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Title of test:
Lingua e letteratura latina Pegaso Magistrale

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Lingua e letteratura latina Pegaso Magistrale

Author:
Sabino
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Creation Date:
08/01/2024

Category: Others

Number of questions: 416
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Le Mémoires d'Hadrien prendono l'avvio da: un'epistola di Marco Aurelio ad Adriano un'epistola di Adriano a Marco Aurelio un'orazione un'episola di Adriano ad Antonino Pio.
Uno dei pilastri della ricerca condotta da Marguerite Yourcenar per la stesura del romanzo è: Dione Cassio Spartaco Svetonio Tacito.
In relazione al romanzo di Marguerite Yourcenar non è vero che: si cala nei panni di uno storico del tempo consulta fonti greche inventa i dati sulla vita del princeps elimina le fonti fantasiose.
Componendo il romanzo, Marguerite Yourcenar non prende in considerazione la corrispondenza amministrativa di Adriano il romanzo storico composto da Adriano il discorso di Lambesa di Adriano le poesie di Adriano citate da autori del tempo.
Adriano, scrivendo a Marco Aurelio, afferma di essere affetto da: lebbra malattia respiratoria febbre quartana idropsia del cuore.
Il medico Ermogene consiglia all'imperatore l'uso di: amuleti piante con virtù prodigiose formule magiche salasso.
Nell'epistola di Adriano è realizzata una descrizione delle attività del vir Romanus del sovrano ellenistico del dictator crudele dell'uomo colto, ma non impegnato dal punto di vista militare.
Adriano confessa di aver attirato le rampogne di Traiano per il suo otium le sue mire espansionistiche la sua cultura filo-ellenistica la sua caccia al cinghiale.
Tra le attività menzionate da Adriano, stando ai passi del romanzo citati, non c'è: la corsa il nuoto l'equitazione la lotta.
Adriano denuncia 'un vizio romano', vale a dire l'ozio il mangiar troppo l'arroganza il bere troppo.
Non è vero che: i testi da tradurre riflettono una società in cui la distinzione tra liberi e schiavi è fondamentale È necessario che il traduttore abbia una profonda conoscenza in materia di civiltà il traduttore non subisce una serie di estraniamenti in rapporto al testo da capire e da tradurre il traduttore deve conoscere le istituzione della società romana.
È vero che non è importante prendere in considerazione gli aspetti retorici il dominio della retorica si estende anche sull''ordo verborum' il dominio della retorica non si estende sull''ordo verboum' le figure retoriche non orientavano la comprensione del messaggio.
Il corretto paradigma di 'legere' è: lĕgo, lēgis, legi, lectum, lĕgĕre lēgo, lēgis, legi, lectum, lēgēre lēgo, lēgis, legi, lectum, lĕgĕre lĕgo, lĕgis, legi, lectum, lĕgĕre.
L'opera di Varrone si colloca nel I sec. a.C. I sec. d.C. II sec. a.C. II sec. d.C.
Per Varrone, non deriva dal verbo 'legere' 'ligna' 'legatus' 'legumen' 'licentia'.
Nella voce del "Dictionnaire etimologique de la langue latine" di Ernout e Meillet è chiarito che 'lego' (leggere) è diventato un verbo dipendente da 'lego' (scegliere) 'lego' (leggere) è diventato un verbo indipendente da 'lego' (scegliere) nelle lingue romanze è persistito il significato di "scegliere" 'relego' significa "leggere fino alla fine".
Macrobio fu attivo tra II e III sec. tra III e IV sec. tra IV e V sec. tra V e VI sec. .
È falso che Macrobio riflette sulla tecnica compositiva di Virgilio dimostra che Didone è già nella produzione ellenistica dimostra l'enorme ascendente che Virgilio ha avuto nella storia della cultura e dell'arte rappresenta ai lettori le possibili letture che hanno spinto Virgilio a fingere il personaggio di Didone.
Il vocabolo tecnico che designa l'operazione compiuta da Virgilio, che attinge al repertorio ellenistico per la 'fabula' di Didone, è: 'formare' 'transferre' 'celebrare' 'uti'.
Il commento di Servio ad Verg. Aen. 6,34 conferma che: 'perlegerent' equivale a 'perspectarent' 'perlegere' è usato solo per indicare l'atto di 'leggere' un testo 'perlegere' è usato solo per indicare l'atto di 'leggere' un'opera d'arte 'perlegere' è usato con il significato di "raccogliere" un'opera d'arte.
Per gli Stoici, l'etimologia: è il significato stabilito dai filosofi non è il significato 'vero' di una parola è l'espressione naturale del pensiero non coincide con la perfetta corrispondenza fra significante e significato.
Fra questi, appartiene alla scuola grammaticale di Pergamo Cratete di Mallo Zenodoto Lucilio Aristarco.
A Roma, tra i poeti che si occuparono di questioni grammaticali, c'è: Plauto Pacuvio Accio Aristofane di Bisanzio.
Varrone fece ricorso all'autorità di Elio Stilone per: approfondire l'anomalia conoscere la differenza tra anomalia e analogia per conoscere la dottrina epicura in materia di etimologia la delucidazione di antichi carmi latini.
Secondo Varrone, è vero che: la ricerca condotta sui testi antichi è più fruttuosa dal punto di vista pratico la ricerca condotta sul linguaggio corrente consente di conoscere l'origine prima delle parole non è possibile dare l'etimologia di tutte le parole analizzando i testi antichi, è possibile dare l'etimologia di tutte le parole.
Elio Stilone fu maestro di Varrone e di: Cicerone Cratete di Mallo Aristarco Lucilio.
È vero che: il fine che Varrone prefigge alla propria indagine etimologica è uguale a quello stoico per Varrone, il recupero dell'origine di una parola ha solo un valore euristico Varrone è interessato esclusivamente all'indagine semantica Varrone mira ad acquisire consapevolezza del retto valore di un termine, non solo dal punto di vista sincronico.
In Varrone, 'de lingua Latina' 6,86 ('nunc primum ponam de censoriis tabulis'), 'ponam' è: congiuntivo presente attivo I persona singolare indicativo futuro attivo I persona singolare accusativo di un sostantivo della prima declinazione indicativo piuccheperfetto attivo I persona singolare.
L''anquisitio' è: il procedimento successivo alla 'quaestio' il procedimento che precede la 'quaestio' il procedimento che precede la 'provocatio' un sinonimo di 'quaestio'.
In questo testo di Varrone, 'de lingua Latina' 6,89 ('Quare hi[n]c accenso, illic praeconi dicit, haec est causa: in aliquot rebus item ut praeco accensus acci[pi]ebat, a quo accensus quoque dictus. accensum solitum ciere Boeotia ostendit, quam comoediam Aquilii esse dicunt, hoc versu'), 'acciebat' equivale all'italiano chiamare provocare acciuffare comandare.
La concezione dell'origine del linguaggio espressa da Varrone rispecchia le dottrine: epicuree pitagoriche stoiche platoniche.
Il lessicografo Paolo Festo mette in correlazione il termine mundus con: il verbo 'movere' l'aggettivo 'mundus' il sostantivo 'munditia' con l'avverbio 'modo'.
A detta di Macrobio, 'Saturnalia' 1,13,3 , il mattino è chiamato 'mane': perché coincide con il momento in cui le belve immani si svegliano perché l'inizio della luce emerge dai Mani perché ha la sua radice nel sostantivo 'manus' perché i Mani sono malvagi.
Varrone, nel 'de lingua Latina' 6,5 afferma che 'crepusculum' significa: 'dubbio' 'giorno' 'metà del giorno' 'certo'.
Secondo Varrone, 'de lingua Latina' 6,6, 'nox' deriva da: 'nosco' 'noceo' 'notus' 'nascor'.
In Varrone, 'de lingua Latina' 6,7, è citato un verso di Plauto, che definisce il periodo più buio della notte, ossia il tempo del silenzio:: 'iubar' 'vesperugo' 'concubium' 'conticinium'.
L'attributo 'intempesta', in relazione a 'nox', significa: 'ventosa' 'fonda' 'silenziosa' 'paurosa'.
La 'bruma' è: il solstizio d'estate l'equinozio di primavera l'equinozio d'autunno il solstizio d'inverno.
Secondo Mauro Servio Onorato ad Verg. Aen. 1,269, 'annus' è imparentato con 'anulus' 'anus' (femminile) 'ambire' 'circumire'.
Ateio Capitone, che, stando a Varrone, 'de lingua Latina' 1,14,5, ritiene che il nome 'anno' derivi dal giro del tempo, è: commediografo giurista 'grammaticus' filosofo stoico.
Secondo Varrone, 'de lingua Latina' 6,9, il sostantivo 'hiems' potrebbe derivare da: 'hibernacula' 'hibernum' 'hiatus' 'hibernalis'.
Nel brano di Varrone, 'de lingua Latina' 6,10 ('quartum autumnus, ab augendis hominum opibus dictus frugibusque coactis, quasi auctumnus'), 'augendis' è: gerundio di 'augeo' gerundivo di 'ago' gerundivo di 'augeo' gerundio di 'ago'.
Il 'lustrum', per Varrone, 'de lingua Latina' 6,11, è chiamato così dal: verbo 'luere' verbo 'salvare' sostantivo 'lux' verbo 'lustrare'.
Stando a Varrone, 'de lingua Latina' 6,10 ('Ab sole, sic mensis a lunae motu dictus, dum ab sole profecta rursus redit ad eum') è vero che: il mese è così chiamato dal movimento del sole l'anno è così chiamato dal movimento della luna il mese è così chiamato dal movimento della luna il mese è il periodo in cui il sole, partito dalla luna, ritorna a essa.
Secondo Varrone, 'de lingua Latina' 6,2, i 'dies Agonales' sono così chiamati per il fatto che il celebrante domanda 'agone?', che significa: 'devo gareggiare?' 'devo essere io il capo?' 'è opportuno che egli faccia un sacrificio?' 'debbo io procedere al sacrificio?'.
Varrone, 'de lingua Latina' 6,12-13, racconta che 'februatus', giorno dei Lupercali, è legato a 'februs', che, usato dagli antichi, indica: la pelle del lupo la pelle del capro l'abito indossato dai Luperci il sacrificio del lupo.
Stando a Varrone, 'de lingua Latina' 6,13 ('Feralia ab inferis et ferendo, quod ferunt tum epulas ad sepulcrum quibus ius [s]ibi parentare'), 'parentare' equivale a: creare rapporti di parentela offrire sacrifici funebri offrire offerte ai parenti in vita offrire sacrifici agli altri membri della curia.
Varrone, nel 'de lingua Latina' 6,13, sostiene che i 'Feralia' sono così chiamati: solo da 'ferre' solo da 'inferi' da 'inferi' e da 'ferre' da 'ferox'.
In questo brano di Varrone, 'de lingua Latina' 6,14 ('Liberalia dicta, quod per totum oppidum eo die sedent sacerdotes Liberi anus hedera coronatae cum libis et foculo pro emptore sacrificantes'), 'anus' è: un nominativo singolare un vocativo plurale un accusativo plurale un nominativo plurale.
I 'Fordicidia', per Varrone, 'de lingua Latina' 6,15, derivano da: 'fordae' e 'caedere' 'fordae cadere' 'fordae casus' 'ferre' e 'caedere'.
Secondo la testimonianza di Macrobio, "Saturnalia" 3,2,3-4 ("nam ex disciplina haruspicum et ex praecepto pontificum verbum hoc sollemne sacrificantibus est… Porricere ergo, non proicere proprium sacrificii verbum est"), il verbo da utilizzare per i sacrifici è: 'porricere' 'proicere' 'sacrificare' 'praecipere'.
In Varrone, "de lingua Latina 6,16" ("Robigalia dicta ab Robigo; secundum segetes huic deo sacrificatur, ne robigo occupet segetes"), 'occupet' è: indicativo presente attivo congiuntivo presente attivo congiuntivo imperfetto attivo indicativo futuro attivo.
'Condere' significa: tenere all'oscuro spiare condire consumare.
I 'Consualia' sono così chiamati: dal 'consul' dal dio Conso dal magistrato Conso dal dio protettore delle porte.
Il segno diacritico † sta ad indicare che il passo: È stato pubblicato postumo È una citazione indiretta È una citazione diretta non è integro.
Non è vero, secondo Varro, "de lingua Latina 6,18 ss., che: le None Caprotine sono sono così chiamate perché le donne sacrificano in quel giorno a Giunone Caprotina pare che i 'Poplifugia' abbiano tratto il loro nome dal fatto che in questo giorno il popolo d'improvviso fuggì tumultuosamente i 'Vinalia' rustici sono dedicati a Marte i 'Portunalia' erano dedicati al dio Portuno.
Stando a Varrone, "de lingua Latina" 6,20-21 ("Octobri mense Meditrinalia dies dictus a medendo, quod Flaccus flamen Martialis dicebat"), 'mederi' equivale all'italiano: medicare mendicare meditare mentire.
Questo carmen, citato da Paolo Festo 123 Morel, "Vetus novum vinum bibo veteri novo morbo medeor", ha un andamento ritmico che coincide con quello: dell'esametro del pentametro del saturnio del trimetro giambico.
In Varro, "de lingua Latina" 6,22-23 ("sed quod de his prius, id ab ludendo aut lustro, id est quod circumibant ludentes ancilibus armati"), il verbo 'ludere' equivale in italiano a: giocare rappresentare ridicolizzare purificare.
Secondo quanto afferma Macrobio, il nome del dio Saturno deriva da 'satus', che significa: sufficienza sazietà opera semina.
In Varro, "de lingua Latina" 6,27-28 ("de his diebus nunc iam, qui hominum causa constituti, videamus. primi dies mensium nominati kalendae, quod his diebus calantur eius mensis nonae a pontificibus", 'calantur' equivale all'italiano: 'sono pronunciate' 'sono sospese' 'sono viste' 'sono fissate'.
In Varro, "de lingua Latina" 6,27-28 ("de his diebus nunc iam, qui hominum causa constituti, videamus. primi dies mensium nominati kalendae, quod his diebus calantur eius mensis nonae a pontificibus, quintanae an septimanae sint futurae, in Capitolio in curia Calabra sic dicto quinquies 'kalo Iuno Covella', septies dicto 'kalo Iuno Covella'", 'Iuno Covella' è: un nominativo un ablativo un vocativo un accusativo.
'Fari', attestato in Varro, "de lingua Latina" 6,29("dies postridie kalendas, nonas, idus appellati atri, quod per eos dies nihil novi inciperent. dies fasti, per quos praetoribus omnia verba sine piaculo licet fari"), è: il genitivo singolare di un sostantivo della II declinazione il dativo singolare della III declinazione l'infinito presente di un verbo deponente un infinito perfetto.
Secondo Varro, "de lingua Latina" 5,155 ("comitium ab eo quod coibant"), 'comitiales' è fatto derivare indirettamente dal verbo 'coire', che significa: pregare il dio insieme festeggiare insieme parlare insieme andare tutti insieme.
Quintus Mucius, citato da Varro, "de lingua Latina" 6,30 ("si prudens dixit, Quintus Mucius non ambigebat eum expiari ut impium non posse"), fu: il primo pontefice massimo il primo giurista romano a comporre un'opera complessiva di diritto romano autore di un'opera sulla lingua latina console nell'85 a.C.
Il 'dies Alliensis' ricorda la battaglia avvenuta presso il fiume Allia il 18 luglio 390 a.C. tra Romani e: Etruschi Greci Galli Senoni Cartaginesi.
Il "de verborum significatu" è opera di: Varrone Festo Paolo Diacono Macrobio.
Marco Fulvio Nobiliore, vincitore della battaglia di Ambracia, ispirò un tragedia che fu composta da un suo amico, vale a dire: Nevio Varrone Catone Ennio.
'Dies februatus', secondo Varro,"de lingua Latina" 6,34 ("ego magis arbitror Februarium a die februato, quod tum februatur populus, id est lupercis nudis lustratur antiquum oppidum Palatinum gregibus humanis cinctum"), indica il: "giorno della purificazione" "giorno della punizione" "giorno della processione per gli dèi inferi" "giorno delle febbri".
Censorino fu: console un 'grammaticus', autore del 'de die natali' un 'grammaticus', autore del 'de verborum significatu' avversario di Catone.
La versione italiana del "Vocabulaire Essentiel de Latin" (C. Cauquil - J.Y. Guillallmin) curata da F. Piazzi ("Lessico essenziale di latino") non contiene: la strutturazione dei vocaboli per famiglia l'indice di frequenza la propagazione nell'odierno vocabolario italiano e francese la propagazione dei vocaboli nell'odierno vocabolario italiano.
In Varro, "de lingua latina 6,36" ("quartum quod neutrum habet, ut ab lego lecte ac lectissime"), 'lecte' significa: in forma scelta in forma sceltissima letto legato.
In Varro, "de lingua latina" 6,35 ("Quod ad temporum vocabula Latina attinet, hactenus sit satis dictum; nunc quod ad eas res attinet quae in tempore aliquo fieri animadvertuntur, dicam, ut haec sunt: legisti, cursurus, ludens"), 'cursurus' è: nominativo singolare di un sostantivo participio futuro del verbo 'curso' participio futuro del verbo 'curro' nominativo plurale di un sostantivo.
In Varro, "de lingua Latina" 6,37 ("Primigenia dicuntur verba ut lego, scribo, sto, sedeo et cetera, quae non sunt ab aliquo verbo, sed suas habent radices. Contra verba declinata sunt quae ab aliquo oriuntur, ut ab lego legis, legit, legam et sic indidem hinc permulta"), per 'verba primigenia' si intendono: le prime parole imparate dal bambino le parole che non derivano da nessun'altra parola le parole che derivano da una sola parola le parole da insegnare prima di tutte le altre.
Secondo Varro, "de lingua Latina 7,4", 'equites' deriva da: 'equitatus' 'equus' 'eques' 'equinus'.
Nel "de lingua Latina", Varrone dedica alla 'delinatio' i libri: I-III II-VII VIII-XIII XIV-XIX.
Secondo Varrone, "de lingua Latina" 8,5, le parole nascono per: 'impositio' e 'declinatio' 'inventio' e 'dispositio' solo per 'inventio' solo per 'impositio'.
A partire da Varro, "de lingua Latina" 6,38("ut enim processit et recessit, sic accessit et abscessit; item incessit et excessit, sic successit et decessit, discessit et concessit"), 'abscessit' significa: si ritirò si allontanò subentrò decedette.
Secondo Varro, "de lingua Latina" 5,3 ["Quae (scil. verba) ideo sunt obscuriora, quod neque omnis impositio verborum extat, quod vetustas quasdam delevit, nec quae extat sine mendo omnis imposita, nec quae recte est imposita, cuncta manet (multa enim verba litteris commutatis sunt interpolata), neque omnis origo est nostrae linguae e vernaculis verbis, et multa verba aliud nunc ostendunt, aliud ante significabant, ut hostis: nam tum eo verbo dicebant peregrinum qui suis legibus uteretur, nunc dicunt eum quem tum dicebant perduellem"], non è vero che: 'hostis' non indicava originariamente solo lo straniero, ma anche il nemico di guerra alcune parole le ha fatte scoparire il tempo molto parole hanno subìto delle modificazione nell'ordine delle lettere quelle (parole) che rimangono in vita non sono state tutte create in maniera irreprensibile.
In Varro, "de lingua Latina" 6,39 ("et reliqua ostendat, quod non postulat, tamen immanem verborum expediat numerum", 'expediat' è: indicativo presente attivo congiuntivo presente attivo imperativo presente attivo indicativo futuro attivo.
Il verbo 'consulo' con dativo ha il significato di: guardarsi da… provvedere a… essere libero da… trattenersi.
Stando a Varro, 'de lingua Latina' 6,42 ['Cogitare a cogendo dictum: mens plura in unum cogit, unde eligere possit. (sic e lacte coacto caseus nominatus, sic ex hominibus contio dicta, sic coemptio, sic compitum nominatum)'], la 'coemptio' è: l'assemblea il formaggio il crocevia il matrimonio per compra-vendita.
'Cogito' è un verbo: frequentativo di 'cogo' incoativo frequentativo di 'ago' causativo.
'Contio', 'coemptio', 'compitum' e 'concilium' hanno in comune con 'cogo' e 'cogito': solo la radice solo il prefisso la radice e il prefisso il significato.
Stando a Varro, 'de lingua Latina' 6,44 ('Sic reminisci, cum ea quae tenuit mens ac memoria, cogitando repetuntur. hinc etiam comminisci dictum, a con et mente, cum finguntur in mente quae non sunt') è vero che 'reminisci' è: un infinito ed equivale all'italiano 'ricordarsi' un nominativo plurale ed equivale all'italiano 'ricordi' un infinito ed equivale all'italiano 'fantasticare' un nominativo plurale ed equivale all'italiano 'fantasie'.
Il senso originario del verbo 'horreo' è, come riporta Varrone: 'inorridire' 'rizzarsi' 'odiare' 'incutere paura'.
Secondo Varro, 'de lingua Latina' 6,47 ('Lubere ab labendo dictum, quod lubrica mens ac prolabitur, ut dicebant olim. ab lubendo libido, libidinosus ac Venus Libentina et Libitina, sic alia'), da 'lubere' non si ha: 'libidinosus' 'labi' 'Libitina' 'libido'.
Stando a Varro, 'de lingua Latina' 6,49 ('Meminisse a memoria, cum id quod remansit in mente †in id quod rursus movetur; quae a manendo ut manimoria potest esse dicta') è vero che: 'memoria' viene da 'meminisse' 'memoria' non può venire dal verbo 'manere' 'memoria' può venire dal verbo 'manere' i 'manimoria' sono sinonimi di 'dicta'.
'Maerere', attestato in Varro, 'de lingua Latina' ('Maerere a marcere, quod †etiam corpus marcescere'), equivale all'italiano avvizzire rallegrarsi ricordare affliggersi.
Giovenzio, citato da Varrone ('de lingua Latina' 6,50), fu: lessicografo poeta tragico poeta comico 'grammaticus'.
L'attributo 'vetus' è adatto per: le persone gli animali le cose le piante.
Stando a Varro, "de lingua Latina" 6,51 ("Narro, cum alterum facio narum, a quo narratio, per quam cognoscimus rem gestam"), 'narum' significa: consapevole narratore inesperto osservatore.
In Varro, "de lingua latina" 6,53 ("hinc effari templa dicuntur: ab auguribus effantur qui in his fines sunt. hinc fana nominata, quod pontifices in sacrando fati sint finem"), la "iunctura' 'effari templa" equivale all'italiano fissare i confini di una regione pronunciare formule religiose stabilire i giorni fasti determinare le aree di osservazione dei segni celesti.
Stando a Varro, "de lingua Latina" 6,55 ("Ab eodem verbo fari fabulae, ut tragoediae et comoediae, dictae. hinc fassi ac confessi, qui fati id quod ab is quaesitum"), i 'fassi' sono: coloro che hanno vaticinato coloro che hanno ammesso coloro che hanno confessato coloro che sono ingannati.
Tra i seguenti verbi può avere l'accezione di 'consolare': 'eloqui' 'concinne loqui' 'loqui' 'adloqui'.
Il "de compendiosa doctrina" è opera di: Paolo Diacono Festo Varrone Nonio Marcello.
Con 'reloquus' si intende: colui che risponde alle offese colui che dà un responso colui che parla troppo colui che respinge le accuse.
In Varro, "de lingua Latina" 6,61 ("Hinc, ab dicando, indicium; hinc illa indicit illum, indixit funus, prodixit diem, addixit iudicium; hinc appellatum dictum in mimo ac dictiosus; hinc in manipulis castrensibus dicata a ducibus; hinc dictata in ludo; hinc dictator magister populi, quod is a consule debet dici; hinc antiqua illa addici numo et dicis causa et addictus"), la 'iunctura' "indixit funus" significa ha differito il giorno ha invitato al funerale invita al funerale ha assegnato il processo.
Il verbo 'addicere' è proprio del linguaggio: religioso agricolo giuridico medico.
'Docere' è causativo del verbo: 'discere' 'discernere' 'ducere' 'dicere'.
Non ha la stessa radice degli altri verbi indicati 'capio' 'concipio' 'recupero' 'recapito'.
Stando a Varro, 'de lingua Latina' 6,69 ('Spondere est dicere spondeo, a sponte: nam id valet et a voluntate. [...] ab eadem sponte, a qua dictum spondere, declinatum spondit et respondet et desponsor et sponsa, item sic alia. spondet enim qui dicit a sua sponte spondeo;', è vero che: 'sponte' deriva da 'spondeo' 'despondeo' è l'opposto di 'respondeo' colui che ha promesso è il garante 'sponte' non ha lo stesso valore di 'a voluntate'.
In Varro, 'de lingua Latina 6,71' ('Qui spoponderat filiam, despondisse dicebant, quod de sponte eius, id est de voluntate, exierat'), 'despondisse': è un infinito prefetto e significa 'che l'aveva abbattuta' è un infinito prefetto e significa 'che l'aveva promessa allontanandola da sé' è un congiuntivo piuccheperfetto sincopato e significa 'che l'aveva data in sposa' è un congiuntivo piuccheperfetto e significa 'allontanare dalla casa del marito'.
Con 'sponsio' si indica: lo sposo il giorno delle nozze il contratto matrimoniale il deposito a garanzia.
Il verbo 'video' deriva da: 'vis' 'invideo' 'vigilo' un'antica radice indoeuropea.
In relazione a Varro, 'de lingua Latina' 6,81 ('Cerno idem valet: itaque pro video ait Ennius: 'lumen iubarne in caelo cerno?' Canius: 'sensumque inesse et motum in membris cerno.' dictum cerno a cereo, id est a creando; dictum ab eo quod cum quid creatum est, tunc denique videtur'), non è vero che: 'cerne' viene da 'cereo' 'creo' viene da 'cerno' quando qualche cosa è creata allora infine si vede Ennio lo usa ('cerno') al posto di 'video'.
'Despicio' significa: guardo dall'alto in basso guardo indietro mi guardo le spalle guardo con sospetto.
Il 'grammaticus' Servio fu attivo nel: I sec. a.C. III sec. d.C. IV sec. d.C. VI sec. d.C.
Stando a ciò che afferma Servius, ad Vergilii Aeneidem 1,1-7('sciendum praeterea est quod, sicut nunc dicturi thema proponimus, ita veteres incipiebant carmen a titulo carminis sui, ut puta Arma virumque cano, Lucanus bella per Emathios, Statius Fraternas acies alternaque regna profanis') non è vero che sul punto di incominciare a parlare noi esponiamo in anticipo l'argomento gli antichi incominciavano il loro poema dal titolo le opere antiche non avevano un titolo l'incipit dell'opera di Lucano è 'bella per Emathios'.
In Servius, ad Vergilii Aeneidem 1,1 ('ARMA [...]omnes tamen inania sentire manifestum est, cum eum constet aliunde sumpsisse principium sicut in praemissa narratione monstratum est'), 'constet' è: congiuntivo presente attivo indicativo presente attivo indicativo futuro attivo perfetto indicativo attivo.
In Servius, ad Vergilii Aeneidem 1,1 ('ARMA [...]omnes tamen inania sentire manifestum est, cum eum constet aliunde sumpsisse principium sicut in praemissa narratione monstratum est'), 'sumpsisse' è congiuntivo piuccheperfetto attivo avverbio infinito perfetto superlativo di un avverbio.
Stando a Servius ad Vergilii Aen. 1,1 ('Et est tropus metonymia. nam arma quibus in bello utimur pro 'bello' posuit, sicut toga qua in pace utimur pro 'pace' ponitur, ut Cicero 'cedant arma togae', id est 'bellum paci''), il verbo 'utor' si costruisce con: dativo accusativo pro + ablativo ablativo.
Laddove Virgilio ricorre ad 'arma' in luogo di 'bellum', il poeta ricorre alla figura retorica della sineddoche della metonimia della similitudine della prosopopea.
In Servius ad Vergilii, Aen. 1,1 ('Arma virvmqve figura usitata est ut non eo ordine respondeamus quo proposuimus; nam prius de erroribus Aeneae dicit, post de bello. hac autem figura etiam in prosa utimur. sic Cicero in Verrinis 'nam sine ullo sumptu nostro coriis, tunicis frumentoque suppeditato maximos exercitus nostros vestivit, aluit, armavit'', è vero che: 'arma virumque' è una figura retorica, consistente nel fatto che trattiamo gli argomenti nello stesso ordine col quale li abbiamo proposti Virgilio parla prima della guerra poi delle traversie di Enea la figura retorica usata da Virgilio nel v. 1 dell''Eneide' è attestata anche in prosa la figura retorica usata da Virgilio nel v. 1 dell''Eneide' è opposta a quella a cui ricorre Cicerone, 'In Verrem'.
Per Serv. ad Vergilii, Aen. 1,1 ('Et est poeticum principium professivum 'arma virumque cano', invocativum 'Musa mihi causas memora', narrativum 'urbs antiqua fuit'. et professivum quattuor modis sumpsit: a duce 'arma virumque cano', ab itinere 'Troiae qui primus ab oris', a bello 'multa quoque et bello passus', a generis successu 'genus unde Latinum''), è vero che: esiste solo un tipo di proemio l'enunciato virgiliano ha preso le mosse dalla nascita del genero il proemio non può mai enunciare subito il contenuto c'è un proemio che può contenere l'invocazione.
Secondo Servio, il verbo 'cano', utilizzato nell''incipit' ha il valore di: elogio recito ritmicamente profetizzo ricostruisco.
In relazione alla permutazione (siamo in Aen. 1,1) è vero che essa: consiste nel modificare il valore di un sostantivo per adattarlo al contesto consiste nel modificare l'ordine dei sintagmi nella frase e quello dei morfemi nel sintagma non è in grado di realizzare un valore iconico non ha a che fare con l'ambito della retorica.
Non è sinonimo degli altri sostantivi: 'metus' 'formido' 'pavor' 'scelus'.
Secondo le 'Differentiae verborum' (e codice Vindobonensi 16, f. 68 v), 'discumbere' è proprio: degli dèi degli uomini delle fiere delle piante.
A partire da 'Differentiae verborum (e codice Vindobonensi 16, f. 68 v)', 'commoneo' si usa in relazione: ai fatti che accadono davanti a noi (con il significato di 'richiamo l'attezione') ai fatti che sarebbe meglio evitare ('con il significato di 'metto in guardia' ai fatti che potranno accadere (con il significato di 'chiedo di fare attenzione') ai fatti che sono accaduti (con il significato di 'riporto la memoria').
I verbi 'moneo', 'surgo', 'precor', 'duco' sono: 'verba primigenia' verbi derivati sinonimi verbi apofonici.
Stando alle 'Differentiae verborum' (e codice Vindobonensi 16, f. 68 v), 'laetum' è: l'accusativo di un sostantivo che significa 'morte' l'accusativo di un aggettivo che significa 'felice' il nominativo di un sostantivo che significa 'morte' l'accusativo di un aggettivo che significa 'mortale'.
Tra queste, è vera l'affermazione secondo cui: 'exanimatum' si dice di uno che è morto 'contingunt' si dice quando capitano eventi sfortunati 'inanis' di dice di un uomo che è privo di tutto 'ebrium' si dice di uno che sempre si fa lungue bevute.
Se 'malum' ha la sillaba 'ma' breve indica: il male solo il malanno voluto dagli dèi la vela della nave l'albero.
Se 'oblìtum' viene pronunciato, tenendo conto che la sillaba 'li' è lunga, esso è: participio del verbo 'oblino' e significa 'spalmare' participio del verbo 'obliviscor' e significa 'spalmare' participio del verbo 'obliviscor' e significa 'dimenticare' participio del verbo 'oblino' e significa 'dimenticare'.
'Concĭdit' è composto di: cum+caedo cum+cedo cum+cado cum+cido.
'Occīdit' è composto di: ob+caedo ob+cedo ob+cado ob+cido.
Il perfetto indicativo attivo I persona singolare del verbo 'exurere', attestato in Verg. Aen. 1,34-41 ('Quippe vetor fatis. Pallasne exurere classem / Argivom atque ipsos potuit submergere ponto / unius ob noxam et furias Aiacis Oili?'), è: exurui exuri exussi excusui.
Stando a Serv. ad Verg. Aen. 1,41, 'noxia' indica: il castigo la tortura la vendetta la colpa.
Tenendo conto delle 'differentiae verborum' di Flavius Sosipater Charisius è vero che: il 'donum' è quello che si dà agli amici 'silet' colui che non ha neppure cominciato a parlare 'tacet' colui che non ha neppure cominciato a parlare può essere definito 'munus' la corona vallare.
È vero che: 'istum' si usa per indicare qualcosa che è lontano 'eum' si riferisce a qualcosa che non sta con noi, ma è assente 'illum' serve a indicare qualcosa che non è davanti ai nostri occhi 'hunc' serve a indicare qualcosa che sta molto lontano.
In Verg. Aen. 1,224-234, 'quid Troes potuere, quibus tot funera passiscunctus ob Italiam terrarum clauditur orbis?', 'posuere' è: perfetto indicativo attivo infinito presente infinito perfetto imeprativo attivo II persona singolare.
Stando a Serv. ad Verg. 1,224-234 ('despiciens deorsum aspiciens, sicut 'suspiciens' sursum aspiciens. notandum sane, quia si dispiciens dixerimus, diligenter inquirens significamus', 'despicio'', 'suspicio' significa che: vedo dall'alto verso il basso guardo verso l'alto guardo di qua e di là guardo attentamente.
Tra i seguenti verbi significa 'parlo con naturalezza': narro sermocinor loquor for.
Stando alle 'Differentiae Ciceronis', 'sumimus' significa che: sommiamo le cose che prendiamo teniamo cose che sono in nostro possesso accettiamo cose che ci vengono date prendiamo cose che sono poggiate.
Si usa 'ituemur' quando: guardiamo volontariamente guardiamo per un preciso motivo guardiamo internamente guardiamo vicino.
Stando alle 'Differentiae Ciceronis' proposte, è vero che: 'facinus' lo si dice anche per elogiare una buona azione 'scelus' non è il reato 'furor' è difetto che uno si porta per sempre 'insania' è un difetto a tempo.
In Verg. Aen. 5,71, 'Ore favete omnes et cingite tempora ramis', la formula 'favete ore' è: un invito a fare silenzio un invito a mantenere il ritmo del carmen un invito a favorire il racconto un invito a intonare il canto.
Come precisa Serv. Ad Verg. Aen. 5,69, 'caestus' è: un sostantivo della II declinazione e indica 'la cintua di Venere' un sostantivo della II declinazione che ha solo il singolare e indica 'il cesto' un sostantivo della 4 declinazione che ha solo il singolare e che indica gli strumenti d'offesa del pugile un sostantivo della 4 declinazione che ha anche il plurale e che indica gli strumenti d'offesa del pugile.
Mario Plozio Sacerdote fu attivo: tra I e II sec. tra II e III sec. tra III e IV sec. tra IV e V sec.
In relazione alla 'differentia' tra 'fragrare' e 'flagare' è vero che: 'flagare' non è opportuno quando si parla di incendi 'flagare' deriva da 'flatus' 'flagare' solo eccezionalmente si può utilizzare per gli odori 'fragare' è opposto al verbo 'frangere'.
Non è vero che: 'tum' è un avverbio 'dolus' indica il raggiro con 'theatrum' si indicano gli spettacoli 'augurium' indica il canto degli uccelli.
Con 'probrum' si indica: una persona giusta una cosa proibita una persona negativa una cosa scandalosa.
Il sostantivo 'auspicium' è un composto di: aus+picio aves+specio aves+spicio augurium+specio.
In relazione a Verg. Aen. 1,418 ('Corripuere viam interea, qua semita monstrat') è vero che 'corripuere' è: un infinito ed equivale all'italiano 'divorare' un perfetto ed equivale all'italiano 'abbreviarono' un perfetto ed equivale all'italiano 'divorarono' un infinito ed equivale all'italiano 'percorrere'.
In Verg. Aen. 1,92-119('Extemplo Aeneae solvontur frigore membra'), 'extemplo' è: un ablativo singolare di un sostantivo un avverbio e significa 'immediatamente' un ablativo singolare di un aggettivo della prima classe un avverbio e significa 'fuori dal tempio'.
Elio Donato ha commentato: le commedie di Plauto le commedie di Plauto e di Terenzio le commedie di Terenzio le satire di Persio.
Stando a Serv ad Vergilii Aeneidem 1,177-178('FESSI RERVM hoc est penuria fatigati, id est esurientes, quod fere laborem fames subsequitur. et fessus generale est; dicimus enim fessus animo, id est incertus consilii, ut ter fessus valle resedit (Aen. 8,232), et fessus corpore, quod magis est proprium, et fessus rerum a fortuna venientium, ut hoc loco'), non è vero che 'fessus' indica: uno che è stanco fisicamente uno che è stato psichicamente uno che è stremato per le cose che capitano uno che è assonnato.
Il sostantivo 'fatis' ha il significato di: fessura stanchezza destino fame.
Non deriva dal sostantivo 'fatis': fatiscor fessus fatigo fatidicus.
Le 'Origines' o 'Etymologiae' sono opera di: Mauro Servio Onorato Isidoro di Siviglia Festo Paolo Diacono.
Stando a Serv. ad Vergilii Aeneidem 3,366 ('PRODIGIVM CANIT prodigium, portentum et monstrum modico fine discernuntur, sed confuse pro se plerumque ponuntur. Varro sane haec ita definit: 'ostentum, quod aliquid hominibus ostendit; portentum, quod aliquid futurum portendit; prodigium, quod porro dirigit; miraculum, quod mirum est; monstrum, quod monet''), è vero che: 'portentum' equivale a dire che [l'evento] mostra qualcosa agli uomini; 'ostentum' equivale a dire a che [l'evento] mostra a indicare che nel tempo avverrà qualcosa 'prodigium' equivale a dire che [l'evento] spinge a immaginare qualcosa che in seguito si verificherà 'monstrum' equivale a dire che [l'evento] si rivelerà come capace di meravigliare.
La corretta scansione metrica di Verg. Aen. 3,356, 'Iamque dies alterque dies processit et aurae' è: Iāmquĕ diēs, āltērquĕ dĭēs prōcēssĭt, ĕt aūraē Iāmquē dĭēs, āltērquĕ dĭēs prōcēssĭt, ĕt aūraē Iāmquĕ dĭēs, āltērquĕ dĭēs prōcēssĭt, ĕt aūraē Iāmquē diēs, āltērquĕ dĭēs prōcēssĭt, ĕt aūraē.
Stando a Serv. ad Vergilii Aeneidem 2,681 ('MIRABILE MONSTRVM τῶν μέσων est: dictum a monstrando, id est monendo. et refertur ad praesens eius significatio. 'prodigium' autem est quod in longum tempus dirigit significationem'), non è vero che: 'monstrum' è una 'vox media' 'monstrum' è una cosa il cui senso è proiettato verso una più lunga durata 'monstrum' deriva da 'monstrare' 'monstrum' si riferisce a una situazione del momento.
Secondo Flavio Sosipatro Carisio ('prodigium quod mores faciunt, per quod detrimentum exspectatur. itaque qui prodigia faciunt prodigi vocantur, in ostento raritas admirationem facit, in monstro rectus ordo naturae vincitur, in portento differtur eventus, in prodigio detrimenta significantur'), ad andare di pari passo con le abitudini è: il 'prodigium' il 'monstrum' il 'portentum' l''ostentum'.
Tra i seguenti, non è un sinonimo degli altri tre: 'portentum' 'monstrum' 'prodigium' 'deforme'.
Secondo Paolo Festo (PAUL. Fest., de verborum significatu, pag. 125 Morel'Monstrum dictum velut monestrum, quod moneat aliquid futurum; prodigium velut praedicium, quod praedicat; portentum quod portendat; ostentum quod ostendat'), sta a significare che nel tempo avverrà una cosa: il 'prodigium' il 'portentum' l''ostentum' il 'praedicium'.
In Verg. Aen. 2,171, "nec dubiis ea signa dedit Tritonia monstris" si può tradurre: né con i dubbi Pallade diede segni mostruosi e con manifesti prodigi ce ne avvertì Pallade e con manifesti prodigi ci avverte Pallade e con dubbi Pallade dà segni mostruosi.
In relazione al Thesaurus linguae Latinae, alla voce 'mostrum', non è vero che: 'monstrum' deriva da 'monere' il sostantivo 'mostrum' non è attestato prima del I sec. d.C. ci sono loci tratti dal commento di Servio ad Verg. Aen. per Paolo Festo, 'mostrum' potrebbe derivare da 'moneo' o da 'monstro'.
Stando alla voce 'monstrum' nel "Dictionnaire étymologique de la langue Latine", è vero che: il 'mostrum' non è di carattere soprannaturale a 'monstrum' si collega 'mostellaria' 'monstrum' non è un termine del vocabolario religioso 'monstrare' ha conservato il valore religioso.
Nel Thesaurus linguae Latinae si trovano tutte le occorrenze di un determinato termine: dal IV sec. a.C. al III ec. d.C. dal III sec. a.C. al I sec. d.C. dal III sec. a.C. al III sec. d.C. dal III sec. a.C. al VI sec. d.C.
'Ostentum' non può avere il significato di: spettacolo meraviglia miracolo prodigio.
'Ostentum' deriva dal verbo: ostento, is, …, ĕre ostendo,is,…, ĕre ostendo, as ostendo, is, …, ēre.
Non è un derivato di 'ostentarius' significa: che rivela il miracolo che mostra il dio relativo ai presagi che ostenta.
'Portentum' è legato al verbo: porto portendo portento potio.
Appartiene alla stesa famiglia di 'portentum': porticus portentifericus portificus portentificus.
È vero che: 'portentum' ha conservato il suffisso del presente del verbo da cui deriva il 'portentum' è rivelato da qualche fenomeno giustificabile sulla base delle leggi di natura 'portentum' è un termine della lingua augurale 'portentum' deriva da un verbo composto da portus+tendo.
A proposito dell'"Istitutio oratoria" di Quintiliano non è vero che: È volto a spiegare come deve essere allenato e preparato chi intende svolgere il ruolo di oratore risale al I sec. d.C. non c'è spazio per la trattazione della sinonimia insegna che le parole devono essere abbinate ad un registro.
In Quint. Inst. 10,1 ("instruamus qua in oratione quod didicerit facere quam optime quam facillime possit"), 'instruamus' è: congiuntivo presente attivo I persona plurale del verbo 'instruēre' congiuntivo presente attivo I persona plurale del verbo 'instruĕre' congiuntivo presente attivo I persona plurale del verbo 'instruire' indicativo futuro attivo I persona plurale del verbo 'instruĕre'.
Stando a Quin. Institutio oratoria 10,1,7 "Et quae idem significarent scio solitos ediscere, quo facilius et occurreret unum ex pluribus, et, cum essent usi aliquo, si breue intra spatium rursus desideraretur, effugiendae repetitionis gratia sumerent aliud quo idem intellegi posset. Quod cum est puerile et cuiusdam infelicis operae, tum etiam utile parum: turbam enim tantum modo congregat, ex qua sine discrimine occupet proximum quodque", è inutile: ricorrere ai sinonimi evitare le ripetizioni leggere opere 'infelici' imparare a memoria i sinonimi.
Le espressioni 'non ignoro', 'non me praeterit', 'quis nescit?', 'nemini dubium est' sono accomunate da: sinonimia ipallage omoteleuto allitterazione.
Tra le seguenti opzioni, in cui è proposto il testo latino e la relativa traduzione non è corretta: "Non semper enim haec inter se idem faciunt", "Infatti non sempre essi producono il medesimo effetto" "Alia circumitu verborum plurium ostendimus, quale est 'et pressi copia lactis'. Plurima vero mutatione figurarum", "Altre cose esponiamo con perifrasi, come in et pressi copia lactis, e moltissime con l'ipallage" "Sed ut copia verborum sic paratur, ita non verborum tantum gratia legendum vel audiendum est", ""Ma, come in questo modo ci si procura abbondanza di termini, così la lettura e l'ascolto sono necessari non esclusivamente per amore delle parole" "Quorum nobis ubertatem ac divitias dabit lectio, ut non solum quo modo occurrent sed etiam quo modo oportet utamur", "Questi difetti lessicali emergeranno dalla lettura, col risultato che sapremo usare i termini non solo come ci si offriranno, ma anche come si conviene".
Non è un sinonimo degli altri sostantivi proposti: 'gladius' 'ensis' 'clipeus' 'mucro'.
Tra le seguenti opzioni, in cui è proposto il testo latino e (tratto da Lucano, Bellum Civile") e la relativa traduzione non è corretta: "Iam pectora non tegit armis / ac veritus credi clipeo laevaque vacasse / aut culpa vixisse sua tot volnera belli / solus obit densamque ferens in pectore silvam / iam gradibus fessis, in quem cadat, eligit hostem", "Ormai non ripara più il petto con le armi e si vergogna di proteggersi con lo scudo e di non aver utilizzato la mano sinistra o di essere sopravvissuto per propria colpa" "«Parcite,» ait «cives, procul hinc avertite ferrum; / coniatura meae nil sunt iam volnera morti: / non eget ingestis, sed volsis pectore telis", "«Risparmiate i cittadini,» disse «girate il ferro; altre ferite concorreranno alla mia morte: non c'è più bisogno di scagliare dardi, ma anzi di toglierli dal mio petto. "Pompei vobis minor est causaeque senatusquam mihi mortis amor»", "L'amore che voi provate per Pompeo e per la causa del Senato è inferiore a quello che io provo per la morte»" "felix hoc nomine famae, /si tibi durus Hiber aut si tibi terga dedisset /Cantaber exiguis aut longis Teutonus armis", "il tuo nome sarebbe stato fortunato per la gloria conseguita, se avessi messo in fuga i crudeli Iberi o i Cantabri dalle corte lance o i Teutoni dalle lunghe aste".
Lucano racconta la guerra civile tra Cesare e Pompeo, già raccontata da: Catone l'Uticense Cicerone Cesare Pompeo.
Relativamente a Lucano, "bellum civile" 7,558-561 ("inspicit et gladios, qui toti sanguine manent, / qui niteant primo tantum mucrone cruenti, / quae presso tremat ense manus, quis languida tela, / quis contenta ferat, quis praestet bella iubenti") è vero che: 'inspicit' è un presente indicativo attivo del verbo 'inspicēre' 'niteat' è un congiuntivo presente attivo del verbo 'nitēre' 'iubenti' è il genitivo singolare di un participio 'tremat' è il presente indicativo attivo del verbo 'tremare'.
Stando alla voce del "Dictionnaire étymologique de la langue Latine", non è vero che: 'ensis' è proprio del linguaggio poetico 'gladius' dovrebbe derivare dal greco per Quintiliano, 'ensis' ha lo stesso significato di 'gladius' 'ensis' non è passato nelle lingue romanze.
Stando a Quintiliano, Institutio oratoria 8,6,17-18 ('In illo vero plurimum erroris, quod ea quae poetis, qui et omnia ad voluptatem referunt et plurima vertere etiam ipsa metri necessitate coguntur, permissa sunt convenire quidam etiam prosae putant. At ego in agendo nec ‘pastorem populi’ auctore Homero dixerim nec volucres per aëra ‘nare’, licet hoc Vergilius in apibus ac Daedalo speciosissime sit usus. Metaphora enim aut vacantem locum occupare debet aut, si in alienum venit, plus valere eo quod expellit') è vero che: e' opportuno concedere alla prosa le licenze poetiche in una causa, Quintiliano potrebbe usare forme poetiche i poeti non devono mutare il testo per esigenze poetiche la metafora può occupare uno spazio vuoto.
A proposito di sineddoche, non è vero che: con essa intendiamo dal genere la specie a essa ricorrono poeti e oratori con essa intendiamo da una più cose 'mucro' indica per sineddoche 'gladius'.
In Quintiliano, 'Institutio oratoria' 8,6,19-20 ('Quod [aliquando] paene iam magis de synecdoche dicam. Nam translatio permovendis animis plerumque et signandis rebus ac sub oculos subiciendis reperta est'), 'signandis' è: gerundio gentivo singolare di un attributo della II classe dativo plurale di un sostantivo della II declinazione gerundivo.
In relazione all'enallage del numero non è vero che: essa consiste nella preferenza accordata al plurale, laddove ci si aspetterebbe il singolare essa consiste nella preferenza accordata al singolare, laddove ci si aspetterebbe il plurale essa non si usa nel linguaggio quotidiano al tempo di Quintiliano essa non è confinata al 'gergo' degli oratori.
Non è un equivalente di 'acies': schiera percorso taglio siepe.
In Verg. Aen. 2,331-332 ('portis alii bipatentibus adsunt, / milia quot magnis umquam venere Mycenis /obsedere alii telis angusta viarum /oppositis'), è vero che: 'venere' è un ablativo singolare del sostantivo 'venus' 'telis' è un genitivo singolare 'obsedere' è infinito del verbo 'obsido' 'venere' è una forma verbale.
In Verg. Aen. 2,333-335 ('obsedere alii telis angusta viarum / oppositis; stat ferri acies mucrone corusco /stricta, parata neci'), 'acies' va concordato: con 'mucrone' solo con 'stricta' con 'stricta' e con 'parata' con 'neci'.
In relazione a Verg. Aen. 6,291-294 ('et ni docta comes tenuis sine corpore vitas / admoneat volitare cava sub imagine formae,/ inruat et frustra ferro diverberet umbras'), è vero che: 'ni' introduce una proposizione finale 'admoneat' è un congiuntivo imperfetto 'diverberet' è un congiuntivo imperfetto 'frustra' è un avverbio.
Quelle parole che, identiche nella forma, significano però varie cose sono definite: sinonimi perifrasi omonimi antifrasi.
A partire dal commento di Servio (ad Aen. 2,333: 'stat aut horret, ut 'stant lumina flamma:' aut 'stat' a stantibus in medio armatis tenetur'), 'stat' non può equivalere a: è irta è minacciosa è drizzata contro si infiamma.
A Roma, dopo la scuola del 'ludi magister' vi era la scuola del: rhetor grammaticus poeta orator.
La silloge curata da Heinrich Keil nell'Ottocento non contiene: testi di interesse metrico poeti minori grammatici 'differentiae verborum'.
Con 'genus commune' si intende: quello di parole che sono o maschili o femminili, ma che all'occasione si possono utilizzare anche nell'altro genere quello di parole che sono comuni e a più declinazioni quello costituito dal duale quello di parole indeclinabili fra maschile e femminile.
Secondo Charisius, Institutiones grammaticae, II, Keil, 2, p.156 ('Sunt quoque quaedam homonyma, quae una loquella plura significant, ut nepos acies. significat enim nepos et certum cognationis gradum et rei avitae consumptorem. similiter acies et oculorum dicitur et ferri et exercitus'), non è vero che: 'nepos' indica chi dissipa il patrimonio degli avi 'acies' indica l'acutezza degli occhi 'acies' indica l'acutezza della spada 'nepos' indica solo il nipote.
L'aggettivo 'mediocris' ha: solo il primo grado positivo il primo e il secondo grado di comparazione il primo e il terzo grado di comparazione il secondo e il quarto grado di comparazione.
È vero che: 'ultimus' è il secondo grado di comparazione di 'ulterior' 'pius' ha solo il primo e il terzo grado di comparazione 'iuvenis' non ha il secondo grado di comparazione 'novissimus' è il secondo grado di comparazione.
L''amphibolia' è: l'espressione che si ritrova in latino e in greco un'espressione che persuade una parte del discorso l'espressione ambigua.
'Aio te, Aeacida, Romanos vincere posse' è un caso di: omonimia anfibologia sinonimia ossimoro.
'...quo uno nomine multa significantur' è la definizione che Isidoro di Siviglia propone per: l'anfibologia la sinonimia l'omonimia l'ossimoro.
In relazione a Isidoro, Origines 1,34,13-16 ('Fit et per incertam distinctionem, ut: Bellum ingens geret Italia. Incerta distinctio, utrum «bellum ingens», an «ingens Italia». Fit et per commune verbum, ut: «Deprecatur Cato, calumniatur Cicero, praestolatur Brutus, dedignatur Antonius» nec ostenditur in hac ambiguitate utrum ipsi alios, an alii ipsos deprecati sunt aut calumniati') non è vero che: anfibologia si può dare anche nel caso di incerta suddivisione di una frase è un caso di anfibologia 'Bellum ingens geret Italia' è chiaro in «Deprecatur Cato, calumniatur Cicero, praestolatur Brutus, dedignatur Antonius» quale sia il soggetto l'anfibologia può nascere dal verbo di uso comune.
Stando a Fronto p. 144, 17 segg. v.d.H. (de eloquentia)("Tum si quando tibi negotiis districto perpetuis orationis conscribundae tempus deesset, nonne te tumultuaris quibusdam et lucrativis studiorum solaciis fulciebas, synonymis colligendis, verbis interdum singularibus requirendis, ut veterum commata, ut cola synonymorum ratione converteres, ut de volgaribus elegantia, de contaminateis nova redderes, imaginem aliquam accommodares, figuram iniceres, prisco verbo adornares, colorem vetusculum adpingeres?", 'iniceres' è: un congiunitivo perfetto attivo e il verbo significa 'introdurre' un congiuntivo imperfetto attivo e il verbo significa "ornare" un congiuntivo imperfetto attivo e il verbo significa "introdurre" un congiuntivo presente attivo e il verbo significa "ornare".
Non è un sinonimo degli altri tre sostantivi: alvus scutum venter uterus.
Il sostantivo 'scortum', essendo un omonimo, può indicare la prostituta e: il giuramento la macchina da guerra il cuoio la marcia.
"sunt nomina positione singularia, intellectu pluralia" non appartiene a questa categoria di nomi, indicata da Marco Valerio Probo ("Instituta artium", Keil, IV, pag.121): castra contio populus plebs.
Non è un sinonimo di 'vafer': veterator capitalis insidiosus vegetus.
È un sinonimo di 'impellit': coniector erupit lacessit abiit.
Non appartiene al 'vocabolario delle armi da punta': venabulum adsecula contus verum.
Isidoro di Siviglia visse tra: VI-VII sec. d.C. VII-VIII sec. d.C. IV-V sec. d.C. V-VI sec. d.C.
Non è vero, in relazione a Isidoro, "Differentiae verborum" 1,198 ("Inter Ensem et gladium, Ensis est ferrum tantum, gladius vero totus. Mucro autem non tantum gladii, sed et cuiuscunque teli acumen est. Item gladium generaliter dicimus, ensem in proelio, mucronem in opere"): si dice 'mucro' per indicare la punta di qualsiasi arma si dice 'ensis' quando si è in battaglia gladius' è solo la parte di ferro si dice 'mucro' a proposito del manufatto.
Non è vero che: la 'framea' è così chiamata perché fatta di ferro il 'semispatium' è così chiamato perché punge il 'gladius' è così chiamato perché divide la gola il 'clunabulum' è così chiamato perché si appoggia ad un 'clunis'.
In relazione a Quintiliano, 'Institutio oratoria' 8,3,15-19 ('Et quoniam orationis tam ornatus quam perspicuitas aut in singulis uerbis est aut in pluribus positus, quid separata, quid iuncta exigant consideremus. Quamquam enim rectissime traditum est perspicuitatem propriis, ornatum tralatis uerbis magis egere, sciamus nihil ornatum esse quod sit inproprium'), non è vero che: consideremus' è un congiuntivo presente attivo egere' equivale all'italiano 'avere bisogno di' quid' è un pronome indefinito rectissime' è superlativo dell'avverbio.
È vero che: la 'fictio nominis' indica la metafora l''elegantia verborum' è l'uso di parole suadenti il sostantivo 'porca' non rientrava tra le 'sonantia verba' l'ornato ha bisogno di parole traslate.
In relazione a Quintiliano, 'Institutio oratoria' 8,3,15-19 (Clara illa atque sublimia plerumque materiae modo discernenda sunt'), il corretto paradigma di 'discerno' è: discerno, discernis, discrevi, discretum, discernĕre discerno, discernis, discrui, discretum, discernĕre discerno, discernis, discrevi, discernitum, discernĕre discerno, discernis, discrevi, discernitum, discernēre.
In Virgilio, Eneide 8,639-641 ('post idem inter se posito certamine reges / armati Iouis ante aram paterasque tenentes / stabant et caesa iungebant foedera porca'), 'caesa' è: un nominativo singolare di un sostantivo della I declinazione un participo passato nominativo singolare un participio passato ablativo singolare un nominativo plurale di un sostantivo neutro della II declinazione.
La corretta scansione metrica del verso 'stabant et caesa iungebant foedera porca' è: stābānt ēt caēsā iūngēbānt foēdĕră pōrcā. stābănt ăt caēsā iūngēbānt foēdĕră pōrcā. stābānt ēt caĕsā iūngēbānt foēdĕră pōrcā. stābănt ĕt caēsā iūngĕbānt foēdĕră pōrcā.
Stando a Serv. ad Verg. Aen. 12,169 ('SAETIGERI FETVM SVIS more Romano, ut 'et caesa iungebant foedera porca': nam Homerus aliud genus sacrificii commemoravit. non nulli autem porcum, non porcam in foederibus adserunt solere mactari, sed poetam periphrasi usum propter nominis humilitatem; [...] nam in rebus, quas volebant finiri celerius, senilibus et iam decrescentibus animalibus sacrificabant, in rebus vero, quas augeri et confirmari volebant, de minoribus et adhuc crescentibus inmolabant'), non è vero che: per alcuni, si è soliti scannare il porco, quando si contraggono i patti nei sacrifici importanti sacrificavano animali piccoli il poeta ha usato una perifrasi perché appartiene al linguaggio basso nei sacrifici contenuti si sacrificavano animali piccoli.
Secondo il 'grammaticus' Servio, in 'iungebant foedera porca' (Verg. Aen. 8,640), 'foedera' è detto: dalla scrofa che è uccisa in modo ripugnante dal fatto che al sacrificio della scrofa partecipava una federazione di tribù dal sacrificio che non sanciva un patto dall'animale era ucciso senza violenza.
In Serv. ad Verg. Aen. 8,641('IVNGEBANT FOEDERA PORCA foedera, ut diximus supra, dicta sunt a porca foede et crudeliter occisa'), 'occisa' è participio del verbo: occĭdo, occĭdis, ... occīdĕre occīdo, occīdis, …, occīdĕre occĭdo, occĭdis, …, occĭdēre occīdo, occīdis, ..., occĭdĕre.
La corretta scansione metrica del verso 'armati Iovis ante aram paterasque tenentes' è: ārmātī Iŏvĭs āntē ārām pătĕrāmquĕ tĕnēntēs ārmātĭ Iŏvĭs āntē ārām pătĕrāmquĕ tĕnēntēs ārmātī Iŏvĭs ānte ārām pătĕrāmquĕ tĕnēntēs ārmātĭ Iŏvĭs ānte ārām pătĕrāmquĕ tĕnēntēs.
Stando a Serv. ad Verg. Aen. 8,641 ('si autem per feminam non litassent, succidanea adhiberi non poterat'), 'litassent' è: congiuntivo piuccheperfetto attivo del verbo 'lito' congiuntivo presente attivo 'liteo' congiuntivo imperfetto attivo del verbo 'lito' congiuntivo piuccheperfetto attivo del verbo 'liteo'.
In relazione a Verg. Aen. 8,641 ("post idem inter se posito certamine reges /armati Iovis ante aram paterasque tenentes / stabant et caesa iungebant foedera porca"), 'foedera' è: ablativo singolare di 'foedera' accusativo plurale di 'foedus' accusativo plurale di 'foedum' nominativo plurale di 'foedus'.
In relazione a Verg. Aen. 8,631 ("fecerat et viridi fetam Mavortis in antro / procubuisse lupam"), 'procubuisse' è: congiuntivo piuccheperfetto sincopato del verbo prōcumbo, prōcumbis, procubui, procubitum, prōcumbĕre infinito perfetto del verbo prōcumbo, prōcumbis, procubui, procubitum, prōcumbēre congiuntivo piuccheperfetto del verbo prōcumbo, prōcumbis, procubui, procubitum, prōcumbēre infinito perfetto del verbo prōcumbo, prōcumbis, procubui, procubitum, prōcumbĕre.
In Serv. ad Verg. Aen. 8,641("aut certe illud ostendit, quia in omnibus sacris feminini generis plus valent victimae. denique si per marem litare non possent, succidanea dabatur femina"), 'succidanea (-us)' equivale all'italiano: sostituta presente giovane piccola.
In Verg. Aen. 8,510 ("natum exhortarer, ni mixtus matre Sabella"), 'exhortarer' è: congiuntivo perfetto attivo indicativo presente attivo congiuntivo presente attivo congiuntivo imperfetto passivo.
In Verg. Aen. 8,523 ("multaque dura suo tristi cum corde putabant, / ni signum caelo Cytherea dedisset aperto"), è vero che: 'ni' introduce l'apodosi 'putabant' è il verbo della protasi il soggetto della protasi è Cytherea 'dedisset' è congiuntivo perfetto attivo III persona singolare.
In Verg. Aen. 8,527ss. ("Suspiciunt, iterum atque iterum fragor increpat ingens: / arma inter nubem caeli regione serena / per sudum rutilare vident et pulsa tonare. / Obstipuere animis alii, sed Troïus heros / adgnovit sonitum et divae promissa parentis"), non è vero che: 'suspicio' equivale a "alzano lo sguardo" 'obstibuere' è un infinito presente attivo il soggetto di 'adgnovit' è 'heros' 'rutilare' equivale a "rosseggiare".
La corretta scansione metrica del verso "Suspiciunt, iterum atque iterum fragor increpat ingens" è: Sūspĭcĭūnt, ĭtĕrum ātque ĭtĕrūm frăgŏr īncrĕpăt īngēns: Sūspĭcĭūnt, ĭtĕrūm ātque ĭtĕrūm frăgŏr īncrĕpăt īngēns: Sūspĭcĭūnt, ĭtĕrūm ātquē ĭtĕrūm frăgŏr īncrĕpăt īngēns: Sūspĭcĭūnt, ĭtĕrum ātquē ĭtĕrūm frăgŏr īncrĕpăt īngēns:.
La corretta traduzione di questi versi, "multaque dura suo tristi cum corde putabant, / ni signum caelo Cytherea dedisset aperto" , è: e saranno a lungo a meditare, se Citerea non manderà un segnale in un cielo che pure era del tutto sgombro" e sarebbero a lungo a meditare, se Citerea non mandasse mandato un segnale in un cielo che pure era del tutto sgombro" e saranno a lungo a meditare, se Citerea non avesse mandato un segnale in un cielo che pure era del tutto sgombro" e sarebbero stati a lungo a meditare, se Citerea non avesse mandato un segnale in un cielo che pure era del tutto sgombro".
Nei versi "multaque dura suo tristi cum corde putabant, / ni signum caelo Cytherea dedisset aperto" c'è: un periodo ipotetico della realtà un periodo ipotetico della possibilità con indicativo nella protasi un periodo ipotetico della possibilità con indicativo nell'apodosi un periodo ipotetico dell'irrealtà con indicativo nell'apodosi.
La corretta scansione metrica del verso "ni signum caelo Cytherea dedisset aperto" è: nī sīgnūm caēlō Cўthĕrēă dĕdīssĕt ăpērtō nī sīgnūm caĕlō Cўthĕrēă dĕdīssĕt ăpērtō nī sīgnŭm caĕlō Cўthĕrēă dĕdīssĕt ăpērtō nī sīgnŭm caēlō Cўthĕrēă dĕdīssĕt ăpērtō.
In Serv. ad Verg. Aen. 8,641 ("sed huius porcae mors optabatur ei, qui a pace resilisset"), 'resilisset' è: congiuntivo piuccheperfetto del verbo 'rĕsĭlĭo, rĕsĭlis, resilui, resilitum, rĕsĭlīre' congiuntivo piuccheperfetto del verbo 'rĕsĭlĭo, rĕsĭlis, resilui, rĕsĭlīre' congiuntivo perfetto del verbo 'rĕsĭlĭo, rĕsĭlis, resilui, rĕsĭlīre' congiuntivo perfetto del verbo 'rĕsĭlĭo, rĕsĭlis, resilui, resilitum, rĕsĭlīre'.
La corretta scansione di Verg. Aen. 8,635 ("nec procul hinc Romam et raptas sine more Sabinas") è: Nēc prŏcŭl hīnc Rōmam ēt rāptās sĭnĕ mōrĕ Săbīnās Nēc prŏcŭl hīnc Rōmām ēt rāptās sĭnĕ mōrĕ Săbīnās Nēc prŏcŭl hīnc Rōmām ēt rāptās sīnē mōrĕ Săbīnās Nēc prŏcŭl hīnc Rōmam ēt rāptās sīnē mōrĕ Săbīnās.
In relazione a Verg. Aen. 633-634 ["(…), illam tereti ceruice reflexa mulcere alternos et corpora fingere lingua'], 'fingere' equivale all'italiano: accarezzare ingannare inventare modellare.
Solitamente, a differenze di Verg. Aen. 8,508-509 ("Sed mihi tarda gelu saeclisque effeta senectus / inuidet imperium seraeque ad fortia uires"), il verbo 'invidere' regge: l'accusativo il dativo il genitivo l'ablativo.
In Verg. Aen. 8,510-511 ("natum exhortarer, ni mixtus matre Sabella / hinc partem patriae traheret"), 'traheret' equivale qui all'italiano: trarre origine tornare dalla patria prendere le parti della patria portare dalla propria parte.
In Verg. Aen. 8,511-513 ("tu, cuius et annis /et generi fatum indulget, quem numina poscunt, /ingredere, o Teucrum atque Italum fortissime ductor"), "generi fatum indulget" è riferito a: Enea Acate Pallante Citerea.
In Verg. Aen. 8,522-523 ("multaque dura suo tristi cum corde putabant, /ni signum caelo Cytherea dedisset aperto"), 'putabant', secondo Servio, sta per: putassent putant putaverant putarent.
La corretta scansione di Verg. Aen. 11,118 ("pacem me exanimis et Martis sorte peremptis") è: Pācēm me ēxănĭmīs ĕt Mărtīs sōrtĕ pĕrēmptīs Pācēm mē ēxănĭmīs ĕt Mărtīs sōrtĕ pĕrēmptīs Pācēm mē ēxănĭmīs ēt Mārtīs sōrtĕ pĕrēmptīs Pācēm me ēxănĭmīs ēt Mārtīs sōrtĕ pĕrēmptīs.
In Verg. Aen. 11,112 ("«Nec veni, nisi fata locum sedemque dedissent,"), in luogo di 'veni', secondo Servio, dovrebbe essere: veneram venissem veniam venirem.
In relazione a Verg. Aen. 8,512 ("quem numina poscunt"), 'poscunt': equivale all'italiano 'rispettare' e il paradigma del verbo è posco, poscis, poposci, poscēre equivale all'italiano 'richiedere' e il paradima del verbo è posco, poscis, poposci, poscum, poscĕre equivale all'italiano 'richiedere' e il paradigma del verbo è posco, poscis, poposci, poscĕre equivale all'italiano 'richiedere' e il paradigma del verbo è posco, poscis, poposci, poscum, poscēre.
In relazione a Verg. Aen. 1,564 ("moliri et late finis custode tueri"), il paradigma di 'moliri' è: molio, molis, molire molio, molis, molui, molutum, molĕre molio, molis, molui, molēre molio, molis, molui, molutum, molire.
La corretta scansione di Verg. Aen. 1,577 ("") è: dīmīttām ēt Lĭbўaē lūstrāre ēxtrēmă īŭbēbō dīmīttām ēt Lĭbўaē lūstrāre ēxtrēmă iŭbēbō dīmīttam ēt Lĭbўaē lūstrāre ēxtrēmă iŭbēbō dīmīttam ēt Lĭbўaē lūstrāre ēxtrēmă īŭbēbō.
La sillepsi è: figura per cui verbi di significato analogo reggono più costrutti che potrebbero essere retti da uno solo di essi figura grammaticale che consiste nello scambio funzionale di una parte del discorso con un'altra; ad esempio, i modi e i tempi del verbo, l'aggettivo e l'avverbio figura che consiste nell'nversione nell'ordine 'abituale' di due o più parole o sintagmi successivi (solitamente riguardante il complemento di specificazoine e l'aggettivo, oppure il complemento oggetto ed il verbo) figura grammaticale che consiste in un'infrazione alle norme dell'accordo morfologico o del riferimento semantico relative a categorie grammaticali quali il genere, il numero, la persona, il tempo.
In Verg. Aen. 1,573, il poeta, secondo Servio, in luogo di "urbem quam statuo, vestra est", avrebbe dovuto scrivere: "urbem quae statuitur vestra est" "urbs quam statuitur vestra est" "urbs quae statuitur vestra est" "urbem quam statuitur vestram est".
In Verg. Aen. 1,575-576 ("Atque utinam rex ipse noto compulsus eodem /adforet Aeneas!"), 'adforet' è: congiuntivo presente attivo del verbo 'adforo' congiuntivo imperfetto attivo del verbo 'adsum' congiuntivo imperfetto del verbo 'adforo' congiuntivo presente attivo del verbo 'adsum'.
Stando a erg. Aen. 1,586-593 (" Vix ea fatus erat, quom circumfusa repente / scindit se nubes et in aethera purgat apertum. / Restitit Aeneas claraque in luce refulsit /os umerosque deo similis; namque decoram / caesariem nato genetrix lumenque iuventae / purpureum et laetos oculis adflarat honores: /quale manus addunt ebori decus aut ubi flavo /argentum Pariusve lapis circumdatur auro"), è corretto il paradigma di: scindo, scindis, scidi, scissum, scindēre rĕfulgĕo, rĕfulges, refulsi, rĕfulgēre addo, addis, addidi, additum, addēre adflo, adflas, adflui, adflatum, adflāre.
Secondo Carisio, il barbarsimo non si può avere per: aggiunta sottrazione amplificazione spostamento.
Non è un esempio di barbarismo: salmentum reilcum abiisse magis doctior.
Non è un solecismo: haec finis Priami nec venissem, nisi fata locum sedemque dedissent ceciditque superbum Ilium, et omnis humo fumat Neptunia Troia vir bonus et sapiens dictis ait esse paratus.
La fase sabina della monarchia a Roma termina nel: 753 a.C. 616 a.C. 509 a.C. 494 a.C.
Il 'De usurpationibus' è un trattato giuridico perduto composto da: Tarquinio il Superbo Cneo Flavio Appio Claudio Cieco un anonimo ed è confluito nelle Leggi delle XII tavole.
Secondo Varrone, l'attributo 'vetus' deriva: dal greco 'februum' dal greco 'cascus' dall'etrusco 'cascus' dal sabino 'cascus'.
Il sostativo sabino 'fedus' in latino sarà: 'foedus' 'haedus' 'hedus' 'faedus'.
In Tito Livio, 'Ab urbe condita' 7,2('imitari deinde eos iuventus, simul inconditis inter se iocularia fundentes versibus, coepere'), coepere è: infinito presente attivo di 'capio' perfetto indicativo attivo di 'coepi' perfetto indicativo passivo di 'capio' infinito presente di 'coepi'.
Non è una forma arcaica: 'quoi' 'iouxmenta' 'recei' 'calatorem'.
La forma arcaica 'iouesat' corrisponde alla forma classica: 'iourat' 'iurat' 'iusat' 'iousat'.
Non è una forma arcaica: 'pacari' 'cosmis' 'virco' 'mitet'.
Nel verso del carmen Arvale riportato sull'epigrafe del 218 a.C. ('Neve lue rue, Marmar, sins incurrere in pleores', sins è: indicativo presente attivo avverbio imperativo congiuntivo presente attivo.
Nel verso del carmen Arvale riportato sull'epigrafe del 218 a.C. ('Satur fu, fere Mars, limen sali, sta ber ber'), fu è: indicativo perfetto imperativo indicativo presente infinito.
Secondo Flavius Sosipater Charisius, Institutiones grammaticae, Liber Quartus, p. 265sgg. Keil, in "'hauriat hunc oculis ignem crudelis ab alto Dardanus'" c'è un solecismo, in quanto: c'è un nome proprio in luogo di un nome comune ('Dardanus' / 'Dardanius') c'è un congiuntivo presente in luogo in un congiuntivo imperfetto ('hauriat' / 'hauriret') un accusativo in luogo di un genitivo ('ignem' / 'ignis') un nominativo in luogo di un dativo ('crudelis' / 'crudeli').
La seconda guerra punica si concluse: con la vittoria di Scipione Emiliano nel 202 a.C. a Zama con la vittoria di Scipione Emiliano nel 217 a.C. al Trasimeno con la vittoria di Scipione Africano nel 202 a.C. a Zama con la vittoria di Scipione Africano nel 217 a.C. al Trasimeno.
Il sostantivo 'sapientia' è un esempio di: traslitterazione calco semantico calco strutturale neologismo.
Nell''elogium Scipionis', Barbatus è: praenomen' agnomen' cognomen' nomen'.
In relazione all''elogium' di Cornelio Lucio Scipione Barbato - CIL I2 6,7 ('Cornelius Lucius Scipio Barbatus Gnaivod patre prognatus fortis vir sapiensque quoius forma virtutei parisuma fuit consol censor aidilis quei fuit apud vos Taurasia Cisauna Samnio cepit subigit omne Loucanam opsidesque abdoucit'), non è vero che: parisuma' sta per 'parissima' in 'aidilis' il dittongo -ai sarà sostituito dal dittongo -ae in luogo di 'Samnio' dovrebbe esserci 'Samnium' quoius' sta per 'cui'.
Nell''elogium' di Lucio Cornelio, figlio di Barbato - CIL 6,1,1287 ('Honc oino plurime consentiont R[omane] duonoro optumo fuise viro Luciom Scipione'), 'oino' è la forma arcaica di: unum' hunc' hic' unus'.
In Marco Porcio Catone, ' Sull'agricoltur a' 141 ('pastores pecuaque salva servassis duisque bonam salutem valetudinemque mihi domo familiaeque nostrae'), ' duis ' è forma arcaica del: presente indicativo attivo di ' duo ' presente indicativo attivo di ' dono ' presente congiuntivo attivo di ' do ' presente congiuntivo di ' dono '.
Il Senatus consultum de Bacchanalibus risale al: 196 a.C. 186 a.C. 176 a.C. 166 a.C.
Non è vero che nella lingua latina nell'età di Plauto e degli Scipioni: è attestata la lettera 'g' sopravvive la desinenza del genitivo plurale -um l'infinito presente può avere la desinenza -ier non è mai conservato il dittongo -oi in luogo di -oe.
La forma 'quom' darà come esito in età classica: quorum' quem' cum' hunc'.
Nel testo del Senatus consultum de Bacchanlibus, 'seiques' corrisponde a: siques' si quis' si quem' sibi quis'.
La rivolta servile di Spartaco ci fu: tra 80 e 72 a.C. 78 e 77 a.C. 73 e 71 a.C. 63 e 61 a.C.
Non è vero che: Clodio era cesariano nel 52 a.C., Pompeo fu nominato console ' sine collega ' la Gallia fu sottomessa da Cesare nel 52 a.C. nel 31 a.C., Ottaviano sconfisse Lepido.
La 'concinnitas' è: la concisione del dettato l'armonia del periodo la purezza della lingua la raffinatezza nella scelta lessicale.
Stando a Cicerone, 'Oratore 3,41-41 ('ut tuus, Catule, sodalis, L. Cotta, gaudere mihi videtur gravitate linguae sonoque vocis agresti et illud, quod loquitur, priscum visum iri putat, si plane fuerit rusticanum. Me autem tuus sonus et subtilitas ista delectat, omitto verborum, quamquam est caput; verum id adfert ratio, docent litterae, confirmat consuetudo et legendi et loquendi'), è vero che: Cicerone non presta attenzione alla purezza dell'accento di Catulo la precisione del linguaggio è innata negli autori eccellenti Catulo usa un accento contadinesco Cotta è convinto che il suo discorso abbia uno schietto tono di arcaism.
In Cicerone, Oratore 164('quare bonitate potius nostrorum verborum utamur quam splendore Graecorum, nisi forte sic loqui paenitet'), 'utamur' regge: ablativo infinito genitivo 'nostrorum' genitivo 'Graecorum'.
Turgiduli ocelli' in Catullo è un esempio di: grecismo arcaismo neologismo volgarismo.
La corretta scansione di Lucrezio, 'Sulla natura delle cose' 1,39, 'propter egestatem linguae et rerum novitatem', è: prōptĕr ĕgēstātēm līnguae ēt rērūm nŏvĭtātēm prōptĕr ĕgēstātēm līnguaē ēt rērūm nŏvĭtātēm prōptĕr ĕgēstātēm līnguaē ēt rērūm nŏvītātēm prōptĕr ĕgēstātēm līnguae ēt rērūm nŏvītātēm.
Non è un arcaismo: 'sanguen' 'clinamen' 'Graium' 'aquai'.
La lingua di Sallustio non è caratterizzata da: 'varietas' 'elegantia' 'brevitas' 'inconcinnitas'.
Non è vero che nell'età di Cesare e di Cicerone: scompare il dittongo -oi in luogo di -oe è preferita la desinenza -i (/-ri) rispetto a -ier il dittongo -ae tende a chiudersi in -e il locativo è sostituito dal genitivo.
Fu sancito il ripristino della 'res publica' nel: 31 a.C. 27 a.C. 2 a.C. 14 d.C.
La prima biblioteca pubblica fu istituita da: Mecenate Augusto Asinio Pollione Varo.
Stando a Macrobio, "Saturnalia" 5,3,6 ("Iam vero Aeneis ipsa nonne ab Homero sibi mutuata est errorem primum ex Odyssea, deinde ex Iliade pugnas? Quia operis ordinem necessario rerum ordo mutavit, cum apud Homerum prius Iliacum bellum gestum sit, deinde revertenti de Troia error contigerit Ulixi, apud Maronem vero Aeneae navigatio bella quae postea in Italia sunt gesta praecesserit"), è vero che: l'"Eneide' non risente dei poemi omerici in Omero avvenne prima la peregrinazione di Ulisse in Virgilio la navigazione di Enea precedette la guerra non fu l'ordine naturale degli eventi a mutare per necessità l'ordine della trattazione.
Non è un arcaismo: 'olli' 'porrigerent' 'moerus' 'pone'.
La corretta scansione di Virgilio, Eneide 1,11,"impulerit. tantaene animis caelestibus irae?" è: īmpŭlĕrīt. Tāntaēnē ănĭmīs caēlēstĭbŭs īraē? īmpŭlĕrīt. Tāntaēnē ānĭmīs caēlēstĭbŭs īraē? īmpŭlĕrīt. Tāntaēne ănĭmīs caēlēstĭbŭs īraē? īmpŭlĕrīt. Tāntaēne ānĭmīs caēlēstĭbŭs īraē?.
Nei versi di Virgilio, è un neologismo: 'latentis' 'armisonae' 'Neritos' 'aevom'.
Orazio, in "Ars poetica" 48-51, ("Si forte necesse est / indiciis monstrare recentibus abdita rerum et / fingere cinctutis non exaudita Cethegis, /continget dabiturque licentia sumpta pudenter"), fa riferimento a: poetismi arcaismi grecismi neologismi.
Il genitivo in dipendenza da verbi di comando è un 'caso' di: poetismo volgarismo grecismo arcaismo.
In Orazio, "Ars poetica" 70 ("multa renascentur quae iam cecidere cadentque"), 'cecidere' è: infinito presente attivo di 'cecido' infinito presente attivo di 'cado' indicativo perfetto attivo di 'caedo' indicativo perfetto attivo di 'cado'.
Nella prosa di Livio, 'fatiloquus' è un: poetismo arcaismo volgarismo grecismo.
Tra il 69 d.C. e il 79 d.C. fu imperatore: Nerone Vespasiano Tito Domiziano.
A Roma non ci furono provvedimenti presi contro i filosofi (e gli astrologi) greci nel: 69 d.C. 71 d.C. 89 d.C. 93 d.C.
Lo stile di Seneca non è caratterizzato da: periodi brevi sententiae' subordinazione meno ramificata concinnitas'.
I 'cola' sono: figure retoriche membri del periodo forme arcaiche solo figure di suono.
In Seneca, 'De otio' 1,4 ('Dices mihi: 'quid ais, Seneca? deseris partes? Certe Stoici vestri dicunt: 'usque ad ultimum vitae finem in actu erimus, non desinemus communi bono operam dare, adiuvare singulos, opem ferre etiam inimicis senili manu. Nos sumus qui nullis annis vacationem damus et, quod ait ille vir disertissimus, canitiem galea premimus; nos sumus apud quos usque eo nihil ante mortem otiosum est ut, si res patitur, non sit ipsa mors otiosa') non è vero che ci sono: espressioni di lingua d'uso ripetizioni a brevi distanza di concetti incisi litoti.
Il verbo 'nuptuire' è un verbo: intensivo desiderativo incoativo derivato dalla lingua greca.
Nel dettato quintilianeo, si trova 'demum' come equivalente di: demos' ordo' tantum' parum'.
In Quintiliano, 'Institutio oratoria' 8,3,30 ('Fingere, ut primo libro dixi, Graecis magis concessum est, qui sonis etiam quibusdam et adfectibus non dubitaverunt nomina aptare'), l'autore parla di: grecismi neologismi poetismi volgarismi.
In Quintiliano, 'Institutio oratoria' 1,5, '(nam ut eorum sermone utentem Vettium Lucilius insectatur, quem ad modum Pollio reprendit in Livio Patavinitatem)', 'insectatur' significa: biasima è elogiato è biasimato elogia.
Caldus' in luogo di 'calidus' è: arcaismo poetismo volgarismo calco.
Fu autore dei "Ricordi": Traiano Antonino Pio Adriano Marco Aurelio.
Tra il 138 e il 161 regnò: Traiano Adriano Antonino Pio Commodo.
Non è vero che: Giovenale si dichiara incurante della qualità formale della satira Giovenale non dà evidenza al precedente luciliano nella satira di Giovenale viene meno la dimensione del 'sermo' nella satira di Giovenale viene meno la ricerca di un criterio di giudizio morale.
Non è una forma sincopata: 'dein' 'satin' 'proin' 'exin'.
'Ausim' è: un ottativo arcaico una forma sincopata un neologismo un accusativo alla greca.
In Tacito, Annales 14,10 ("Reliquo noctis modo per silentium defixus, saepius pavore exsurgens et mentis inops lucem opperiebatur tamquam exitium adlaturam"), 'pavor' è: grecismo neologismo arcaismo poetismo.
L''elocutio novella' di Frontone non è fondata su: 'latinitas' 'elegantia' 'brevitas' 'diligentia'.
Frontone cita la "Congiura di Catilina" 14,2 ("manu ventre pene bona patria laceraverat") di Sallustio, in cui 'ventre' è: metonimia sineddoche enallage sinestesia.
Secondo quanto riporta Aulo Gellio, 'scrattae', 'scrupedae', 'strittivillae', 'sordidae' sono: volgarismi arcaismi neologismi poetismi.
In relazione a Apuleio, Metamorfosi 10,27("Sed mulier usquequaque sui similis, fidei supprimens faciem, praetendens imaginem, blandicule respondit et omnia prolixe adcumulateque pollicetur et statutum praemium sine mora se reddituram constituit, modo pauxillum de ea potione largiri sibi vellet ad incepti negotii persecutionem") non è vero che: blandicule' è un diminutivo 'de' è partitivo 'constituit' è tecnicismo giuridico prevale la struttura ipotattica.
Nella lingua latina, l'accento cade sulla terzultima sillaba di una parola se: la parola è composta da tre sillabe la terzultima sillaba è breve la penultima sillaba è breve l'ultima sillaba è breve.
L'elementum anceps non può essere costituito da: una sillaba breve due sillabe lunghe due sillabe brevi una sillaba lunga.
Il fenomeno prosodico per cui la quantità di una sillaba finale che termina in vocale o in dittongo o in -m di regola non viene percepita, se seguita da parola che inizia in vocale o con h è: lo iato l'aferesi la sinalefe la sinizesi.
Il fenomeno prosodico per cui la quantità di una sillaba finale che termina in vocale o in dittongo o in -m di regola non viene percepita, se seguita da parola che inizia in vocale o con h è: 'vocalis ante vocalem' l'aferesi la sinizesi lo iato.
Lo spondeo è costituito da: - - - ᴗᴗ ᴗᴗ- ᴗᴗᴗᴗ.
La dieresi bucolica è la cesura che cade dopo la sillaba che costituisce: il terzo elemento il quinto elemento il settimo elemento l'ottavo elemento.
È corretta la scansione: īmpŭlĕrīt. Tāntaēnē ănĭmīs caēlēstĭbŭs īraē? īmpŭlĕrīt. Tāntaēn(e) ănĭmīs caēlēstĭbŭs īraē? īmpŭlĕrīt. Tāntaēnĕ ănĭmīs caēlēstĭbŭs īraē? īmpŭlĕrīt. Tāntaēn(e) ănĭmĭs caēlēstĭbŭs īraē?.
Nello schema del trimetro giambico, non è un giambo puro: il 1° piede il 2° piede il 4° piede il 6° piede.
L'anapesto è costituito da: ᴗ ᴗ ᴗ ᴗ - ᴗ ᴗ - - ᴗ ᴗ -.
Nel trimetro giambico, non c'è: la dieresi bucolica la cesura tritemimera la cesura pentemimera la cesura eftemimera.
Il 'caposcuola' del movimento neoterico è: Catullo Valerio Catone Licinio Calvo Elvio Cinna.
Tra il 57 a.C. e il 56 a.C., Catullo seguì nel viaggio in Bitinia: Caio Memmio Cornelio Nepote Elvio Cinna Ortensio Ortalo.
I carmi 2-60 sono definiti nugae, termine che letteralmente significa: carmi 'polimetri' sciocchezze cose nuove carmi disordinati.
Il nome Lesbia, con il quale Catullo identifica la sua amata, è lo pseudonimo di: Saffo Quinzia Ameana Clodia.
Nel carme 51, Catullo descrive: l'innamoramento il tradimento di Lesbia le nozze di Attis e Cibele l'invidia dei vicini.
Nel carme 42, Lesbia è definita da Catullo: Candida diva Moecha Meretrix Docta.
L'aprosdòketon è: la ripetizione di suoni simili una struttura metrica un genere letterario l'effetto a sorpresa.
Un breve poemetto in esametri è denominato: epillio giambo lirica satira.
Con fescennina iocatio è indicato: il canto con strofe pronunciate a turno da due cori l'insieme di motti scherzosi e salaci dei partecipanti alle nozze l'elogio dell'istituzione matrimoniale il rito religioso praticato nella città di Fescennia.
La forma citarier, attestata nel liber di Catullo, è: un grecismo un neologismo una forma poetica un arcaismo.
Varrone fu sostenitore di: Cesare Pompeo Crasso Antonio.
Varrone fu definito "terzo grande lume romano" da: Cicerone Quintiliano Lattanzio Petrarca.
Nella prima esade dell'opera Sulla lingua latina, Varrone si occupa di: lessico etimologia anomalia mistica numerologica.
Il maestro di Varrone fu: Elio Stilone Cratete di Mallo Menippo di Gadara Cicerone.
Secondo Varrone, despicio significa: guardo guardo dall'alto in basso osservo guardo con sospetto.
Lo spirito che domina l'opera Sull'agricoltura è: greco orientale romano gallico.
Versioni discordati sul cognomen Scrofa sono fornite da Varrone e da: Cicerone Macrobio Quintiliano Tremellio.
Fa parte delle Satire Menippee: De comoediis Plautinis De agri cultura Faenerator Tricaranos.
Varrone fissò la data di fondazione di Roma nel: 754-753 a.C. 754-754 a.C. 756-755 a.C. 757-756 a.C.
L'opera perduta di Varrone, i Logistorici, sono: un libro illustrato discussioni filosofiche satire di matrice cinica un'opera enciclopedica.
Cicerone fu eletto console nel: 65 a.C. 64 a.C. 63 a.C. 62 a.C.
Quintiliano definisce una oratiuncula: Pro Milone Pro Sextio Pro Cluentio Pro Archia.
Nel De oratore, a sostenere la fusione di sapientia e ars dicendi è: Sulpicio Marco Antonio Licinio Crasso Cesare Strabone.
Nel libro III del De re publica il tema è: il modello costituzionale misto l'integrità morale dei veteres Romani l'educazione del cittadino il bellum iustum.
Nel De legibus Cicerone si servì di fonti: epicuree stoiche pitagoriche peripatetiche.
Nel De finibus bonorum et malorum a esporre la dottrina epicurea è: Cicerone Manlio Torquato Catone l'Uticense Lucullo.
Tra i criteri-guida proposti da Cicerone nel De officiis non c'è: l'humanitas l'honestum il decorum l'utile.
Il Commentariolum petitionis è nella raccolta delle: Epistulae ad Atticum Epistulae ad familiares Epistulae ad Marcum Brutum Epistulae ad Quintum fratrem.
Non è un'opera poetica di Cicerone: Glaucus Marius Silvae Aratea.
Un tratto distintivo della prosa ciceroniana è la: concinnitas brevitas inconcinnitas lactea ubertas.
Virgilio fu influenzato dalla: filosofia storica filosofia platonica filosofia neopitagorica filosofia epicurea.
Le Bucoliche furono composte durante: la guerra civile tra Cesare e Pompeo il principato di Augusto gli scontri tra Antonio e Ottaviano dopo la morte di Augusto.
L'avvento di una nuova 'età dell'oro', annunciata dalla nascita di un puer, è nella Ecloga: I II III IV.
Il modello dell'Ecloga X è: l'Idillio I di Teocrito la Teogonia di Esiodo l'Iliade di Omero il De re rustica di Varrone.
Nel secondo libro delle Georgiche c'è l'invocatio a: Bacco Mecenate Augusto Asinio Pollione.
Il modello delle Georgiche è: Esiodo Varrone Catone il Censore Ennio.
La storia d'amore di Enea e Didone è raccontata nel libro: I IV VI X.
Non è un punto di contatto tra l'Eneide e i poemi omerici: la descrizione delle armi dell'eroe il lamento per la morte di un individuo in guerra il racconto delle vicende passate durante il banchetto la pietas dell'eroe protagonista.
Probabilmente, a suggerire a Virgilio l'uso di aliquid antiquitatis fu: Catone il Censore Omero Ennio Livio Andronico.
Il Centone nuziale è opera di: Ausonio Servio Macrobio Calpurnio Siculo.
Tibullo fu all'interno del circolo di: Messalla Scipione Mecenate Ligdamo.
Nel primo libro del Corpus Tibullianum, le elegie 5-6 sono dedicate a: Nemesi Messalla Marato Delia.
Gli altri elegiaci usano nequitia per indicare: "il tradimento" "l'invidia" "il non valere nulla" "la rabbia".
A definire tersus atque elegans lo stile di Tibullo fu: Properzio Orazio Quintiliano Ovidio.
La lirica Tibullus fu composta da: D'Annunzio Goethe Aulo Giano Parrasio Eduard Morike.
Il primo libro delle Elegie, dal titolo Monobiblos, risale al: 29 a.C. 28 a.C. 28-25 a.C. 25-22 a.C.
Non appartiene al linguaggio medico il sostantivo: remedia ferrum duritia ignis.
Il discidium con Cinzia chiude il libro: I II III IV.
La lingua di Properzio è ricca di: neologismi volgarismi arcaismi grecismi.
A imitare i versi di Properzio fu: Passenno Paolo Plinio il Giovane Petrarca Erza Pound.
Ovidio colloca all'inizio della tradizione dell'elegia romana: Tibullo Cornelio Gallo Properzio Se stesso.
Gli Amori sono una raccolta di: precettore medico amante elegiaco lena.
L'Epistola XIIi è scritta da: Fedra a Ippolito Fillide a Demofoonte Laodamia a Prostesialo Elena a Paride.
Il modello dell'epistola fittizia ovidiana è: Catullo Tibullo Cornelio Gallo Properzio.
Sottesa alle Metamorfosi è la dottrina della metempsicosi di: Epicuro Pitagora Platone Empedocle.
Nei Fasti, Ovidio affronta: la poesia d'amore la poesia satirica la poesia didascalica la poesia civile.
Nelle Tristezze, Ovidio cita come esempio di donna fedele e dedita al consorte: Penelope Fedra Elena Arianna.
L'Ibis è: una raccolta di elegia un trattato ornitologico una invettiva una satira.
L'Ovidius moralizatus è un'opera di: Pierre Bersuire Andrea Cappellano Boccaccio Andrea Marino.
Tra le prime prove poetiche di Persio, c'è: una palliata una praetexta una cothurnata una togata.
Il tema del "conoscere se stessi" è affrontato nella Satira: I II III IV.
Non è vero che Persio: mutua la 'censura' sorridente di Orazio mutua talvolta la forma epistolare oraziana allude a versi oraziani evita questioni politiche, al pari di Orazio.
Persio si definisce: un poeta semipaganus un poeta 'vate' un educatore l'inventor del genere letterario.
Una caratteristica dello stile di Persio è: la inconcinnitas l'elegantia la callida iunctura l'oscurità.
Le due raccolte Xenia e Apophoreta furono composte: nell'80 d.C. tra 84 e 85 d.C. nel 95 d.C. tra 95 e 97 d.C.
Tra i poeti che si dedicarono a Roma all'epigramma 'amoroso' non c'è: Lutazio Catulo Porcio Licino Valerio Edituo Lucullo.
La festa dei Saturnali prevedeva: l'annullamento della distanza tra schiavi e padroni l'organizzazione di culti per purificare la terra l'offerta di doni a Giove l'organizzazione di spettacoli nell'anfiteatro flavio.
L'aprosdòketon è: qualcosa che va contro le aspettative il bisticcio di parole il termine greco per indicare l'oscenità la vivacità espressiva.
Reminiscenze dell'opera di Marziale si colgono in: Persio Parini Ausonio Leonida di Taranto.
Stazio nacque al tempo di: Tiberio Caligola Claudio Nerone.
L'Agave è: un epillio una raccolta di poesie un'opera retorica un libretto teatrale di argomento mitologico.
L'espressione fert animus, usata da Stazio nel proemio della Tebaide, riecheggia l'inizio: dell'Eneide di Virgilio della Guerra civile di Lucano delle Metamorfosi di Ovidio dell'Oedipus di Seneca.
Tra gli autori che hanno costituito un modello per il 'barocco' senecano c'è: Lucano Virgilio Ovidio Antimaco di Colofone.
In relazione alla teologia di Stazio è falso che: il pantheon è sostanzialmente quello di Virgilio non si può contare sull'aiuto degli dèi il fato, Giove e le forze malefiche sono artefici in una logica di morte e distruzione Giove è benevolo nei confronti dell'umanità.
A sostenere che il titolo Silvae indicherebbe una raccolta di componimenti allo stato 'grezzo' fu: Aulo Gellio Quintiliano Lattanzio Placido Dante.
Il verbo paenituit non indica: stupore ira dispiacere vergogna.
Nel ritrarre il giovane Achille, Stazio probabilmente attinse, tra le opere citate, da: Heroides 4 Metamorfosi Iliade Uomini di Sciro.
Fu autore di un commento delle opere staziane: Lattanzio Placido Ausonio Claudiano Sidonio Apollinare.
Stazio fu definito erroneamente "tolosano" da: Poggio Bracciolini Dante Petrarca Boccaccio.
Aulo Gellio nacque intorno al: 110 d.C. 130 d.C. 150 d.C. 170 d.C.
La preparazione retorica di Aulo Gellio fu completata da: Cicerone Quintiliano Frontone Lattanzio.
Aulo Gellio fu definito vir…facundae scientiae da: Nonio Agostino Marcello Servio.
Delle Notti attiche è andato perduto interamente il libro: VI VII VIII IX.
Il temetum è: il controllo esercitato sulla donna il costume 'moderno' il bacio dei familiari il vino.
Nelle Notti attiche si legge che 'Italia' deriva dal greco italòi, termine che indica: i buoi i campi i monti i fiumi.
La chria è: una breve trattazione monografica una discussione ambientata a banchetto l'illustrazione di un motto attraverso il dialogo una vivace 'lezione' su un determinato tema.
Per questioni di lessico Aulo Gellio si affidò a: Elio Stilone Cicerone Nigidio Figulo Marco Terenzio Varrone.
Dei poeti più vicini nel tempo, Aulo Gellio non lodava: la muniditia la puritas la dignitas l'inconcinnitas.
Bundus è desinenza di: sostantivi aggettivi derivati verbali avverbi.
Quintiliano fu il primo: a distinguere i tre generi dell'oratoria a scrivere un trattato di retorica a ottenere una cattedra di eloquenza a finanziamento pubblico a ottenere una cattedra di eloquenza a finaziamento privato.
Quintiliano fu il precettore di/dei: Vespasiano Nipoti di Vespasiano Nipoti di Domiziano Domiziano.
Nel VII libro dell'Istituzione oratoria l'autore affronta il tema della: inventio dispositio elocutio actio.
Extundere significa: starsene seduto andare intorno con giro completo dirigersi verso foggiare a colpi di scalpello.
Tra le intuizioni 'moderne' di Quintiliano non c'è: la possibilità di effettuare periodi di studi in Grecia la funzione positiva del gioco la rinuncia alle punizioni corporali l'impulso che deriva all'educazione dalla socialità.
La definizione di oratore come vir bonus dicendi peritus è attribuita a: Cicerone Quintiliano Catone il Censore Catone l'Uticense.
Per Quintiliano, la lactea ubertas è una caratteristica dello stile di: Cicerone Cesare Sallustio Livio.
Ad essere riabilitato dall'accusa oraziana di essere lutulentus è: Plauto Lucilio Terenzio Giovenale.
La corrupta oratio, che Quintiliano cerca di evitare, ha per modello: gli autori arcaici Cicerone Seneca Sallustio.
È un'opera di Quintiliano: Ars rhetorica Declamationes maiores Declamationes minores De oratore.
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