratti, “penetrarono” nella normativa commerciale, dato che ideologicamente le codificazioni e le nuove leggi si volevano portatrici di diritti per tutti i cittadini. Che esso divenne l’oggetto di una normativa molto più puntuale, dettagliata e specifica, nonché cogente.
L’introduzione del code de commerce francese del 1807 in tutte le parti dell’Impero francese fu un trauma per le borghesie commerciali e finanziarie? Si, anche se le classi mercantili (storicamente riottose di fronte a regolamentazioni statali) poterono ricavarsi uno spazio proprio agendo, giuridicamente, tra le lacune della legge codicistica commerciale francese No, poiché era un testo funzionale agli interessi della borghesia; le sue norme spesso rinviavano ad usi e consuetudini commerciali locali, e, come il code civil regolava la circolazione della proprietà immobiliare, quello di commercio faceva altrettanto per la ricchezza mobiliare e delle merci Assolutamente sì, poiché significava perdere la propria autonomia normativa a favore di un codice statale dettagliato Assolutamente sì, poiché il code de commerce era funzionale agli interessi della sola Francia, che oltretutto negli anni dell’impero napoleonico (1804-1814) aveva imposto il dannoso blocco alle merci provenienti dall’Inghilterra.
Il progressivo intervento statale in materia commerciale, che avvenne storicamente con norme ben precise, Diede alle corporazioni di mercanti maggior forza contrattuale, in quanto protette dal potere politico Favorì l’osmosi all’interno del ceto dei mercanti, agevolandone lo svecchiamento e il ricambio generazionale Statualizzò il controllo sul diritto mercantile, che per secoli era stato gestito in proprio dal ceto dei mercanti (così come il ceto dei giuristi gestiva lo ius commune). Ridusse e semplificò enormemente il diritto commerciale.
Cos’era il Consolato del Mare? Una branca tradizionale dello ius commune, vertente sul diritto marittimo Una normativa di tipo marittimo e portuale delle repubbliche marinare italiane (Amalfi, Pisa, Genova, Venezia) del basso Medioevo, poi redatta per iscritto Norme derivanti dagli statuti marittimi delle diverse regioni del Mediterraneo, che confluirono in una sola raccolta, edita nel XV secolo e che fu per secoli la fonte scritta di un comune diritto commerciale marittimo. Una normativa sovrana del regno di Spagna che disciplinava i porti del Mediterraneo.
Nato nel secolo XII (e cresciuto nei secoli successivi) dapprima in città italiane, poi in varie regioni della Catalogna, della Francia, ecc., la paternità del diritto commerciale Deriva essenzialmente da categorie sociali ben specifiche, le quali per prime intrapresero un’attività finanziaria e monetaria che era l’indispensabile supporto a quella mercantile (es. comunità ebraiche). È da ascrivere alla borghesia commerciale e finanziaria, che non ebbe la necessità di una intermediazione da parte del potere politico, né di leggi speciali da questo emanate. Deriva dalla parte più intraprendente del ceto nobiliare di varie regioni d’Europa, che chiese al potere politico una legislazione speciale in materia È da ascrivere alla borghesia fondiaria e possidente, non nobile.
Il diritto commerciale, come categoria autonoma, si fa normalmente risalire allo ius mercatorum dell’età del diritto comune. Che era una secolare tradizione di consuetudini consacrate in forma scritta per i mercanti e dai mercanti stessi negli statuti mercantili. Un insieme di editti e decreti sovrani in materia commerciale Una compilazione autonoma, scritta, separata dal diritto comune Una branca del diritto comune stesso.
Il code de commerce francese del 1807 Si divideva in cinque libri: commercio in genere, commercio marittimo, fallimento/bancarotta, cambiale/assegno bancario, e giurisdizione di commercio Si divideva in due libri, che includevano il primo le varie forme di commercio (e società commerciali) e il secondo la giurisdizione commerciale. Si divideva in quattro libri dedicati al commercio in genere, al commercio marittimo, al fallimento/bancarotta e alla giurisdizione di commercio Si divideva in tre libri, quelli tradizionali del diritto civile di stampo romanistico.
Il regime giuridico del commerciante (tenuta scritture contabili ecc.) Non era disciplinato dal code de commerce del 1807, in quanto ricadeva nell’ambito del diritto civile comune, oggetto del code civil (come riflesso della più generale libertà di iniziativa privata) Era disciplinato prioritariamente nel Codice penale del 1810, in quanto rilevante ai fini di reati quale la frode commerciale, la truffa ecc Non era oggetto di disciplina particolare, in quanto la codicistica rinviava ad usi e consuetudini in materia Era disciplinato nel code de commerce del 1807.
Il code de commerce francese del 1807 Identificava la natura del commerciante (colui che teneva scrittura contabili ecc.) e su questa base si applicava al “commerciante” soggettivamente considerato Era suscettibile di applicazione anche ai non commercianti per atti non commerciali Faceva rinvio ad usi e consuetudini commerciali riferibili ai soli commercianti e quindi, pur essendo un codice, circoscriveva alla sola categoria dei commercianti la propria applicazione, Non delimitava il suo raggio di applicazione in modo soggettivo (cioè circoscritto ai mercanti), ma oggettivo, cioè agli atti di commercio. In altre parole, ricadevano nella disciplina del code de commerce tutti gli atti di commercio, oggettivamente considerati e da chiunque compiuti.
Grazie al code civil del 1804 e al code de commerce del 1807, due testi normativi separati, ma per loro natura aventi carattere generale, la disciplina del diritto privato, intesa in senso lato, Rimase circoscritta a categorie di persone ben definite (proprietari e/o commercianti) e solo ad essi Trovava particolare applicazione nei riguardi dei soggetti contrattualmente più deboli, tutelati maggiormente Non venne duplicata ma rimase unitaria Veniva duplicata a seconda dell’oggetto degli atti giuridici e non più secondo la qualifica del soggetto autore di essi.
L’Italia, per i codici di commercio preunitari, Avrà una storia preunitaria sia di accoglimento di normative commerciali nei codici civili (come a Napoli o a Parma, 1820) che di creazione di codici commerciali separati Avrà una storia preunitaria caratterizzata sempre dall’emanazione di codici civili e commerciali unici (come a Napoli o a Parma nel 1820) Avrà una storia preunitaria caratterizzata dal ritorno alla antiche consuetudini dello “ius mercatorum” extra codicem Avrà una storia preunitaria caratterizzata sempre dall’emanazione autonoma di codici commerciali separati (come quello piemontese del 1842),.
Il regno Lombardo-Veneto, per i codici di commercio Vedrà sempre la vigenza del codice austriaco del 1811, codice unico civile-commerciale Conserverà per molto tempo ancora il code de commerce francese, pur dopo il ritorno degli austriaci (1814) Vedrà la sopravvivenza di consuetudini commerciali extra codicem, di vecchia tradizione Vedrà la vigenza del codice unico austriaco del 1811. Poi, nel 1863, nel solo Veneto rimasto austriaco fu introdotto il “codice di commercio della confederazione germanica” del 1861. Codice che resterà poi nel Veneto divenuto italiano fino all’emanazione del codice di commercio italiano del 1882.
I primi esempi celebri di statualizzazione del diritto commerciale furono Le Ordonnances di commercio e della marina francesi, ad opera di Colbert Il codice della Repubblica di Venezia (Codice per la veneta mercantile marina, 1786). I codici settecenteschi del Regno di Napoli (codice marittimo, 1781) La normativa commerciale della Repubblica di Genova.
I mercanti medievali e di età moderna Autoregolamentavano la loro attività non solo attraverso una propria normazione, ma attraverso propri organi e propri tribunali speciali, costituendo ordinamenti giuridici particolari. Agivano essenzialmente in modo individuale, per limitare al massimo pericoli di concorrenza sleale e di frode Agivano in modo individuale, ma tessevano una serie di norme ed accordi amichevoli comuni Agivano collettivamente e corporativamente, ma si rimettevano ai poteri politici locali (es. Venezia) per la regolamentazione delle loro attività.
Il nuovo codice di commercio dell’Italia unita, Assoggettava a severi controlli amministrativi gli amministratori delle società commerciali Assoggettava al semplice assenso del tribunale la creazione delle società commerciali In virtù del principio di libertà, non poneva particolari oneri in capo agli amministratori delle società commerciali Rendeva responsabile civilmente il solo amministratore delegato di una società.
Ben presto, nell’Italia unita, ci si rese conto della insufficienza e lacunosità del vecchio codice di commercio sabaudo del 30 dicembre 1842, modellato sul code de commerce francese del 1808 ed esteso a tutta la penisola con R.D. 25 giugno 1865: In materia societaria In materia cambiaria e di disciplina dei titoli di credito In materia di commercio marittimo In materia di contratti commerciali.
Già nel 1872 fu pubblicato un progetto preliminare di nuovo codice di commercio italiano, frutto dell’assiduo lavoro triennale di una commissione governativa insediatasi nel 1869. Tale progetto preliminare (da cui scaturirà in seguito un nuovo codice) fu innanzitutto Presentato alle camere per discussione Presentato in via preventiva al re, per parere Presentato al governo per il via libera al parlamento Sottoposto al parere del mondo del diritto: corti di cassazione e di appello, ordini forensi, facoltà giuridiche, camere di commercio.
Il nuovo codice di commercio del regno d’Italia fu Approvato dal parlamento nel 1880, entrato in vigore il 1° gennaio 1881 Approvato dal parlamento nel 1881, entrato in vigore il 1° gennaio 1882 Approvato dal parlamento nel 1882, entrato in vigore il 1° gennaio 1883 Approvato dal parlamento nel 1878, entrato in vigore il 1° gennaio 1880.
Il nuovo codice di commercio dell’Italia unita, negli anni Ottanta dell’Ottocento, era ispirato tra l’altro al principio di libertà in quanto: Proclamava il principio di libertà assoluta dell’individuo-imprenditore riguardo allo Stato Consentiva la più piena libertà individuale in economia Vi si ritrovano organismi societari imperniati sull’autonomia dei privati e senza controlli amministrativi Consentiva la creazione di società commerciali senza capitali iniziali.
Il nuovo codice di commercio dell’Italia unita, negli anni Ottanta dell’Ottocento, faceva emergere anche elementi singolari, oltre al principio di libertà commerciale. Uno di questi era La scorrevolezza linguistica La volontà di garantire, anche con severi precetti, il principio della certezza del diritto nel commercio. La concisione dell’articolato Il carattere particolarmente dettagliato e precettivo delle sue norme, inteso in senso protettivo dei traffici.
Il codice di commercio italiano del 1882, tra l’altro Prescriveva la presenza fisica dei contraenti per l’accettazione contrattuale, per ragioni di garanzia. Dava forma alla pubblicità delle società commerciali mediante l’apposito Bollettino delle società per azioni. Prescriveva la presenza fisica dei contraenti per l’accettazione contrattuale, per ragioni di garanzia. La pubblicità delle società commerciali avveniva mediante apposito decreto prefettizio Consentiva forza probante all’accettazione contrattuale per telegramma. Dava forma alla pubblicità delle società commerciali mediante l’apposito Bollettino delle società per azioni, Consentiva l’accettazione dei contraenti, se del caso, mediante mandato/delega di persone di fiducia. La pubblicità delle società commerciali avveniva mediante apposita affissione all’albo della camera di commercio.
Nel nuovo codice di commercio dell’Italia unita, in realtà L’avvio della procedura fallimentare era poi sottoposto a controllo dell’autorità giudiziaria, con sanzioni penali per atteggiamenti dolosi o criminosi. L’istituto del fallimento era oggetto di una normativa generale, e non di dettaglio, demandandosene la gestione concreta ai curatori L’istituto del fallimento implicava, - vi era una norma specifica – la successiva interdizione del fallito da ogni attività commerciale per un quinquennio L’avvio della procedura fallimentare non era controllato dall’autorità giudiziaria, contrariamente al code de commerce francese del 1807.
Il codice di commercio italiano del 1882 era un codice completo: nessun istituto del diritto commerciale (cambiale assicurazione navigazione fallimento) era privo di disciplina. era un codice che per sua natura non aveva pretesa assoluta di completezza, demandandosi la disciplina di dettaglio di taluni istituti (contratti commerciali e stipulazione) agli ‘usi commerciali’ era un codice che riprendeva da vicino l’articolato del codice di commercio sabaudo del 1842, con tutti gli istituti in esso previsti era un codice che riprendeva da vicino l’articolato del code de commerce francese del 1807.
L’Italia unificata dal 1861 visse i suoi primi anni sotto l’impero del vecchio codice di commercio sabaudo del 30 dicembre 1842, modellato sul code de commerce francese del 1808 ed esteso a tutta la penisola con R.D. 25 giugno 1865 n. 2364 a far data dal 1° gennaio 1866. Questo codice rimarrà in vigore sino al secondo dopoguerra Questo codice rimarrà in vigore sino al 1882 Questo codice verrà pesantemente emendato nei primi anni Venti (legge cambiaria, assegno) Questo codice rimarrà in vigore sino al 1942.
Il giurista Cesare Vivante, nella sua prolusione universitaria a Bologna del 1888 Considerò esaustiva l’elencazione delle fonti del diritto commerciale fatta dal codice di commercio Vide favorevolmente l’applicazione degli ‘usi commerciali’, derivati dalle consuetudini locali Criticò l’applicazione degli ‘usi commerciali’ anche nei contratti in cui una sola delle parti fosse un commerciante Non considerò un rischio contrattuale il fatto che gli ‘usi commerciali’ si applicassero a non commercianti.
Per il giurista Cesare Vivante, Il codice di commercio italiano consentiva un ricorso sussidiario alla normativa civilistica generale perché determinava ‘soggettivamente’ un atto come commerciale Il codice di commercio italiano tutelava eccessivamente le esigenze dei non commercianti, a scapito della libertà di commercio Il codice di commercio italiano costituiva una sorta di buon compromesso tra le esigenze dei commercianti e quelle di coloro che, non commercianti, con essi venissero in contatto Il codice di commercio italiano favoriva eccessivamente il commerciante, per via della determinazione obbiettiva di un atto come commerciale.
Il giurista Cesare Vivante considerava, circa il codice di commercio italiano, che Non si dovesse, per ragioni di tutela, introdurre una presunzione di commercialità’ per atti nei quali una sola delle parti avesse lo status di commerciante Il fatto di introdurre una presunzione di commercialità’ per atti nei quali una sola delle parti avesse lo status di commerciante fosse una conseguenza normale dell’attività commerciale Comunque, l’estensione della ‘presunzione di commercialità’ nel codice avesse portata limitata ad atti specifici e dunque poco invasiva quali una sola delle parti avesse lo status di commerciante Occorresse introdurre anche nel codice italiano, come in quello tedesco del 1861, una ‘presunzione di commercialità’ per atti nei quali una sola delle parti avesse lo status di commerciante.
Il giurista Cesare Vivante, circa il codice di commercio italiano Sostenne per tutta la sua vita una netta separazione tra Codice civile e codice commerciale. Non aveva timori circa una commercializzazione del diritto privato”, dato che i codici erano separati Sosteneva che andasse ‘civilizzato il diritto commerciale’, per ragioni di tutela del consumatore Temeva la “commercializzazione del diritto privato”, vista l’invasività delle norme commerciali.
Nel XIX e XX secolo, per varare un nuovo codice (civile ma anche di commercio) si ricorse in Italia, per celerità, all’istituto Della discussione in commissione parlamentare redigente Della discussione e approvazione a camere riunite Della legge-delega al governo Del decreto-legge governativo.
Il giurista francese Albert Wahl si espresse dettagliatamente circa il codice di commercio italiano del 1882: Lo definiva “il più interessante”, degno di essere mutuato oltralpe per la sua innovatività: e segnatamente per aver demandato la materia commerciale ai tribunali civili veri e propri Lo considerò una imitazione, in meglio, del code de commerce francese, di cui biasimava talune scelte seguite anche in Italia (= giurisdizione affidata a dei professionali non togati) Fece una disamina comparata dei vari codici di commercio esistenti (francese, tedesco, austriaco, svizzero ecc.) e considerò che quello italiano era di fattura normativa inferiore a quello tedesco Lo considerò incompleto, perché ispirato da una normativa troppo generica e priva della disciplina specifica degli ‘atti di commercio’.
Il diritto criminale dell’età moderna si caratterizzava per l’estrema crudeltà. Tortura giudiziaria, pene corporali, pena di morte e quant’altro. La “Constitutio criminalis carolina’, varata dall’imperatore Carlo V d’Asburgo alla dieta di Ratisbona nel 1532 con efficacia territoriale per tutti i sudditi dell'Impero Andava in controtendenza, riducendo i casi di pena di morte Andava in controtendenza rispetto alla ben più dura e crudele procedura penale dei tribunali ecclesiastici Non lesinava supplizi crudeli (dalla tortura al marchio, dalla berlina ai ceppi) che peraltro erano già in uso da tempo, pressoché dappertutto, nella procedura penale dei tribunali laici ed ecclesiastici. Cercò di contemperare pene severe (morte, tortura…) con altre che servissero a rieducare il condannato (es. detenzione a tempo e non perpetua).
La tortura giudiziaria, in uso largamente in età moderna nelle procedure criminali, Fu introdotta proprio dalla Constitutio Criminalis Carolina del 1532 Fu introdotta nei tribunali penali del regno di Spagna già ai tempi di Ferdinando e Isabella (1469-1492) Esisteva già sin dai tempi del processo penale in età romana Fu prioritariamente introdotta nella procedura dinanzi ai tribunali ecclesiastici – si pensi all’Inquisizione – come strumento atto a condurre alla confessione, e pertanto in qualche modo al pentimento, dell’accusato).
Nella Francia del XVII secolo, il Ravaillac, assassino di re Enrico IV, nel 1610 Fu rinchiuso per il resto dei suoi giorni nelle celle buie della “Conciergerie” parigina, ove poi morì Fu squartato vivo e il suo corpo tagliato a pezzi e disperso. Fu condannato alla decapitazione Fu graziato per volontà del suo successore, il giovane re Luigi XIII.
Nel XVIII secolo nasce la speranza di un nuovo diritto penale, più umano. Senza tortura, e mettendo in discussione la pena di morte. Grazie a Voltaire e il suo rivoluzionario “Prix de la justice et de l’humanité”, pubblicato a Ginevra nel 1778 J.J. Rousseau con il suo “Contratto sociale” del 1762 (lo Stato, cui l’uomo ha ceduto parte della sua libertà, non può togliergli la vita) C. Beccaria, con “Dei delitti e delle pene”, 1764. Montesquieu, con l’ «Esprit des Lois» del 1748.
Per Beccaria, in particolare, la pena doveva essere Severa, servire da vero deterrente. Ma temporanea Legale, proporzionata, umana. Giustificata legalmente e non arbitraria Tendere unicamente alla rieducazione del colpevole per reinserirlo in società.
Giuseppe II d’Austria si accinse ad una riforma penale che razionalizzasse la Constitutio Criminalis Theresiana del 1769 (che a sua volta derivava e aveva parzialmente rimpiazzato la ‘Carolina’ del 1532). La riforma si sostanziò essenzialmente nell’abolire la pena di morte dalla “Theresiana” Emanò un nuovo Codice penale valido per tutto l’impero d’Austria, denso di contenuti innovativi L’opera riformatrice non riuscì e si interruppe Fu adottato un nuovo codice, ma solo parzialmente (non abrogò se non in parte la “Theresiana”.
La pena di morte nel Codice penale giuseppino del 1787 è ancora prevista per molteplici reati (39 fattispecie) È irrogata solo per il reato di alto tradimento di ministri e alti gradi militari rimane, ma per il solo reato di sedizione contro lo Stato Viene abolita totalmente.
L’autore del codice giuseppino del 1787 fu Lo stesso Beccaria, milanese e quindi suddito dell’impero d’Austria Anselm Feuerbach Il penalista tedesco J. Mittermayer Joseph von Sonnenfels.
I lati positivi del codice giuseppino del 1787: Divieto di analogia in sede penale e trasparenza e pubblicità dei giudizi, obbligo del difensore in ogni grado di giudizio Tassatività tipicità e determinatezza delle fattispecie di reato e delle corrispondenti sanzioni, divieto di analogia, divieto di etero-integrare il testo con norme esterne(spesso vetuste). Nessun reato punito più arbitrariamente, vale a dire senza processo e senza intervento del magistrato Abolizione della pena di morte e della tortura giudiziaria, pene detentive più brevi.
I lati negativi del codice giuseppino del 1787 Incatenamento durante tutto il periodo di detenzione, in celle anguste e senza giaciglio (specie per i colpevoli di furto) Tortura giudiziaria praticata ancora troppo diffusamente L’incatenazione, la detenzione per cento anni, le pene infamanti contro persone già morte o assenti e la confisca dei beni. Reati più gravi sono puniti con pena di morte per squartamento.
Il codice successivo a quello giuseppino, cioè il codice di Francesco I del 1803/1852 Fu applicato senza eccezioni nei riguardi di tutti, delinquenti comuni o politici Fu applicato con durezza ai patrioti ungheresi nel 1849 Sarà ben conosciuto dai patrioti italiani, da Silvio Pellico in poi! Sarà ben noto ai sovvertitori dell’ordine politico nell’Impero negli anni 1848-49!.
Nel 1775, il grande penalista austriaco Joseph von Sonnenfels: Tradusse in tedesco la celeberrima opera di Beccaria “Dei delitti e delle pene” Intercesse personalmente presso l’imperatrice Maria Teresa per la grazia ad alcuni detenuti politici, condannati alla pena di morte Pronunciò una pubblica prolusione contro la pena di morte all’università di Vienna Pubblicò a Zurigo la sua opera “Sull’abolizione della tortura”.
Il codice austriaco del 1803/1852, anch’esso opera del Sonnenfels Accoglieva la tripartizione dei reati in crimini, delitti e contravvenzioni. Era esplicitamente permessa la etero integrazione della normativa codicistica d) Accoglieva la tripartizione dei reati in crimini, delitti e contravvenzioni. Era esplicitamente permessa la etero integrazione della normativa codicistica Accoglieva non la tripartizione, ma la semplice bipartizione dei reati in delitti e contravvenzioni (con relativa disciplina processuale). Accoglieva la bipartizione dei reati in crimini, delitti e contravvenzioni. La procedura era contenuta nello stesso codice). Accoglieva la tripartizione dei reati in crimini, delitti e contravvenzioni. La procedura era oggetto di un codice separato.
Il Codice penale del 1803/1852 di Sonnenfels era incentrato su innovazioni che dimostravano la sua buona volontà: Essenzialmente questo fatto: la semplice colposità non era più oggetto di severe pene, ma era invece riservata alle semplici contravvenzioni. Gli elementi di cui al punto (b) ed una Generale diminuzione ed addolcimento delle pene Essenzialmente, principio di legalità (nullum crimen, nulla poena sine lege); divieto di ogni arbitrio del magistrato nelle pene; Principio di legalità (nullum crimen, nulla poena sine lege); divieto di ogni arbitrio del magistrato nelle pene; graduazione della pena edittale tra un minimo ed un massimo; proporzionalità, personalità e pubblicità della pena; circostanze aggravanti ed attenuanti; elemento soggettivo nel reato, con sanzioni graduate in conseguenza.
Il Codice penale del 1803/1852 di Sonnenfels Conteneva una tipologia sanzionatoria niente affatto moderna per la sua crudeltà e pesantezza. La penalistica non misurava il proprio ‘liberalismo’ in base alla mitezza delle pene. Non menzionava più la berlina, i colpi di verga o di bastone (accessori alla detenzione) Non conteneva (era una innovazione assoluta) il lavoro forzato per i detenuti di lunga durata Moltiplicava i casi di pena di morte, per decapitazione.
La parte processuale del codice del 1803/1852, Ispirava la procedura istruttoria alla parità delle parti in causa (con diritto immediato alla difesa e visione delle prove a carico), ma non prevedeva una successiva fase dibattimentale Prevedeva processo inquisitorio, segretezza, prove legali precostituite niente libero convincimento del giudice, niente dibattimenti, scarsissima difesa dell’imputato Prevedeva processo accusatorio, giurie, dibattimento Prevedeva segretezza istruttoria, prove legali ma possibilità di dibattimento.
Anselm Feuerbach (1775-1833), alto magistrato bavarese e tra i redattori del Codice penale del regno di Baviera del 1813. Nel suo libro “Il vigente diritto penale tedesco” del 1801, Feuerbach sostenne che Il giudice non poteva essere unicamente vincolato alla norma vigente, sotto pena di ridurne l’essenziale funzione giudicante Erano l’assenza di arbitrio delle autorità e l’eguaglianza dinanzi alla legge penale a fungere da deterrente Era l’esecuzione indefettibile della pena a fungere da deterrente Non era solo l’esecuzione della pena, ma addirittura la minaccia a fungere da deterrente.
Nella procedura penale europea, soprattutto di antico regime (e di fatto, spesso, sino alla metà del XIX secolo: tranne in Francia a seguito della Rivoluzione) Si assisté ad una marcata distinzione di funzioni tra giudice e pubblico ministero. E si introdussero pubblicità e l’oralità dei processi (dibattimenti) Assenza della fase dibattimentale: il processo, segreto, si concludeva con un’istruttoria in cui era garantita la difesa dell’imputato Doppio ruolo giudicante e inquisitorio del magistrato, ma temperato da una giuria; Il giudice avrebbe conservato il suo doppio ruolo giudicante e inquisitorio; mancavano le giurie, come la pubblicità e l’oralità dei processi (dibattimenti).
Il Codice penale prussiano del 1826, poi riformato nel 1851 Avrebbe profondamente influenzato la codicistica penale italiana Avrebbe costituito la base del coevo Codice penale austriaco SI componeva di un insieme di norme tratte da molti altri codici penali degli Stati tedeschi c) SI componeva di un insieme di norme tratte da molti altri codici penali degli Stati tedeschi Avrebbe costituito la base Codice penale tedesco del 1871.
Un fatto storico di grande importanza come la ‘rivoluzione’ del 1848 avrebbe finalmente reso possibile L’abolizione generalizzata della tortura e della pena di morte L’eliminazione delle pene accessorie alla detenzione (vergate, ceppi ecc.) L’abolizione generalizzata della tortura L’introduzione delle giurie, dei dibattimenti pubblici e dell’oralità, nonché l’eliminazione di pene feroci come le vergate, i ferri a mani e piedi ecc.
Il fratello dell’imperatore Giuseppe II, Leopoldo, che gli sarebbe succeduto nel 1790, era in quegli anni granduca di una Toscana in cui La costituzione “Leopoldina” del 1786 aveva abolito la pena di morte La costituzione “Leopoldina” del 1786 aveva ridotto i casi di tortura giudiziaria La costituzione “Leopoldina” del 1786 aveva introdotto notevoli mitigazioni di pena per la maggioranza dei reati, anche più gravi La costituzione “Leopoldina” del 1786 aveva reintrodotto la pena di morte.
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